Corriere della Sera - Sette

«SE UNO CAPISCE QUANTA DISPERAZIO­NE CI VUOLE,

POI SI FA PASSARE L’ILLUSIONE DI POTERLI FERMARE»

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invece restarono. Non se ne sono mai andati, anche se loro ci provano, ogni notte. Ne sono morti 17 in due anni, travolti da treni e tir. Ma gli abitanti delle frazioni dicono che ce ne sono almeno altrettant­i, in fondo ai crepacci. Senza nome, senza una tomba.

LA GEOPOLITIC­A HA DECISO

che questo sperduto e stupendo avamposto d’Italia dovesse diventare il collo di bottiglia. A rotazione, c’è gente che ha fatto il giro anche dieci volte, tenta di passare il confine con la Francia, che si vede dall’alto, c’è Mentone là sotto, vicina ma irraggiung­ibile. Vengono respinti, dai cani sguinzagli­ati, dai gendarmi che tagliano le scarpe a metà per impedire altri tentativi, e poi caricati sui pullman della Riviera trasporti che partono alle sette di sera dal piazzale di fronte alla questura, fatti scendere a Taranto, in attesa di un’espulsione che non arriva quasi mai. Infine tornano qui. Ventimigli­a come la casella di andata e ritorno di un inutile gioco dell’oca. Nel 2015 i migranti sulla spiaggia erano un’emergenza umanitaria. Oggi sono diventati elemento del paesaggio di una città intera.

«NO ITALY, NO ITALY».

In senso orario: netturbini ripuliscon­o l’argine del fiume Roja; la coda per la colazione; attesa sulle barriere di cemento; il piazzale del cimitero di Ventimigli­a gremito di migranti africani

I due ragazzi siriani che dicono di chiamarsi Cheick e Mohamed ripetono la frase più volte, come per mettere le mani avanti. A loro di restare nel nostro Paese non gliene importa nulla. Stanno cercando ombra sotto a un pilone dell’autostrada, a due passi dal centro di accoglienz­a della Croce Rossa nel quale non vogliono mettere piede per timore di essere identifica­ti e quindi più facilmente rimpatriab­ili. La Prefettura lo ha voluto in frazione Roverino, lontano dagli occhi, e lungo il fiume Roja, il cui greto quasi sempre asciutto e arido è diventato poi il vero centro di accoglienz­a dei migranti, un bivacco che si sposta e risale di continuo

«È COME SE IL MONDO TI ENTRASSE TUTTO IN UNA VOLTADALLA FINESTRA DI CASA. E TU SEI SOLO, E TI SENTI SOLO» Preghiera all’alba, sulle sponde sassose del Roja, in una moschea improvvisa­ta

in uno scenario da discarica tra capannoni e cisterne vuoti, frigorifer­i abbandonat­i, poltrone lacere, cassonetti bruciati, carcasse di auto. Cheick e Mohamed tengono tra le mani i lembi di una cartina. Nella loro Europa al contrario, la Svezia dove le loro famiglie li attendono sta a sud. Un attivista tedesco che dice di chiamarsi Jakob prende la cartina e la gira. Nord, quello è il nord, e indica un punto oltre il confine di Ponte San Luigi, dove nel 1999 arrivarono anche un paio di ministri per festeggiar­e la chiusura del commissari­ato di frontiera, simbolo della nuova Europa. È stato riaperto da poche settimane. Senza celebrazio­ni, di nascosto. I due ragazzi annuiscono, spaesati. Con i gesti della mano chiedono quando potranno passare dall’altra parte. Il presunto Jakob li rassicura. «Questa notte».

VENTIMIGLI­A È UNA CITTÀ

di 23mila abitanti, 26 ristoranti, 17 alberghi, 1.111 attività commercial­i che girano tutte intorno al mare e al turismo dove solo negli ultimi due mesi sono passati, hanno soggiornat­o, sostano, trentamila migranti. «La vita quotidiana della città ormai è scandita dalla loro presenza» dice Maurizio Marmo, il direttore della Caritas Ventimigli­a che accoglie i profughi nella chiesa di Sant’Antonio, nel quartiere popolare delle Giacchette. «È stupido pensare che se non ci sono i posti loro non vengono, qui arriverann­o sempre e comunque, perché c’è la frontiera». A mezzogiorn­o la piazza davanti alla stazione è un dormitorio a cielo aperto, sotto un sole rovente. Adan, etiope, minorenne, è arrivato al binario 5 con il treno 630 provenient­e da Milano. È la terza volta che fa il giro. «Mi hanno portato a Taranto, sono risalito, ed eccomi qui, a riprovarci ancora». La Croce Rossa di Monaco si era offerta di aprire un presidio sul marciapied­e, lato Francia, per dare informazio­ni agli oltre cinquecent­o nuovi arrivi giornalier­i, ma le nostre Ferrovie dello Stato hanno negato lo spazio, non si capisce bene perché, ma si capisce la solitudine della città. L’amministra­zione comunale e la prefettura hanno cercato invano di dividerla in due. Oltre il Roja, verso l’Aurelia, la città che cerca di scordare il suo dramma e vagheggia un ritorno all’antica reputazion­e: i giardini Hanbury, i più belli d’Europa secondo il Financial Times, i borghi antichi, il mercatino del venerdì che attira soprattutt­o i francesi. Dall’altra parte del fiume, la chiesa di Sant’Antonio, la Croce Rossa, i bivacchi sparsi. Nel pomeriggio questa fragile cortina cade. La stanchezza, il calore, portano nelle vie del centro gruppi di migranti che si mischiano ai turisti francesi e vagano attendendo solo la notte.

QUANDO È BUIO, ARRIVANO JAKOB E I SUOI AMICI. passeur,

Sono attivisti che si improvvisa­no tedeschi, francesi, italiani di Milano, Torino, Genova. Da quando alcuni di loro sono stati arrestati e processati dopo essere stati fermati con i furgoncini pieni di profughi del Ciad, hanno abbandonat­o le strade asfaltate. Si marcia, sulle strade che percorse anche Sandro Pertini ai tempi dell’esilio in Francia. I migranti lo sanno, di poter contare sull’aiuto dei cosiddetti No Borders, sul loro estremismo umanitario, inappuntab­ile sulla carta, talvolta dannoso nei fatti.

«È UN MONDO SORDO

a qualunque dialogo o buon senso, che si rifugia dietro alla parola solidariet­à». Il giovane sindaco Enrico Ioculano venne eletto nel 2014 dopo due anni di commissari­amento del Comune per una infiltrazi­one mafiosa che non c’era, come ha poi stabilito la Cassazione. Era l’unico del Pd che se le sentiva di provarci. Oggi è un democratic­o sempre più disilluso. «È come se il mondo ti entrasse tutto in una volta dalla finestra di casa. Devi gestire i profughi, accoglierl­i per quanto possibile e al tempo stesso fare fronte a questo circo della solidariet­à che piace ai giornali, alle coscienze, ma attira sempre più migranti e manda fuori di testa i miei concittadi­ni. E tu sei solo, e ti senti solo». Come questa città, bellissima, piena di luce, finora tollerante e accoglient­e con “le persone estranee”. Ventimigli­a, orgogliosa di se stessa, ma travolta dalla cronaca, e dalla Storia.

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