SETTE E MEZZO
L’autonomia regionale? Non dev’essere burocrazia e sprechi
Cara Lilli, nel mese di ottobre Lombardia e Veneto terranno i referendum per l’autonomia regionale. Non mi chiedo perché queste due regioni l’abbiano indetto, piuttosto perché altre non intendano indir - lo. Per rispondere ricorro a lei che proviene da una regione (e da una provincia) che più autonoma non si può, chiedendole ciò che presumibilmente si chiederanno quanti andranno a votare: l’autonomia locale giova al bene dell’intero Paese e, di riflesso, dell’Europa unita?
Alessandro Prandi alessandro.prandi51@gmail.com
CARO ALESSANDRO, l’autonomia del mio amato Sudtirolo-Alto Adige ha le sue radici nella necessità di tutelare una minoranza etnico-linguistica. Ma è anche un esempio di come l’autogoverno può tradursi in buongoverno. Purtroppo non si può dire lo stesso per tutte le regioni a statuto speciale. L’autonomia in sé è dunque un valore se potenzia la partecipazione e le politiche corrette, non lo è più se trasferisce in pe- riferia i vizi del centro: burocrazia, sprechi, notabilati. In Italia credo sia necessario ripensare il rapporto tra Regioni e Stato, definendo meglio le rispettive competenze e ripartendo più equamente oneri e onori (compresi quelli fiscali). Era quello che tentava di fare la riforma poi bocciata nel referendum del 4 dicembre 2016. Mi pare che materie come difesa, energia, politica estera, istruzione e diritti civili non possano essere di competenza locale. E ho qualche dubbio anche sui poteri regionali in materia di sanità, per cui oggi in Italia abbiamo di fatto 20 diversi sistemi sanitari: alcuni eccellenti, altri disastrosi. do tutto”, abbia stancato e riesca anche profondamente ridicolo? Studiate un sistema in cui sia il lettore ad avere l’ultima parola. Sarà più interessante.
Paolo Campogalliani paolo.campogalliani@alice.it
AVERE L’ULTIMA PAROLA non è il mio obiettivo quando rispondo a un lettore di 7, a un ospite di Otto e Mezzo o quando partecipo a dibattiti pubblici. Pretenderla è il difetto di chi vuole avere sempre ragione. Né i lettori né i giornalisti dovrebbero decidere l’esito di una discussione. Il desiderio di imporre le sue opinioni, caro Paolo, è l’esatto contrario di quello che proponevo con la mia riflessione sulla cultura nei quotidiani: andare oltre la terza pagina per trovare cultura e saggezza e soprattutto curiosità ed empatia per tutto ciò che è diverso. Il culto del passato è la via maestra per negare la ricchezza della nostra memoria collettiva.