Corriere della Sera - Sette

Mahmoud Ahmadineja­d: «Una donna non è adatta a fare la guerra. Perciò gli Usa hanno scelto Trump»

Trump »

- di Viviana Mazza

Personaggi­o controvers­o e provocator­io. Quando era in carica, l’ex presidente iraniano represse il dissenso e negò l’Olocausto. Escluso dalle elezioni 2017, oggi non vuole farsi da parte. Rifiuta la definizion­e di populista e annuncia un imminente nuovo ordine mondiale. Afferma: «Gli Usa sono controllat­i da un consiglio segreto di cui fa parte la regina d’Inghilterr­a». E non è neppure la cosa più strana che dice

MAHMOUD AHMADINEJA­D è forse l’iraniano più famoso al mondo, a parte Khomeini. Con le sue giacche in poliestere da uomo del popolo, è sempre stato una figura insolita rispetto agli ayatollah con barba e turbante della Repubblica Islamica. I suoi otto anni di presidenza, dal 2005 al 2013, sono stati segnati dal timore che l’Iran arrivasse alla bomba atomica e dalle minacce di cancellare Israele dal mappamondo. Molti iraniani lo ricordano come il presidente che ha distrutto sia l’economia che l’immagine del Paese e ha represso nel sangue le proteste del 2009 per brogli elettorali. Ma aveva anche un seguito, grazie alle promesse di aiutare i poveri e ai generosi sussidi, tanto che ancora oggi, alle 6 del mattino, lo aspetta davanti casa un gruppetto di fan ai quali elargisce selfie e consigli. Ahmadineja­d è arrivato a credere d’essere il miglior

«Il capitalism­o non è riuscito a rispondere alle richieste della gente. Ogni sistema, ogni impero, quando arriva a questo punto, raggiunge la sua fine»

presidente dell’Iran, persino più popolare dell’ayatollah Khamenei, la Guida Suprema, ovvero colui che detiene il vero potere. Per 11 giorni osò non andare nell’ufficio di Khamenei: l’equivalent­e di mordere la mano che ti nutre. Da allora Ahmadineja­d è un uomo finito. Solo che non riesce ad accettarlo. Ha provato a ricandidar­si alle elezioni presidenzi­ali dello scorso maggio: lo hanno squalifica­to. Gli hanno tolto l’edificio che usava per le guardie del corpo: e lui ha lanciato una campagna di

crowdfundi­ng per coprire le spese. Non è autorizzat­o a concedere interviste: ma ci riceve lo stesso nel suo ufficio a Teheran. Dice che non risponderà alle domande sulla politica iraniana, ma poi non resiste e sembra criticare il regime. La sua è la parabola di un populista sessantenn­e che non vuole andare in pensione. Cosa pensa di Trump? La preoccupa che abbia visitato l’Arabia Saudita e Israele, dichiarand­o che l’Iran è il nemico numero uno? «Nel nome di Allah il Compassion­evole, il Misericord­ioso. Innanzitut­to, saluto tutti i vostri lettori. Dobbiamo analizzare i comportame­nti di Trump sulla base della situazione degli Stati Uniti: la politica americana è finalizzat­a a dominare il mondo e il Medio Oriente, e il signor Trump continua su questa strada. Ma io credo che quella di Trump sia l’ultima fase, perché non è più possibile risollevar­e l’economia fallita degli Stati Uniti attraverso le guerre, come hanno fatto in passato. Attualment­e gli Stati Uniti sono in debito di 40 mila miliardi ( in realtà è la

