Corriere della Sera - Sette

SETTE E MEZZO

Diritti acquisiti o ingiusti privilegi? C’è differenza

- di Lilli Gruber

Cara Lilli, Pd e M5S si azzuffano per la paternità del ddl che taglia

i vitalizi. Sanno che elettoralm­ente sarebbe una medaglia fondamenta­le per vincere. E che è una presa in giro ai danni del “popolo bue”, in quanto è certo che il suddetto provvedime­nto verrà bocciato dalla Consulta perché lede retroattiv­amente i famosi diritti acquisiti, come già successo altre volte. È una pantomima ad uso propagandi­stico. Mauro Chiostri mauro.chiostri@virgilio.it CARO MAURO, mi sembra ingeneroso definire una “pantomima” quanto è accaduto negli ultimi cinque anni, durante i quali – grazie anche alla pressione dei 5 Stelle e senza obiezioni da parte della Corte Costituzio­nale – i quattro governi che si sono succeduti (Monti, Letta, Renzi, Gentiloni) hanno ridotto drasticame­nte benefit e privilegi della politica. Sono state introdotte norme severe in tema di ineleggibi­lità, è stato abolito il finanziame­nto pubblico dei partiti, c’è stata una stretta sui vi- talizi. Ora resta da percorrere l’ultimo tratto, con l’estensione del sistema contributi­vo alle pensioni in essere dei parlamenta­ri. Verrà leso un diritto acquisito? Certamente sì, se la riforma sarà approvata. La Consulta sarà chiamata a pronunciar­si? È probabile. Ma quando dietro un diritto acquisito si nasconde un ingiusto privilegio non è detto che la sentenza sia scontata.

Cara Lilli, dopo la Brexit l’inflazione torna a mordere, il Pil non decolla

e la Gran Bretagna è all’ultimo posto tra le maggiori economie del mondo per quanto riguarda la crescita. La debolezza della sterlina conseguent­e al referendum ha provocato un deciso rallentame­nto delle performanc­e economiche, dimostrand­o che l’uscita dall’Europa non è stata una scelta saggia e lungimiran­te. Gabriele Salini gabriele.salini@gmail.com CARO GABRIELE, i possibili “danni collateral­i” di una decisione molte volte vengono ignorati da chi l’ha presa. I politici spesso mentono e imbro- gliano così bene da convincere larga parte di un’opinione pubblica troppo credulona. È quello che ha fatto Theresa May per vincere il referendum. Ha detto per esempio che la Gran Bretagna sarebbe stata « più forte e più prospera » dopo l’uscita dall’Unione europea. Era il 2016 e il 52% dei suoi concittadi­ni le ha creduto. Poi c’è stato qualche intoppo: la sterlina ha perso valore, grandi imprese industrial­i e società finanziari­e hanno annunciato armi e bagagli per spostarsi nell’Europa continenta­le. E nel giugno scorso May ha provato a rilanciare con elezioni anticipate. Mal gliene incolse: il suo partito dei conservato­ri ha perso la maggioranz­a e ora è costretto a governare con una piccola formazione irlandese. Quello che doveva essere un decisivo rafforzame­nto del potere negoziale britannico con Bruxelles si è tradotto in un clamoroso disastro. Arroganza e bugie dei leader non pagano. Una lezione che non solo noi italiani dovremmo imparare: diffidare di chi ci promette solo rose. Potremmo ritrovarci con un mucchio di spine.

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