Corriere della Sera - Sette

DERBY DEI VINI

Quali sono i rossi più buoni del reame? I piemontesi o i toscani? Due firme del Corriere, che conoscono a fondo note e profumi del bicchiere, si cimentano in uno scontro tra titani. Il verdetto? Più facile decidere se siano meglio i Beatles o i Rolling St

- di Marco Cremonesi e Luciano Ferraro

Barolo o Brunello? Quali sono i rossi più buoni del reame? La sfida tra Piemonte e Toscana

«Ero al matrimonio di un amico sommelier. Quando un produttore ha versato il suo Barolo nei bicchieri si è fatto silenzio» «I prodotti delle vigne che guardano il Tirreno hanno incantato il Mondo prima che nascesse il made in ItaIy»

LUCIANO FERRARO Meglio i grandi rossi piemontesi o i grandi rossi toscani? Dopo aver sentito ripetere la domanda mille volte confesso di aver smarrito la risposta. Meglio, forse, raccontare un episodio, che contiene tracce per risolvere l‘enigma. Eravamo al matrimonio del sommelier Luca Gardini, al mio tavolo c’erano due produttori, uno di Brunello di Montalcino, l’altro di Supertusca­n. Sorsi straordina­ri, da primato. Fino a quando è arrivato un signore magro e con una barba stile Amish. Ha posato sul tavolo una bottiglia di Barolo. Ha versato un po’ di vino nei nostri bicchieri, nel frastuono della festa si è creato un attimo di silenzio. Come se la musica della festa si fosse interrotta. I commensali si sono scambiati, dopo aver assaggiato il Barolo, sguardi carichi di stupore. Tutti si sono alzati e hanno applaudito il barolista, Mauro Mascarello.

MARCO CREMONESI Non c’è dubbio. Un Barolo di razza fa ammutolire. Rende le parole superflue. Eppure, il grande vino toscano – e non soltanto i Brunelli o i super vini dalle vigne che guardano il Tirreno – conserva un fascino che ha

saputo incantare il mondo molto prima che si cominciass­e a parlare di made in Italy. Un fascino che ha stregato non soltanto Sting e magari Hannibal Lecter o Sherlock Holmes ma anche le migliaia di imprendito­ri stranieri che hanno voluto investire nei colli più belli del mondo. È fare torto al Chianti dire che nella sua magia ci sia anche il terroir più immaterial­e, quello fatto non soltanto di viti, suoli, acqua, disposizio­ni ma anche di paesaggi che evocano una vita diversa? No: il non riconoscer­lo sarebbe ingiusto e forse anche puerile. Ma anche sì. Qualche volta lo si sente teorizzare: se il Chianti non fosse così maledettam­ente bello, del suo vino si parlerebbe molto meno. E questo è invece profondame­nte ingiusto. Perché nel grande Sangiovese di Monterapon­i, di Lamole o della fattoria San Giusto troviamo bicchieri pazzeschi che mai dimentican­o la terra e i suoi succhi, mai dimentican­o quella loro vena contadina che sì, nella memoria e nel sogno si saldano con l’idillio di quei colli. Alla faccia dei vini più immaterial­i e, qualche volta, cerebrali che si bevono in questi anni sovreccita­ti.

LF Brunello o Barolo? Si può pensare a una gara, purché sia un’amichevole, una partita a scacchi tra campioni fuori dalle competizio­ni ufficiali. Ma come si fa a dire se siano più bravi i Beatles o i Rolling Stones? Sono grandi e basta. Il primo con uve di Sangiovese, il secondo con uve Nebbiolo. Il primo è caldo, carnoso, a volte ruvido, con profumi di frutta rossa e sfumature balsamiche.

«Il Barolo è rigoroso, ha nel Dna un po’ di Camillo Benso, conte di Cavour» «I grandi vini della Toscana non dimentican­o mai l’idillio che li lega alla bellezza dei loro luoghi»

Almeno cinque anni di invecchiam­ento. Il Barolo è rigoroso, austero, ha un po’ di Cavour nel Dna. Il colore è più tenue rispetto al rosso carico del Sangiovese di Montalcino. Quando arriva nel palato si sofferma docile, elegante. Tannini che non scalpitano, ma fanno sentire la potenza. Un vino per la tavola ricca di carni e tartufi. Anche il Brunello si sposa bene con le carni, ma pure con qualche piatto toscano che contiene pomodoro. Tre anni di invecchiam­ento per il Barolo, cinque per la riserva.

MC Per il Chianti, però, un problema esiste. Assai più che per il Barolo – che peraltro non ignora problemi di “vitificazi­one” d’assalto – il rischio di disorienta­mento è forte. La varietà e la proliferaz­ione di tipologie diversissi­me non aiutano a scegliere. Sotto il nome di Chianti stanno fianco a fianco le grandi riserve e vinacci sordi da 3 euro a bottiglia. Le nobili bottiglie del Gallo Nero Docg e quelle che sono fatte fuori dai pur estesi confini del disciplina­re Doc: senza cambiare nome, queste ultime si accontenta­no dell’Igp. Insomma, per bere un grande Chianti, bisogna prepararsi. Perché di fronte allo scaffale è troppo facile il non saper scegliere. Certo, i grandi nomi sono una garanzia: difficile sbagliare portando a cena un Badia a Coltibuono o un Berardenga.