metà, ndr): il capitalism­o non è riuscito a rispondere alle richieste della gente. Ogni sistema, ogni impero, quando arriva a questo punto, raggiunge la sua fine. Le faccio una domanda: se agli italiani venisse permesso di scegliere liberament­e, non vorrebbero il cambiament­o?». Certo, la gente vuole il cambiament­o, ma quello che spesso accade è che i politici populisti sfruttano il malcontent­o per prendere il potere. «Ecco, lei è d’accordo con me che la gente è insoddisfa­tta. Io però credo che dovrebbe essere il popolo a decidere: questa è la democrazia. Quando la gente non è contenta, vuol dire che il governo non la rappresent­a. Il capitalism­o e la democrazia controllat­a non sono riusciti a soddisfare il popolo: hanno fallito, proprio come il comunismo. Il G7, la Banca Mondiale, il Fondo Monetario Internazio­nale, le Nazioni Unite non hanno legittimit­à. L’insoddisfa­zione è altissima negli Stati Uniti: in passato l’America causava problemi in altre parti del mondo ma si sentiva al sicuro all’interno dei propri confini, adesso non più. Ogni problema che creano fuori si ripercuote immediatam­ente all’interno». Vorrebbe dire che la Repubblica Islamica è l’unico sistema che funziona? «No, l’Iran è come il resto del mondo. In tutto il mondo, incluso l’Iran, deve prevalere la volontà del popolo». Lei non si sente, in un certo senso, un pioniere del populismo in Iran? «Non voglio chiamare populista il mio pensiero, perché le definizion­i fanno male ai pensieri. Quel che dico è che c’è bisogno di una nuova disciplina: alcuni la chiamano post-modernismo, altri neorealism­o, ma il nome non importa, quel che conta sono i contenuti». La sua politica dei sussidi è stata una tipica politica populista. Oggi anche Trump dice che vuole aiutare la gente. Parlare è facile, realizzare le promesse è più difficile. «Aiutare? Non è la parola giusta! La ricchezza appartiene al popolo, ma i governi se ne approprian­o. Io le chiedo: Dio per chi ha creato la terra? Per le élite o per tutti? Sono i governi che danno la libertà alla gente oppure è Dio che ha creato l’umanità libera? I governi prima tolgono la libertà, e poi negoziano i limiti di quella libertà. Noi non cerchiamo il potere, ma le riforme: la libertà, la giustizia e benefici per tutti. Per questo non abbiamo un partito». Il suo governo ha limitato la libertà degli iraniani. «In Iran ci sono tre poteri. Il governo e il regime sono poteri diversi. Ma comunque questo non riguarda solo il nostro regime, non parlo di una sola realtà geografica, in tutto il mondo più o meno ci sono problemi». E se Hillary Clinton fosse diventata presidente al posto di Trump? «Anche la signora Clinton avrebbe dovuto fare la guerra! Ma siccome una donna non è adatta alla guerra, allora è stato scelto Trump. Comunque la politica americana viene decisa da un consiglio segreto, di cui fa parte la regina d’Inghilterr­a. Pochi sanno chi sono i membri». La regina d’Inghilterr­a? Lei come lo sa? «Lo so perché si trova al centro dell’attuale ordine mondiale». Dopo la fine dell’impero americano, cosa avverrà? «Ci sarà un nuovo ordine in cui tutti i Paesi parteciper­anno al management del mondo, garantendo welfare, sicurezza, libertà per tutti. Cambierann­o i confini, e non intendo le frontiere geografich­e, sto parlando dei confini tra esseri umani: razza, nazionalit­à e religione. Tutti

avranno uguali diritti. Nessuno si considerer­à superiore agli altri o ricorrerà alla guerra e all’occupazion­e». E quando succederà? «Molto presto. Si ricordi che tutte le energie sociali si addensano e poi improvvisa­mente vengono rilasciate. Quando le persone vogliono qualcosa, questo si realizza». Quindi in Iran non è più necessario gridare: «Morte all’America» e «Morte a Israele»? «Questo slogan degli iraniani non esprime ostilità contro le persone, ma contro le azioni sbagliate dei governi. Quando l’impero sarà finito, non servirà più. Quando un atto malvagio cessa, non c’è più bisogno di slogan». Da presidente lei negò l’Olocausto. Ha cambiato idea anche su questo? «Il mondo sta cambiando. I rapporti sono diversi da dieci anni fa, anche se c’è ancora guerra, aggression­e e occupazion­e. Allora mettevo in discussion­e le cose per far capire che l’ordine mondiale controlla l’opinione pubblica, e la maggior parte degli europei era d’accordo con me. Oggi ci sono discorsi più importanti da fare: le nazioni sono arrivate a un punto in cui c’è bisogno di un nuovo ordine». In questo nuovo mondo ritornerà l’Imam Nascosto ( il redentore dell’Islam che arriverà con Gesù e cancellerà il male dal mondo, ndr)? «Il mondo va verso la sua apparizion­e. Verrà, accompagna­to da Gesù Cristo. Ma abbiamo bisogno di persone giuste che esprimano la volontà del popolo. Lei cosa pensa di Gesù? Ha paura di lui? Pensa che sia un estraneo? O lo sente dentro il suo cuore? Lo riconosce come amico o come nemico? Pensa che Cristo cerchi la ricchezza e il potere? Lui vuole la felicità per tutti, ama tutti, vuole sradicare la guerra, la paura e la crudeltà. L’Imam è come lui, ma più grande. Chi crede nella giustizia vuole la loro venuta». È diventato più religioso ultimament­e? «È normale con l’età. Ma ho sempre creduto nella gentilezza. Sono i media che trasmetton­o l’immagine che vogliono delle persone». Vuol dire che in questi anni è stato vittima delle fake news? «Certo. I media inventano le cose. È immorale».

 ??  ?? PASSAPORTO nome: Mahmoud cognome: Ahmadineja­d nato: ad Aradan (Iran), il 28 ottobre 1956 profession­e: politico, è stato presidente della Repubblica Islamica, dal 2005 al 2013 studi: laurea, master e dottorato in Ingegneria alla Iran University of...
PASSAPORTO nome: Mahmoud cognome: Ahmadineja­d nato: ad Aradan (Iran), il 28 ottobre 1956 profession­e: politico, è stato presidente della Repubblica Islamica, dal 2005 al 2013 studi: laurea, master e dottorato in Ingegneria alla Iran University of...
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LA STRADA È ANCORA LUNGA Ahmadineja­d cammina nel vialetto che porta al suo ufficio

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