MANO LIBERA
I “mali passeggeri” della Questione Meridionale
«MI RISPONDESTE
essere l’inchiesta inutile, i mali passeggeri…». Il grande Giuseppe Ferrari, davanti alle polemiche sui sussulti di rancore neoborbonico e l’approvazione da parte del Parlamento pugliese della mozione grillina per istituire il 13 febbraio la Giornata della Memoria per «ricordare le vittime meridionali dell’Unità d’Italia», sorriderebbe amaro. Lui, milanese, laureato a Pavia in diritto civile e in diritto canonico, vent’anni trascorsi a Parigi dove si sarebbe appassionato alla filosofia arrivando al dottorato con una tesi su Tommaso Campanella e sulla virtù del dubbio, deputato e poi senatore della Sinistra, l’aveva già detto nello storico discorso parlamentare del 2 dicembre 1861, che la Questione Meridionale era un problema enorme. Che andava affrontato nel modo giusto. Non con le fucilazioni e i saccheggi ma con il dialogo e la fiducia «per conquistare moralmente prima e materialmente dopo la rimanente Italia». Voleva capire, Giuseppe Ferrari. E per capire davvero affrontò un lungo, tormentato e pericoloso viaggio fino a raggiungere Pontelandolfo, teatro dell’eccidio del 14 agosto 1861 costato la vita ad almeno 400 persone massacrate dai bersaglieri del colonnello Pier Eleonoro Negri. Eccidio per il quale soltanto 150 anni dopo il paese ha ricevuto le scuse ufficiali dello Stato italiano. Certo è che Ferrari disse in quel dicembre 1861 parole profetiche. Ricordando che Cavour, purtroppo morto da qualche mese, «s’avvide benissimo che un nuovo moto sta per cominciare» e che «il nuovo regno doveva essere ormai discentralizzato». E dunque, magari con il «sistema delle regioni (…) urgeva una nuova organizzazione territoriale la quale stabilisce in modo non provvisorio ma in modo fermo e sicuro l’assetto, l’amministrazione, il governo, in una parola la felicità degli italiani ormai messi in grado di disporre di sé». Sì, i briganti c’erano davvero: «E vi accerto che sono innanzitutto ladri, e, se occorre, assassini». Ma le rivolte contro la repressione piemontese non potevano essere liquidate solo così: «Sono briganti, ma hanno una bandiera (…); sono briganti ma numerosi sono i sacerdoti che i nostri tribunali proscrivono come emissari a sostegno della passata tirannia; sono briganti ma il partito borbonico sussiste, la sua astensione è visibile in ogni elezione».
LE PAROLE PIÙ FORTI
però furono queste: «Signori, se il disordine del brigantaggio è grande e se potete addurre per iscusa che l’avete combattuto e in parte represso, qual è stata la vostra repressione?». E dopo una rasoiata ai colleghi («intendo la vostra voce, l’inesorabile voce di tutti i burocrati italiani: non si poteva far diversamente»), tuonò su Pontelandolfo: «Io vi proposi di fare un’inchiesta affinché una metà della nazione conoscesse appieno l’altra metà, e le due parti della Penisola si unissero fraternamente; mi rispondeste esser l’inchiesta inutile, i mali passeggeri». «Passeggeri»… Son passati, da allora, 156 anni.