Le visioni di un meccanico digitale
KKAZUNORI YAMAUCHI È UN UOMO DALLE MOLTE
PASSIONI. La prima in ordine di tempo sono stati i videogiochi, conosciuti e amati sul suo Apple II. Allora aveva poco più di 10 anni e con i primi, semplici videogame per computer era nato il sogno. Ed eccoci alla seconda passione: le corse d’auto. L’unione delle due ha fatto nascere l’idea di arrivare a creare un gioco realistico, con macchine tanto accurate da sembrare vere e una modalità di gioco che fosse il più vicino possibile all’esperienza di guida reale. Yamauchi san ha iniziato così a studiare per diventare un game designer ma l’azienda che lo assunse, Sony, per la prima Playstation volle da lui un “giochino”, MotorToon Grand Prix, che in stile Mario Kart metteva dietro al volante dei cartoni animati. La negazione del sogno. E così l’ingegnere mancato, raccolti gli onori e i soldi, fondò il proprio studio di sviluppo. La Polys Entertainment, diventata l’attuale Polyphony Digital, creò il primo “Gran Turismo”. Era il 1997, 20 anni fa. Da allora la serie di corse d’auto per antonomasia ha venduto 80 milioni di copie. «Abbiamo avuto tanta fortuna, e un successo che nessuno poteva aspettarsi». Si schernisce. Eppure è ben consapevole che “Gran Turismo” ha radicalmente cambiato i due mondi che racchiude in sé. Da un lato quello dei videogiochi, che forse per la prima volta hanno capito che si poteva conquistare il mercato – da anni il più ricco tra quelli dell’intrattenimento – non solo volando alto con la fantasia ma anche mischiando iperrealismo e regole di semplice divertimento. Dall’altro, e sotto diversi aspetti, anche l’industria dell’auto Il giapponese 50enne che finge di non conoscere l’inglese – salvo poi correggere le sottigliezze che sfuggono al suo interprete – ci ha invitato a visitare i suoi studi racchiusi in un anonimo palazzo di Tokyo. Dalla scrivania adibita con volante e pedaliera, e un enorme schermo 4K, si illumina nel rivendicare quanto
GUIDARE È UN (VIDEO)GIOCO Yamauchi con lo spagnolo Ordoñez, primo vincitore della GT Academy, accademia di guida legata ai videogiochi
A TUTTO GAS. VIRTUALE In alto, una postazione di guida della Polyphony Digital. Qui sopra, a sinistra Yamauchi nel suo garage, a destra un’auto del videogame Gran Turismo che può essere personalizzata
il suo gioco ha cambiato il mondo delle corse e non solo. Prima di tutto l’approccio della “gente”, che sente propri i bolidi prima inavvicinabili, li guida e li ama, pur in una simulazione, con tutte le conseguenze sul mercato vero. Ci sono poi i marchi automobilistici che fanno a gara per portare le proprie auto all’interno del gioco. Perché GT è un veicolo di comunicazione senza confronti. «E con il mio lavoro molte aziende hanno imparato anche a osare». Yamauchi e i suoi in ogni edizione di “Gran Turismo” sognano e creano auto che non esistono. Le GT Vision. «Prototipi che vorrei guidare ma che le aziende non creano
perché hanno logiche diverse,
di commercio» , sorride del ruolo unico che si è creato negli anni all’interno dell’industria automobilistica. «Poi vedono le auto nel gioco, i gamer le osannano, e allora qualcuno dei miei sogni diventa realtà». Come la Nissan R35 Gt-R, dove la Polyphony Digital ha lavorato direttamente sul futuristico display del cruscotto. E così accade che nel 2015 l’International Automobile Festival di Parigi ha riconosciuto a un creatore di videogiochi il Grand
Prize of Creativity per il costante contributo fornito all’industria dell’automobile. Yamauchi san è un meticoloso, quasi a livelli