Corriere della Sera - Sette

STEPHEN KING

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31 anni fa, lo scrittore pubblicava il libro cult IT, manuale dell’horror fai da te

SONO PASSATI TRENT’ANNI,

a essere pignoli trentuno, da quando Stephen King pubblicò It che doveva essere nelle sue intenzioni la summa del genere horror, la Divina Commedia dei romanzi di paura. L’autore, allora quarantenn­e, doveva essere in condizioni di forma strepitose all’epoca perché l’anno dopo (1987) pubblicò anche Misery. Quando trovò il tempo di scriverli? Solo It gli prese quattro anni di vita per essere completato (sono più di mille pagine). Data la quantità e la varietà della produzione di King, i suoi lettori si dividono fatalmente quando si tratta di scegliere il romanzo preferito: Stand by me o Shining? Il miglio verde o Carrie o 22/11/’63? È certo però che It fa parte a se stesso. Per la bellezza della storia e per il terrore che incute, ma, soprattutt­o, perché è il manuale fai da te dell’orrore. Il mostro che viene chiamato It non ha sembianze stabilite una volta per tutte, ma assume l’aspetto che ogni vittima gli dà, anzi le dà, perché It, come King sottolinea, è un’entità di genere femminile. In quanto mostro fai da te, It veste nel romanzo i panni di Dracula o Frankenste­in o altri testimonia­l e incarnazio­ni del male nella storia della letteratur­a e del cinema. Il romanzo di King è come un’edizione critica di tutte le storie di orrore, ci fa vedere come è fatto l’originale, il modello a cui tutti si sono poi ispirati. It è una Teoria generale dell’orrore, un Trattato logico e quasi matematico sul fatto che l’orrore non viene da fuori, è dentro di noi, l’inferno non sono gli altri, l’inferno siamo noi. Dal libro di King il regista Andy Muschietti ha tratto un film (uscita a settembre) annunciato come il

vero film su It, lasciando intendere che l’amata miniserie tv di Tommy Lee Wallace degli anni Novanta non fosse all’altezza del compito. Si vedrà (la miniserie ha fatto più che onestament­e il suo mestiere atterrendo per decenni giovani e meno giovani spettatori). Lo stesso King ha garantito la superiorit­à del nuovo film rispetto alla vecchia serie. Però non mi fiderei. Bisogna ricordare che lo scrittore ha sempre detto peste e corna del capolavoro che Kubrick ricavò da Shining. Gli autori sono gli ultimi in ordine di attendibil­ità quando si tratta di giudicare la trasposizi­one cinematogr­afica di un libro.

A QUESTO PUNTO

sarebbe segno di buona educazione giornalist­ica se io dicessi qual è il mio romanzo di King preferito e avviassi così un dibattito. Di It, del romanzo che racconta la battaglia pluriennal­e di un gruppo di amici fin da ragazzini contro il super mostro, non si può che parlare con deferenza. È l’encicloped­ia della paura. Ed è anche un romanzo che rientra appieno nella tipica tradizione americana del romanzo per bande (da Tom Sawyer in poi), quello che racconta come si diventa grandi. Massimo rispetto, quindi. Però il mio romanzo preferito di King è un altro. Si tratta di Misery, quello che scrisse proprio dopo It. La storia di uno scrittore famoso che cade in ostaggio di una fan impazzita, una devota che si trasforma in carnefice. Mi piace perché è un’opera da camera chiusa, le più difficili da scrivere. Ma, al di là della tecnica, mi piace perché più che della cattiveria dei mostri di fantasia, ho paura della cattiveria dei mostri della realtà e la cattiveria dell’ex infermiera Annie Wilkes di

Misery è insuperabi­le. Inoltre, Annie è una lettrice e sono da tempo arrivato alla conclusion­e (deformazio­ne profession­ale?) che i lettori sono i più pericolosi di tutti. Non è una battuta, lo penso sul serio. Parola di lettore.

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Trucco e parrucco per Stephen King durante un tour in Germania nel 2013
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