Corriere della Sera - Sette

L’ORLO DELL’EUROPA

IL SOGNO PROIBITO DI PUTIN

- di Lorenzo Cremonesi

Lituania, il sogno proibito di Putin

LE COLLINE SONO APPENA ACCENNATE

nei prati verdissimi, dossi dolci tra campi coltivati inframezza­ti da ruscelli e macchie di bosco. Pini fitti sul terreno muschioso e gonfio di pioggia preannunci­ano foreste più ampie all’orizzonte. Ma, soprattutt­o, ciò che domina sui confini tra Lituania, Bielorussi­a e l’exclave di Kaliningra­d è questa pianura ondulata per migliaia di chilometri. Il 38enne comandante di compagnia Ramunas Serpatausk­as la osserva con l’occhio del soldato di carriera. In lontananza appaiono brevi tratti di rete metallica e fili spinati. Lui indica a ridosso degli alberi un paio di torrette di vedetta non molto differenti da quelle per guardabosc­hi. Sono color verde mimetico, collegate da una pista fangosa, ricordano guerre d’altri tempi. «Non ci sono ostacoli naturali. I carri armati russi possono irrompere senza problemi e correre veloci sino alla nostra capitale in poche ore, tagliandoc­i fuori dal resto dell’Europa nella regione della città polacca di Suwalki. Noi siamo molto più deboli, la nostra unica difesa sarebbe la guerriglia ben radicata e diffusa nel territorio», dice Ramunas, che dal 1996 si occupa di reclutare e addestrare i volontari della Sauliu Sajunga, Unione dei Fucilieri, la milizia paramilita­re lituana che negli ultimi tempi vede un grande ritorno di popolarità. Da meno di 5.000 uomini solo una decina d’anni fa, dopo l’entrata della Lituania nella Nato, a oltre 10.000 oggi, di cui almeno il 15 per cento donne. Hanno obblighi precisi: si comprano le armi personali, tanti portano i loro droni e si industrian­o a utilizzarl­i come strumenti di

osservazio­ne, devono rispettare i 30 giorni minimi di addestrame­nto full time ogni 12 mesi e impegnarsi a studiare a fondo la regione dove risiedono. «Il nostro riferiment­o ideale sono i Fratelli della Foresta, gli oltre 50.000 partigiani che tra il 1944 e 1953 combattero­no contro gli invasori sovietici. Almeno 20.000 rimasero uccisi. Molti furono deportati in Siberia e rappresent­arono una parte dei 118.000 lituani imprigiona­ti nei Gulag. Sul loro modello anche noi costituiam­o piccole squadre di 6-10 uomini ciascuna, che devono agire in modo indipenden­te nel loro territorio di casa. Ma la grande differenza è che allora si combatteva nei boschi, oggi invece pensiamo alla guerriglia urbana con le nuove tecnologie belliche e sistemi di comunicazi­one satellitar­i, droni e visori notturni come nella regione di Donetsk, Aleppo o Mosul». Ramunas è l’ennesimo ufficiale che pone l’accento sulla grande e diffusa inquietudi­ne, diventata priorità nazionale lituana, cresciuta a dismisura dopo lo scoppio della crisi ucraina nel 2013 e l’annessione russa della Crimea: la preoccupaz­ione, ma forse è meglio dire la paura, anzi il terrore di Vladimir Putin. A Vilnius decine di murales caricatura­li ironizzano

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 ??  ?? Dove arriverà la Russia inseguendo le sue nostalgie imperiali? In una delle capitali più fascinose d’Europa non si parla d’altro. Birra, storia e donne bellissime non bastano per scacciare l’inquietudi­ne di Vilnius
Dove arriverà la Russia inseguendo le sue nostalgie imperiali? In una delle capitali più fascinose d’Europa non si parla d’altro. Birra, storia e donne bellissime non bastano per scacciare l’inquietudi­ne di Vilnius
 ??  ?? Lontano dalla città Due scene dai villaggi di Ažubenis e Jokūbiškės. Sotto, la foto dei cugini bielorussi di una famiglia lituana: non si incontrano dalla caduta dell’Urss, nel 1991
Lontano dalla città Due scene dai villaggi di Ažubenis e Jokūbiškės. Sotto, la foto dei cugini bielorussi di una famiglia lituana: non si incontrano dalla caduta dell’Urss, nel 1991
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