Corriere della Sera - Sette

Chi è più solo del barista di un autogrill?

(o di un portiere di notte)

- di Massimo Cotto

LA SIGNORA HA UN CAPPELLO

che sembra un’aiuola e un vestito da Apocalisse di San Giovanni. Mette avanti un piede, come fanno i bambini al mare per capire quanto l’acqua sia fredda. Si pente subito. Aspetta un po’, poi ci riprova. La macchina rallenta e si ferma. La signora sorride e attraversa la strada, lei e il giardino di fiori finti che ha in testa. A metà, si volta verso l’automobili­sta e lo ringrazia alzando la mano. Io penso a quanto il mondo sia cambiato: oggi tutti ringrazian­o per aver ottenuto quello che è un loro diritto, che le automobili si fermino per consentire alle persone di attraversa­re sulle strisce pedonali. Ma non è solo quello a colpirmi: è la solitudine della signora in quell’istante. Accanto a lei c’erano altri pedoni in attesa di raggiunger­e il lato opposto della strada. Ma ognuno pensava a sé, ognuno era solo come un eroe greco davanti al suo destino.

SALGO IN MACCHINA,

Anche la solitudine ha le sue stagioni. D’inverno appare più naturale. L’estate è il tempo dell’espansivit­à vitale, della condivisio­ne, dello stare insieme. Ci sono mestieri e situazioni che non aiutano. Ma anche piccoli rimedi che aiutano

parto, mi fermo in autogrill. Il barista ha l’umore più sporco del grembiule. Nemmeno mi guarda in faccia, prende lo scontrino e con l’unghia ci traccia sopra una diagonale. Mette il caffè sul banco come fosse un regalo. Nel giro di poche ore m’imbatto in un altro essere umano solo in mezzo alla gente. E stavolta è peggio. Chi è più solo di un barista di autogrill? Non rivedrà mai più il cliente che deve servire, non può illudersi che domani torni e abbia voglia di parlare di calcio, commentare le notizie del giorno, chiedere delle vacanze, instaurare un rapporto. Il barista di autogrill è più impersonal­e di Siri, è un semplice terminale al quale ordinare un Camogli, Capri, Ischia o Positano (quando arriverà un panino con il nome di una località di montagna?). Il barista di autogrill è condannato ad aggiungere al danno le beffe: rivolgersi al cliente sapendo che lo infastidis­ce, obbligato com’è dai gestori

a chiedere: « Vuole aggiungere anche una macedonia o un muffin, così facciamo il menù? » . Oppure: « Invece del caffè normale, non vuole provare quello col ginseng, la menta piperita, il carbone ardente o il flauto di pan? » .

IL BARISTA DI AUTOGRILL È COME IL PORTIERE

di notte: condannato a vedere passare un’umanità che avrebbe molte cose da dire, ma non ha voglia né occasione di farlo, perché quando il cliente torna in stanza, per lui è sempre troppo presto o troppo tardi: o non ha ancora iniziato il suo turno o le persone assonnate che gli chiedono la chiave sono stanche e vogliono andare velocement­e a dormire. Per questo, per il suo essere trasparent­e, invisibile, il portiere di notte è personaggi­o letterario, raccontato da Liliana Cavani o cantato da Enrico Ruggeri in un brano reso ancora più drammatico perché racconta un albergo a ore. Il portiere si vede dietro al banco come un cane con la sua catena. Alla fine si innamora di una escort, « che viene sempre a notte fonda, bella e quasi sempre bionda » . Gli rivolge la parola solo quando ordina da bere. Il portiere sogna di diventare finalmente visibile e di portarla via, perché in quel modo realizzere­bbe due desideri, avere lei e inventare un altro lui, un nuovo se stesso: « E insieme, dentro al buio che ci inghiotte, non sarò più il portiere della notte » .

LA SOLITUDINE HA LE SUE STAGIONI,

come ogni cosa. Ma, ma se ci pensate, si tratta di una categoria estiva. D’inverno o d’autunno essere soli, al chiuso, appare più naturale. L’estate è il tempo dell’espansivit­à vitale, della condivisio­ne, dello stare insieme. Ritrovarsi soli è più difficile, talvolta penoso. Lo sanno gli anziani, nelle città che si svuotano. Lo sanno gli adolescent­i, che temono il pensiero dell’isolamento (uno smartphone non basta, non si sente il profumo della compagna di classe). Lo sanno, da sempre, gli artisti. Pensate a Edward Hopper: nei suoi quadri, la solitudine è spesso estiva. Persone isolate, abiti leggeri, luci allungate. Lo sanno gli scrittori. Feria d’agosto di Cesare Pavese è un libro di brevi racconti mozzafiato, dove l’estate è protagonis­ta. La notte è l’occasione per stare insieme, ritardare il commiato. « Tacevamo, o parlottava­mo di cose indifferen­ti; nell’aria passavano barlumi, echi, voci lontane. Tra gli spigoli dei tetti occhieggia­vano le stelle o, talvolta, tra i rami degli alberi. Come a uno strano gioco sorgeva la luna: disegnando quinte d’ombra tra le case, o sulla collina di là dal fiume frammentan­dosi contro le piante e straripand­o in cielo. L’amico taceva e si soffermava; io sentivo trapassarm­i sui sensi, sulla pelle, l’alito di altre notti come questa [...] L’amico taceva, e io pensavo già al piacere che avrei provato l’indomani portando in me sotto il sole la certezza che anche la notte è viva » .

INSOMMA, PER QUANTO POSSIAMO CERCARE

di evitarlo, arrivano momenti in cui siamo tutti soli davanti a qualcosa. Ci sono mestieri, situazioni e stagioni che non aiutano; ci sono piccoli rimedi che aiutano. Un proverbio indiano dice: « Se davanti a te vedi tutto grigio, sposta l’elefante » . A volte, quella che sembra una dannazione è solo una prospettiv­a sbagliata.

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M A S S I M O C OT T O @ G M A I L . C O M Dj, storico del rock, conduce su Virgin Radio “Buongiorno Dr. Feelgood e Mr. Cotto” e “Rock Bazar”. Il suo nuovo libro è Rock Therapy (Marsilio).

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