La storia di Roberto e del Presidente galantuomo
ADRIANO MERLO, un friulano della Carnia finito per amore in Calabria dove diventò presidente del Catanzaro, non è passato alla storia come Joan Laporta del Barcellona o Santiago Bernabeu del Real Madrid. Ma fu autore di un gesto che vale più di una Champions League. Lo racconta, nel libro Carriere spezzate. Quando l’imprevisto interrompe il sogno, Gazzetta
il giornalista della Francesco Ceniti. Il quale ha raccolto per il quotidiano sportivo le storie di tanti calciatori, tra cui campioni come l’olandese Marco Van Basten o Helmut Duckadam (il portiere dello Steaua Bucarest che parò quattro rigori al Barcellona nella finale di una Coppa dei Campioni) costretti di colpo, per vari motivi, a smettere di giocare. Tra questi, particolarmente positiva per il percorso di riscatto e di amore dopo il dolore, lo strazio, la paralisi, c’è la storia di Roberto Bacchin. Centrocampista, molte speranze di gloria agli esordi, una buona carriera da Belluno a Rimini, da Novara a Foggia, da Bari a Udine e Catanzaro. Con una grande soddisfazione: grazie a una presenza contro il Cagliari, esordio in A, figura tra i vincitori dello scudetto del Torino di Francesco Graziani e Paolino Pulici nel 1976. TUTTO CAMBIÒ IL 15 GIUGNO 1983. Era appena retrocesso con il Catanzaro in serie B. «Quel giorno era l’ultimo previsto dal contratto: allenamento al mattino, poi vacanze», racconta nel libro di Ceniti, «Con Bivi e Cavasin, compagni e amici, decidiamo di andare al mare per la felicità di mogli e figli. Scegliamo Copanello: pur essendo sullo Ionio ha il fondale basso, ideale per i bimbi piccoli. Corsa veloce, poi tuffo e infine gara di nuoto fino alle boe. A 28 anni non percepisci nessun pericolo in un programma simile. E allora via. Quando sto per buttarmi vedo arrivare un’onda. Niente di sconvolgente, ma istintivamente invece di affrontarla decido di abbassare la testa. Finisco con il collo insaccato in una duna. Sento una scossa fortissima». «Sono rimasto lì, immobile come un paletto piantato nella sabbia. Con le voci lontane dei miei compagni e le onde che passavano sopra. Ho chiesto aiuto con un filo di voce, mi hanno risposto “Smettila di fare il cretino”. E invece era tutto vero: sono passato dal correre sulla spiaggia a essere paralizzato». Sala operatoria, lunga degenza, sedia a rotelle, rieducazione. Lo aiutano la moglie conosciuta a Novara, le due gemelle: «Quante ore passate a pettinare le bambole...». E FU LÌ, NEI MOMENTI PIÙ DURI, che entrò in campo l’allora presidente del Catanzaro, Adriano Merlo. Il quale, d’accordo con allenatore Mariolino Corso e il direttore sportivo Spartaco Landini, due vecchie conoscenze della grande Inter, fece un gesto che meriterebbe di restare davvero negli annali del calcio: «Il mio contratto era scaduto, ma dopo l’incidente me lo hanno rinnovato per un anno pur sapendo che non avrei mai più giocato. Ogni mese arrivava puntuale lo stipendio, al minimo. E parliamo di una società retrocessa in B e poi finita in C». Lui no, Roberto Bacchin non è retrocesso mai, come uomo: «Credo che siano poche le cose che contano davvero per stare in pace con te stesso. Sarò presuntuoso, ma penso di averle anche se cammino male e ogni tanto vado giù per terra. Questa è la mia vita. Me la tengo stretta e non la cambio». E con lui, al di là dei risultati calcistici, non retrocedette mai il grande Adriano Merlo.