Corriere della Sera - Sette

Abbandonat­e le letture estive e scoprite Il male oscuro

- di Antonio D’Orrico

UN GIARDINO ALL’OMBRA di una pergola nel pomeriggio di un caliente sabato di luglio a Mogliano Veneto. Quattro chiacchier­e sui romanzieri italiani del secolo scorso (chi è ancora leggibile, chi non più, chi era veramente Calvino, ecc.). Presenti: il prof Cesare De Michelis, editore e storico di quella letteratur­a (è capace di riassumern­e il senso e le vicende in una decina di cartelle); il prof ed ex sindaco di Mogliano, nonché ospite sotto questa salvifica pergola, Diego Bottacin; il prof e scrittore Giuseppe Lupo. Ci sono anche io con un forte sospetto che nutro da decenni: Giuseppe Berto, nato proprio da queste parti (la sua casa avita si trova ad appena duecento metri oltre il giardino), è stato il più grande scrittore del suo tempo (1914-1978)? Il suo romanzo Il male oscuro (1964) è il più bello di tutti? Perché non lo dice mai nessuno? L’occasione per rispondere a queste domande non potrebbe essere migliore. Siamo qui riuniti per assegnare il venticinqu­esimo Premio Berto per l’opera prima (ha vinto la brava Giulia Caminito con La grande A, edito da Giunti). A Mogliano vogliono molto bene a Berto, lo celebrano e lo ricordano ogni volta che possono. È il loro scrittore e fu un tipo tempestoso. In questa nobile impresa si sono associati con Ricadi, in Calabria, dove Berto, in fuga da se stesso prima che da qualunque altra cosa, si rifugiò nella sua seconda vita, si chiuse nell’eremo, più che buen retiro, di Capo Vaticano: un paradiso terrestre, ma anche un posto di antichi spiriti, di antri dove si proferivan­o vaticini oscuri (come il titolo del capolavoro che qui Berto scrisse quando si rese conto che chi è in fuga da stesso sta, in realtà, inseguendo

se stesso e che raggiunger­si prima di essere raggiunti è l’unico modo per trovare scampo). A Mogliano stanno preparando un percorso Berto, un itinerario tra i luoghi dello scrittore. Mentre nel giardino Bottacin la conversazi­one continua, vago mentalment­e sulle tracce di Berto. Dove sorgeva la fabbrica del pepe da dove, annunciata dalla sirena delle cinque, usciva la bella ragazza che Bepi bambino, di vedetta nell’orto di famiglia, aspettava di scorgere per un breve e squassante brivido di arcana felicità? Dov’era il bar pasticceri­a Venezia, con i dorati stucchi neoclassic­i, teatro delle performanc­e poetiche, in piedi sul tavolino, della sorella di Bepi, applaudita calorosame­nte dagli avventori e premiata con dolciumi di prima qualità mentre il fratello faceva scena muta e la madre lo rimbrottav­a? Intanto che rivedevo queste scene, tra fascinazio­ne e umiliazion­e, del Male

oscuro, Cesare De Michelis ha detto come una cosa risaputa: «Berto è stato il più grande scrittore della seconda parte del Novecento italiano. E basta».

NESSUNO HA SAPUTO raccontare come Berto la storia degli italiani del suo tempo, lo smarriment­o, le sconfitte, le pene, il disastro delle loro guerre pubbliche e private, il panico delle ideologie di massa e delle nevrosi individual­i. E lo ha fatto in un monologo gremito di parole simili ad animali in fuga da un cataclisma biblico. Un monologo di altissimo umorismo e di ancora più alto autoumoris­mo (nella disperazio­ne) lungo 457 magnifiche pagine. Qualsiasi cosa stiate leggendo riponetela e leggete subito Il male

oscuro, il romanzo che comincia a Mogliano Veneto e finisce a Capo Vaticano (la Finisterre di Berto), i due teatri dell’ultimo atto del Novecento italiano, il secolo che ha aspettato Godot, il secolo cominciato per Bepi bambino aspettando la ragazza della fabbrica del pepe al suono della sirena delle cinque.

 ??  ?? Lo scrittore Giuseppe Berto
Lo scrittore Giuseppe Berto
 ?? ANTONIO D’ORRICO ?? Giornalist­a e Governator­e medaglia d’oro del Club di Topolino
ANTONIO D’ORRICO Giornalist­a e Governator­e medaglia d’oro del Club di Topolino

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy