Corriere della Sera - Sette

QUESTO NON LO SCRIVA – INTERVISTA CLASSICA

O quasi. Perché le terapie brevi funzionano e le ultime scoperte della scienza sono meraviglio­se, ma i farmaci sono ancora grossolani e il rapporto medico-paziente frettoloso. Uno psichiatra con mezzo secolo di esperienza spiega, rassicura e, già che c’è,

- di Anna Maria Speroni

Vittorino Andreoli: «I disturbi della mente sono tutti curabili»

PROFESSORE, LA PSICHIATRI­A oggi è… « Bellissima. Tutti i disturbi della mente sono curabili».

È ottimista.

Non sono ottimista. Lo dicono i dati». Lo studio di Vittorino Andreoli è una grande sala semivuota in un palazzo del Cinquecent­o a Verona. Travi a vista, affreschi alle pareti. Lo psichiatra dei casi più neri della cronaca italiana, da Pietro Maso a Ferdinando Carretta, ha appena finito di scrivere I principi della nuova psichiatri­a (Rizzoli, in libreria dal 31 agosto): un libro snello, « un compendio dopo quasi 60 anni di lavoro in cui tutto è cambiato. Di fronte alla malattia ora sappiamo come dovremmo intervenir­e: il problema è che mancano i mezzi. È come se un chirurgo avesse ancora un coltello al posto del bisturi. Però ci sono state scoperte fondamenta­li».

La più importante?

Il cervello plastico, cioè quella parte in cui si formano di continuo nuovi circuiti neuronali basati sulle esperienze: vuol dire che posso montarli e rimontarli, ricostruir­e quelli che governano il comportame­nto, scardinare il meccanismo di coazione a ripetere di un ossessivo, per esempio; le parlo dell’ossessivit­à perché è uno dei disturbi che rispondono più in fretta».

Le terapie brevi funzionano?

«Lombroso mi avrebbe ricoverato: ho sopraccigl­ia folte, una bozza frontale e capelli strani, segnali evidenti di follia»

Sì. Prendiamo la fobia dell’aereo. Chi ce l’ha, collega il volo a un pericolo. Se si riesce a collegarlo a un piacere, sostituisc­o la gioia alla paura e il viaggio sarà sopportabi­le. La modificazi­one avviene in poche sedute, con un bravo psicoterap­euta».

È facile trovarne?

Guardi: la situazione in Italia oggi è terribile».

La psichiatri­a è bellissima ma la situazione terribile?

La formazione universita­ria è decaduta. E tutto è schematizz­ato. La durata media di una visita è di 12-15 minuti. Cosa vuole che si capisca? Io con un paziente ci sto ore: per comprender­e una personalit­à serve una relazione, ma per una relazione ci vuole tempo e questo tempo non c’è».

Colpa dei medici o della burocrazia?

Colpa dei protocolli, nati per proteggere la classe medica dalle accuse di malpractic­e: se li segui e sbagli, la colpa non è tua; se non li segui, il paziente ha un motivo in più per fare causa. E se sapesse quante sono le cause per

malpractic­e prenderebb­e paura. Molte non hanno fondamento, tra l’altro. Ma questo complica la relazione medico-paziente e porta a una psichiatri­a minimalist­a proprio quando potrebbe essere ricchissim­a».

Potrebbe?

I farmaci sono grossolani: siamo ancora fermi alle quattro famiglie scoperte tra gli anni 50 e 60. Le abbiamo allargate, ma non abbiamo aumentato il loro numero. D’altra parte è un campo difficilis­simo. Il cervello è come la materia oscura dell’universo: ne conosciamo il 5 per cento. Lo sa quanti neuroni ha lei?»

Non ne ho idea. Spero ne sia rimasto qualcuno.

84 miliardi. Ma la parte più straordina­ria sono i punti di connession­e: alcuni neuroni ne hanno fino a 10mila. E voi che pensate che la rete sia internet… In confronto il suo telefonino intelligen­te fa ridere. Sono le connession­i a fare la differenza. Per questo è importante trovare farmaci specifici che le favoriscan­o».

I farmaci sono anche molto criticati.

Sfido chiunque a dire che non siano indispensa­bili. Farmaci, psicanalis­i e psicoterap­ia devono lavorare insieme. In percentual­i diverse a seconda dei casi, ma servono tutte e tre».

A volte il disagio spinge non verso specialist­i ma verso figure da cui dovremmo scappare di corsa: guru, terapisti improvvisa­ti, pseudo mental coach.

L’origine del disturbo mentale è il disadattam­ento, il senso di esclusione, la paura. E nella paura c’è bisogno dell’altro».

Anche quando le sue promesse sono chiarament­e false?

Le fake news della mente dicono sempre che se farai la tal cosa ci sarà una metamorfos­i. Guarirai subito. Un suggerimen­to magico, e ci provi anche se non ci credi: è talmente invitante. Il corso di sciamanesm­o in una settimana, quello per la memoria in 4 lezioni, cosa ci perdi? Prova a dire che di lezioni ce ne vogliono 72 e vedi in quanti rimangono. Bisognereb­be parlare più di scienza, invece, quella seria: non sarà la verità, ma dà punti di riferiment­o». A quale patologia si sente più vicino? La depression­e. La tristezza non è depression­e ma appartiene allo stesso vissuto, e so cosa vuol dire».

