RACCONTI DI MALÁ STRANA E ALTRE STORIE PRAGHESI
«QUEL GIORNO IL DOTTORE non aveva potuto resistere a lungo in ufficio. Era distratto, quasi arrabbiato, una certa inquietudine in parte piacevole, in parte penosa fremeva in lui. Palpitava di una certa emozione poetica; e chi ha conosciuto tale sensazione, sa che con essa non è possibile lavorare seguendo le regole della vita quotidiana. Un pensiero oscuro striscia avanti e indietro come un bruco nel nostro cervello, fa solletico e graffia, irrita un nervo, poi un secondo e un terzo, e alla fine tutto il sistema nervoso è sovreccitato. Allora non c’è più niente da fare; bisogna lasciare il lavoro e concentrare tutta l’attenzione su questo pensiero, finché esso non si ferma da qualche parte, e, a poco a poco, si chiude in un solido bozzolo. Se il sole della fantasia scalda a sufficienza, il bozzolo in seguito si aprirà e nel mondo s’involerà una farfalla: una poesia. Al dottore la farfalla splendente nei colori di un “paesaggio di montagna” nacque subito la mattina. Egli la fermò con la penna su una carta rosa, la chiuse in una busta, la incollò con un’ostia profumata e l’affidò alla posta di città. Quell’eccitazione però lo prese soltanto più tardi ma crebbe tanto, come succede per l’amore tardivo, da scacciarlo dall’ufficio. Allora se ne tornò lentamente verso casa».