CRITICO ROTANTE
Lasciatemi in pace e datemi una marmellata (dei monaci)
SE NELLA LISTA DEI DESIDERI quando scegliete una vacanza, alla prima voce vi accorgete di aver scritto “silenzio”, una meta interessante può essere il monastero di Bose. Il nome evoca una famosa marca di casse acustiche? È esattamente l’opposto. Tanto per capirsi: si rispetta il silenzio anche quando si mangia: si parla solo alla fine. Tornando all’ipotetica lista: se alla seconda riga compare “mangiare bene”, il luogo può rimanere in lizza con eventuali altre destinazioni. A Bose si mangia benissimo e anche sanissimo. I due concetti non sono antitetici: molto del cibo che viene servito in tavola è prodotto dai monaci (uomini e donne), e specialmente ciò che viene dai loro orti e frutteti è straordinario. A proposito: vanno segnalate le marmellate, che hanno pochi eguali. Se al terzo posto della lista avete per caso annotato: “Che mi si lasci in pace”, ecco un ulteriore punto a favore. Da Bose si può benissimo mettersi in contatto con il mondo esterno: c’è pure il wi-fi, che però è confinato a un’area delimitata, quindi ci si può connettere quando si vuole, ma si può anche rimanere disconnessi quanto si vuole, anche perché il telefonino non prende benissimo dappertutto.
VI CHIEDERETE A QUESTO PUNTO: d’accordo, ma che si fa a Bose? Ovvio che non è il posto ideale per chi vuole ballare o nuotare, bensì per chi vuole staccare e ritagliarsi un luogo di ri-creazione da solo o con qualcuno. Gli alloggi sono comodi, pulitissimi e i servizi impeccabili. La giornata è scandita dai ritmi della vita monastica (a cui si può o meno partecipare) e da corsi e lezioni tenuti da personalità di notevole spessore nel proprio campo. Se la quarta parola della lista è “cultura” la destinazione può essere presa in seria considerazione, indipendentemente dalle proprie convinzioni e posizioni. Il posto è molto laico, nel suo genere.