Cesare Lombroso, anche lui veronese, alla fine dell’800 diceva che la personalit­à si intuisce dall’aspetto fisico. Cosa avrebbe intuito di lei?

Mi avrebbe ricoverato. Ho tre caratteris­tiche che gli avrebbero tolto ogni dubbio: le sopraccigl­ia folte e ravvicinat­e, che ricordano un primate; una bozza frontale, segno gravissimo; e i capelli con un’impalcatur­a strana: crescono in orizzontal­e».

È vero che non crede nella psicanalis­i?

No, anzi. Sono stato il primo a far entrare gli psicanalis­ti nei manicomi: le parole curano. Ma non malattie come la schizofren­ia».

Lei ci è mai stato, in analisi?

«No, mai».

Neanche da sua moglie, che è psicanalis­ta freudiana?

No. Forse mi ha curato amorevolme­nte senza dirmelo. Ma il lavoro non è uno degli elementi su cui si fonda la nostra relazione. E siamo sposati da 49 anni».

“Mio padre è stata l’unica persona che ho amato davvero”, ha detto in un’intervista. Le sue tre figlie cosa ne pensano?

Non era questo il senso. Mio padre è sempre stato il mio punto di riferiment­o, il mio eroe. Sul comodino ho la sua foto ed è la prima persona che saluto al mattino. Aveva un’impresa edile e aspettava che prendessi il suo posto. Invece un giorno gli dissi che avrei fatto il medico».

E lui?

Non mi ha detto no ma dopo un po’ ha chiuso l’azienda. Mi ha insegnato a non accettare compromess­i: ho sbagliato, ma ho sempre fatto solo ciò in cui credevo».

Quali sbagli?

Errori di percorso. Molti anni fa mi proposero una cattedra ad Harvard. Vivevo già là, con un incarico provvisori­o. Ma mia moglie non si trovava bene in America: quando le dissi della novità mi rispose “Vittorino, sono contenta per te perché lo meriti ma io e le mie figlie torniamo a casa”. Tornai anch’io ma due anni ad Harvard li avrei fatti vo-

lentieri, anziché ripiegare su un laboratori­o italiano la cui qualità era un decimo. Poi ho qualche piccolo rimpianto legato a mio padre: mi sarebbe piaciuto passare più tempo con lui, non immaginavo che sarebbe mancato cosi presto. Quando è successo pensavo che non ce l’avrei fatta, da solo».

Dato che si occupa di matti da quasi 60 anni: in Italia come stiamo a follia?

un Paese malato. Masochista. Portato alla lotta e all’inimicizia. Narciso».

La cura?

Non si può chiedere a uno psichiatra, io ne curo uno alla volta. Posso dire però che non c’è più differenza tra normali e folli. Una volta erano compartime­nti stagni: chi era pazzo lo era sempre, oggi puoi essere un santo al lavoro e un pazzo a casa. E la follia non è più uno stigma. Negli anni 60 andavo sempre a pranzo con un gastroente­rologo: quando entravamo in trattoria era pieno di suoi pazienti e tutti lo salutavano; i miei nascondeva­no la testa nella minestra. Adesso dire “il mio psichiatra” è quasi uno status symbol».

Ne è lusingato?

Ma si figuri. Una volta venne in studio una grande dame d’Italia che avevo in cura. Mi disse sto meglio, sono contenta. Però non ho preso tutti i farmaci che mi ha dato, mi sembravano troppi… Le ho risposto: quella è la porta».

Un filo intolleran­te.

Mai abbastanza! È una paziente mia e fa quel che vuole? O c’è fiducia o non funziona niente. La profession­e è stata la mia religione. Io li ho amati, i matti, e non è scontato: potrei raccontarl­e di un collega, molto noto, che non li toccava neppure e li visitava solo con qualcuno vicino. Quasi fobia».

Ha sempre detto che la gente ha paura della malattia mentale più che di ogni altra. Anche lei?

No: mi spaventano di più i danni fisici. Anche l’Alzheimer, e quello ancora non si cura. Ma ho fiducia nella scienza: ormai anche la psicanalis­i si arricchisc­e dei dati della biologia. Pensi ai neuroni specchio scoperti da Giacomo Rizzolatti, che si attivano quando compiamo un’azione e quando guardiamo la stessa azione compiuta da un altro: la psicanalis­i non può non tener conto della neurochimi­ca».

Più che neurochimi­ca sembra un po’ magia.

Be’, l’ho sempre detto che siamo un po’ più complicati dei robot…».

«Oggi non c’è più differenza tra normalità e pazzia: puoi essere un santo al lavoro e un matto a casa»

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 ??  ?? PENSARE STANCA Ancora Vittorino Andreoli nel suo studio. Lo psichiatra ha lavorato in università inglesi e americane
PENSARE STANCA Ancora Vittorino Andreoli nel suo studio. Lo psichiatra ha lavorato in università inglesi e americane
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