SJÓN MÁNASTEINN
Reykjavík ha cambiato completamente aspetto. Una quiete sinistra incombe sul quartiere più frequentato e animato dalla città… Le strade sbadigliano, spopolate, se non forse per qualche fugace figura ombrosa che si aggira nei paraggi. Sono le donne anziane, infagottate in abiti neri, con uno scialle sopra l’altro per proteggersi dal freddo. Hanno accolto talmente tante malattie in vita loro che il flagello che adesso pasteggia con i corpi dei loro figli non trova nemmeno un degno boccone nelle loro ossa vecchie e consunte. Se si sparge la voce che qualcuno ha modo di spartire un goccio di olio da lampada, di sciroppo per la tosse, di aceto; se si sente dire che l’avena, il riso, il sapone, le verdure essiccate da stufare saranno in vendita per mezz’ora davanti alla porta dello spaccio Thomsen Magasín verso le undici; se si viene a sapere che un pacco di pesce secco è stato dimenticato sul molo, che un sacco con piccole patate germogliate attende chissà dove, aperto e incustodito, un’anziana donna indosserà una gonna sopra l’altra, infilerà due paia di guanti e arrancherà per le vie della città, per salvare la discendenza. Si incontrano nei cortili, nelle strade laterali, nei vicoli, e nei giardini – le schiene curve – si salutano con lunghe occhiate, increspando le labbra. In giro per il centro desolato della città c’è anche il ragazzo».