LF Come si fa a stabilire un vincitore? Un’idea può essere partecipar­e a BaroloBrun­ello. È una manifestaz­ione con una cinquantin­a di cantine, una volta in

«Il vino piemontese arriva nel palato e si sofferma docile, elegante. Fa sentire la potenza» «Anche il Chianti ha molto da dire. E ciò accade a prezzi impensabil­i per il Barolo»

«Come si fa a stabilire un vincitore? Un’idea è partecipar­e alla manifestaz­ione “BaroloBrun­ello”, a Milano nel mese di novembre» «L’invecchiam­ento conta. E qui il Chianti ha molto da dire. Soprattutt­o quello delle zone più fredde, come Radda o Rùfina»

Piemonte, l’altra in Toscana. La prossima, il 18 e 19 novembre, alle Officine del Volo di Milano. Trovi i produttori di entrambi gli schieramen­ti, ognuno con il proprio banchetto, pronti a farti degustare quello che i sembra interessan­te. Un giro di un paio d’ore e esci con le idee più chiare sulle potenziali­tà mondiali dei grandi rossi d’Italia. Si impara a scoprire che il Brunello è diverso se arriva dalle zone più fresche delle colline o da quelle più calde, che ogni lato di Montalcino garantisce profumi e sapori singoli, esclusivi, non ripetibili altrove. Anche per il Barolo e il Barbaresco (pure quest’ultimo è a base di Nebbiolo) funziona così: le singole vigne, i Cru, le 181 menzioni geografich­e aggiuntive in 11 Comuni, le classifica­zioni aiutano a comprender­e la vastità del gusto rintraccia­bile. A Milano da Montalcino arriverann­o Altesino, Canalicchi­o di Sopra, Capanna, Castiglion del Bosco, Col D’Orcia, Le Potazzine, Marroneto, Mastrojann­i, Poggio di Sotto, Talenti e altri ancora. Da Barolo ecco Boroli, Burlotto, Damilano, Diego Conterno, Cogno, Fenocchio, Ratti, Voerzio e Vietti.

MC E l’invecchiam­ento? Conta. Da noi, in linea di massima, soltanto in anni relativame­nte recenti si è cominciato a dare all’annata il peso che dovrebbe avere. E qui, il Chianti ha molto da dire. Soprattutt­o quello delle zone più fredde, come Radda o Rùfina, tiene gli anni come pochi. Il bello è che ciò accade a prezzi per il Barolo impensabil­i: ho bevuto un Selvapiana riserva del 1977, da buttarsi per terra, in carta in un ristorante a 90 euro. Impossibil­e far meglio. E poi, in fondo, c’è

chi dice che i grandi Sangiovese e i grandi Nebbioli non sono poi così diversi. Non io, ma un conoscitor­e come Luca Castoldi, milanese trapiantat­o a Montepulci­ano. Io protestavo, lui mi ha fatto assaggiare un Brunello di Soldera del 2009. Qui a star zitto sono stato io. Pare che la chiave sia l’annata: anche il Brunello di Stella di Campalto quell’anno nebbiolegg­iava all’aroma di viola. Ma c’è anche chi rimanda al grande pinot nero. Il Baron Ugo di Monterapon­i nasce a Radda, ma sdegnosame­nte non porta scritto Chianti in etichetta: è un «rosso toscano». In bottiglia, guarda un po’, borgognona.

 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??
 ??  ?? A sinistra, scorcio di un paese delle Langhe, la zona collinare che si estende tra le province di Cuneo e Asti, con le Alpi sullo sfondo. A destra, vitigni in Val d’Orcia, a nord-est del monte Amiata e vicino al confine con l’Umbria.
A sinistra, scorcio di un paese delle Langhe, la zona collinare che si estende tra le province di Cuneo e Asti, con le Alpi sullo sfondo. A destra, vitigni in Val d’Orcia, a nord-est del monte Amiata e vicino al confine con l’Umbria.
 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??
 ??  ?? A sinistra, grappoli di nebbiolo, a Monforte d’Alba, nelle Langhe, in provincia di Cuneo. A destra, una bottiglia prodotta nella tenuta di Lamole, che si trova su una collina alta 500 metri, a Greve in Chianti.
A sinistra, grappoli di nebbiolo, a Monforte d’Alba, nelle Langhe, in provincia di Cuneo. A destra, una bottiglia prodotta nella tenuta di Lamole, che si trova su una collina alta 500 metri, a Greve in Chianti.
 ??  ?? A sinistra, Luciano Ferraro, il barolista. A destra, Marco Cremonesi, il brunellian­o.
A sinistra, Luciano Ferraro, il barolista. A destra, Marco Cremonesi, il brunellian­o.
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy