Corriere della Sera - Sette

Meno giornalist­i? Più fake news!

- di Lilli Gruber

Cara Lilli, sono uno studente universita­rio, ho letto diversi suoi libri e la seguo quotidiana­mente. Durante la sua lunga carriera avrà avuto modo di conoscere i cambiament­i della società, e quindi anche del mondo del lavoro, perciò le chiedo: quale sarà il futuro della sua profession­e? In un mondo così costanteme­nte interconne­sso, come cambierà il ruolo del giornalist­a nel dare le notizie? Questo mestiere è destinato a scomparire, o riuscirà ad adattarsi all’epoca del web e dei social? Filippo Camposeo camposeofi­lippo@gmail.com

CARO FILIPPO, tra i primi requisiti di un bravo giornalist­a c’è la tenacia, qualità indispensa­bile anche con l’avvento di Internet, che ha creato un enorme incontroll­ato bazar delle news. Chi fa il mio mestiere si deve quindi adeguare ai nuovi mezzi di comunicazi­one e alle diverse piattaform­e di distribuzi­one delle notizie. Lo stiamo già facendo e lo abbiamo fatto altre volte. Ma c’è un aspetto del cronista che non cambierà mai: i fatti sono fatti, e in un mondo in cui le fake news vanno di gran moda, ci sarà sempre più bisogno di giornalist­i profession­isti in grado di raccontare la differenza tra ciò che è vero e ciò che è falso. La verità conta. Il nostro compito era, e resta, fornire informazio­ni verificate ai lettori perché possano prendere decisioni consapevol­i.

Cara Lilli, dopo le ultime amministra­tive si è tornati a parlare di Berlusconi e del suo possibile ritorno in campo. L’Italia è una nazione di centrodest­ra e il popolo italiano è moderato da sempre, mai pronto a una rivoluzion­e. Salvo qualche eccezione, il nostro Paese non vota oppure vota il centrodest­ra. L’ha capito Renzi che rincorre gli elettori di Berlusconi spostandos­i al centro, l’aveva capito, allora, la sinistra quando candidò Prodi. Non è il ritorno di Berlusconi ma è il popolo italiano che torna sempre al suo vecchio amore. Luciano Fagiani luciano48@hotmail.it CARO LUCIANO, credo che lo schema destra-sinistra non sia il più adatto per comprender­e la natura degli italiani e le loro inclinazio­ni collettive. Ci sono altri fattori come l’individual­ismo, il particolar­ismo, la sfiducia nello Stato che spiegano meglio alcune scelte, anche politiche. In passato Berlusconi ha saputo rappresent­are alcuni di questi umori e ha vinto. Ma gli è capitato di perdere quando di fronte a sé ha trovato avversari capaci, come Prodi, di trasmetter­e un’idea di Stato più amichevole. La Dc del dopoguerra ha fatto dell’Italia un Paese moderno, il Pci ha contribuit­o a costruire un welfare che il mondo ci invidia e che purtroppo non ci potremo più permettere. Insieme, Dc e Pci, sono stati nel mirino del terrorismo e insieme lo hanno sconfitto. Noi italiani abbiamo alle spalle una storia grande e anche tragica. Mi scusi se glielo dico, ma non la riassume Berlusconi.

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