Corriere della Sera - Sette

A CACCIA DI POKÉMON

Il gioco dell'estate 2016 è stato dimenticat­o dal grande pubblico, ma non dai veri appassiona­ti. Come me. Vi spiego perché continuo a inseguire Pikachu&Company (e perché il calo degli utenti non segna la fine della app)

- di Chiara Severgnini

Il gioco dell’estate 2016 è stato dimenticat­o dal grande pubblico, ma non dai veri appassiona­ti

«VIVA I POKÉMON!» , per me, non è solo una citazione dalla sigla di un cartone animato: è uno stile di vita. Sono passati 17 anni dalle mie maratone pomeridian­e del cartoon sui mostriciat­toli «magici e sgargianti» (altra citazione), ma non ho dimenticat­o i Pokémon. Non mi riferisco solo alla sigla: alla faccia dei miei 27 anni, continuo a giocare a Pokémon Go. Anche se i colleghi mi sfottono, anche se non è più di moda, anche se i miei avversari sono spesso dei boriosi ragazzini che, avendo molto tempo libero, hanno allevato una progenie di Pokémon per me imbattibil­i. E sapete che vi dico? Ora che a cacciare i «pocket monsters» (mostri da taschino, origine del termine Pokémon) siamo rimasti solo noi veri appassiona­ti (enfasi su “veri”), le cose vanno alla grande: per noi giocatori e per la casa produttric­e.

SE NON AVETE PASSATO l’estate 2016 in un eremo, sapete già, a grandi linee, cos’è Pokémon Go: un’app che, grazie a realtà aumentata e geolocaliz­zazione, permette ai fan dei mostri di cercarli e catturarli nel mondo reale.

Un anno fa, era ovunque, persino nei discorsi del presidente della Repubblica («Certi dibattiti sul referendum sono talmente surreali da sembrare la caccia ai Pokémon»: Sergio Mattarella, luglio 2016). Sul tema abbiamo letto di tutto. Il gioco è stato descritto («Cos’è Pokémon Go, l’app che fa impazzire il mondo»), lodato («Perché Pokémon Go è il futuro dei videogame»), criticato («Pokémon Go è una grande delusione»), accusato di plagiare i ragazzini («Psicoterap­euta contro Pokémon Go: è allucinoge­no»), osannato perché benefico per i ragazzini («La psicologa: ecco perché Pokémon Go fa bene») e via elencando ( i titoli citati sono veri, ndr). Mentre tutto ciò accadeva, però, io e altri 45 milioni di persone (dati non ufficiali) non riuscivamo a stare al passo con il can can mediatico perché eravamo troppo impegnati a giocare ogni giorno a Pokémon Go. Certo, l’app non ha conquistat­o tutti: per i pokémaniac­i più esigenti, mancano alcune funzionali­tà cruciali, come le sfide tra amici. Ma in quel momento giocarci era un must, pure per quelli che “Pokémon” non sanno manco come si scrive. E così Pokémon Go passerà alla storia come il gioco più scaricato nel suo primo mese di vita (130 milioni di download in 30 giorni, oggi sono diventati 750).

POI È INIZIATO IL CALO. Secondo Apptopia, gli utenti attivi mensilment­e erano 50 milioni ad agosto, ma solo 32 milioni a settembre (cifre mai smentite né confermate). Così qualcuno ha iniziato a dire che per il gioco era l’inizio della fine. In realtà, stando ai dati ufficiali, nell’aprile del 2017 i giocatori mensili erano 65 milioni: non pochi, quindi. Il punto, però, è un altro. Ad oggi, Pokémon Go è gratuito. La sua fonte di guadagno principale sono gli acquisti in app, cioè gli extra a pagamento. Ciò significa che avere tanti utenti, di per sé, non serve: quel che conta è averne abbastanza che siano disposti a spendere pur di migliorare la propria esperienza di gioco. E, a quanto pare, ci sono: stando agli analisti di ThinkGamin­g, Pokémon Go oggi è la 13esima app ludica più redditizia al mondo. Insomma, non è in

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Una partita a Pokémon Go al museo (non fatelo! È da maleducati!). Il gioco è stato creato da Niantic per Pokémon Company

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