ANTROPOLOGIA POLITICA
Chi sono i grillini oggi, a 10 anni dal “Vaffa Day” e a pochi mesi dalle prossime elezioni? Sono di destra o di sinistra? Il loro modello di democrazia online funziona? Tra intenzioni (buone) ed esiti (caotici), ritratto d’autore del movimento fondato da
Ma i 5 Stelle come ragionano?
«PERCHÉ AD ALCAMO STANNO FACENDO UN LAVORO ECCEZIONALE». «Perché gli altri sono tutti ladri e corrotti». «Perché è l’unico progetto politico partecipato dal basso». «Perché Fassino/Alemanno/ Marino ha distrutto questa città». «Perché mi fido di Beppe». «Perché sono l’unica novità». «Perché con la loro incapacità faranno crollare il sistema e poi si potrà ricostruire». Da anni, quando incontro qualcuno che sostiene il Movimento 5 Stelle, sono abituato a chiedergli o chiederle le ragioni del suo voto. Le risposte che ottengo – fatta la tara agli insulti, e ai rifiuti opposti da
chi sa che ogni tanto scrivo sui giornali – sono estremamente varie, e vanno dal riferimento a un’esperienza positiva di amministrazione locale all’odio per un altro partito ridotto a un nomignolo spregiativo; dalla fiducia nelle potenzialità rivoluzionarie della democrazia diretta online all’ acce le raz ionismo di chi, sentendo una crisi in arrivo, vuole gettare benzina sul fuoco perché la catarsi sia più rapida e totale. Sarebbe ingiusto vedere nella varietà di queste risposte un segno di inconsistenza ideologica. Negli anni qualunque elettore del Pd o dell’ex Pdl ha offerto un ventaglio di giustificazioni altrettanto ampio per le sue preferenze, con l’aggiunta di quel rassegnato «perché l’ho sempre fatto» che spesso è la motivazione più profonda. Ma a pensarci bene questa domanda, fatta agli elettori di un partito “tradizionale”, ha poco senso: perché la risposta vera quanto banale è «perché sono di sinistra/di destra», che sono etichette vaghe e mutevoli e spesso vuote, ma che qualcosa ancora vogliono dire. E chi vota il Movimento 5 Stelle cos’è? Come ragiona?
IL MOVIMENTO 5 STELLE si è sempre definito «né di destra, né di sinistra», che di norma significa di destra. Eppure, per quanto oggi possa apparire implausibile, dietro la cortina fumogena dei cicli di notizie sempre più veloci e dalla propensione al revisionismo di certi suoi esponenti, nei suoi primi anni era animato da valori e parole che si riferivano esplicitamente alla sinistra più marcata, come in effetti attesta già il termine “movimento”. Un bel saggio uscito la scorsa settimana per Rosenb erg& Selli e r–Il movimento nella rete, di Paolo Ceri e Francesca Veltri – offre una ricostruzione storica molto precisa dei primi anni del M5S. All’epoca, Grillo citava come modello operativo il forum no-global di Porto Alegre; i politici che invitava come interlocutori erano Bertinotti, Pannella e Pecoraro Scanio. A leggere le prime discussioni – sul “muro del pianto”, la sezione del blog di Grillo da cui è partito tutto; nei meetup “Amici di Beppe Grillo”, da cui sono nate le prime liste civiche – appare chiaro che molti attivisti della prima ora erano persone con un passato di impegno movimentista, deluse dall’irrilevanza o dai compromessi dell’attivismo tradizionale, in cerca d’altro.
SE NEL 2009 LO SCHIERAMENTO DI RIFERIMENTO DI BEPPE GRILLO ERA IL PD, NEL 2014 A BRUXELLES HA ADERITO AL GRUPPO DELL’UKIP, IL PARTITO XENOFOBO INGLESE
Oggi questo sembra cambiato. Nel 2011 Luigi Di Maio segnalava il suo sostegno facendosi fotografare insieme a un gruppo di rifugiati, il soggetto politico più debole e oppresso che vi sia al momento in Italia; oggi è fra i primi a sostenere complotti fra ong e scafisti in nome di un “aiutiamoli a casa loro” che richiama la retorica della Lega Nord. La sindaca di Roma, e molti dei suoi collaboratori, non vengono dall’esperienza dei movimenti di sinistra ma dalla destra romana. Se nel 2009 lo schieramento politico di riferimento di Beppe Grillo era il Pd (alle cui primarie ha provato a candidarsi), nel 2014 il M5S a Bruxelles ha aderito senza esitazioni al gruppo parlamentare dell’Ukip, un partito xenofobo dell’estrema destra inglese. L’anno scorso, il blog di Grillo ha celebrato la vittoria di Trump, tracciando un paragone esplicito con M5S.
EPPURE IL PROGRAMMA DEL MOVIMENTO presenta ancora un impianto sostanzialmente di sinistra, con riferimenti frequenti – seppure a volte un po’ vaghi o semplicistici
– ai beni comuni, al reddito di cittadinanza, all’importanza di garantire un accesso democratico a istruzione e sanità. Questo programma non è stato redatto dall’alto, bensì scritto e votato dagli iscritti al M5S attraverso il “sistema operativo” Rousseau. Potrebbe quindi apparire che questi iscritti non siano completamente allineati con la faccia pubblica della dirigenza del Movimento, ma siano, per dir così, “più a sinistra” – come storicamente di sinistra è il richiamo alla democrazia diretta incarnato dalla piattaforma Rousseau. Ma quindi questi iscritti chi sono?
È SEMPRE DELICATO cercare di trarre conclusioni dai commenti che si trovano in calce a una pagina o un post. I commenti aggressivi e gli insulti sono spesso più facili da scrivere, e condividere, delle analisi ragionate; quindi il tono sarà sempre falsato
in quella direzione. Non giova il fatto che il punto di incontro in rete dei simpatizzanti del Movimento non è più tanto beppegrillo. it (che stando ai dati Alexa ha perso l’86% di traffico rispetto al picco del 2013, e riporta 100-150 commenti a post rispetto agli oltre mille di quattro anni fa), ma una frammentaria galassia di pagine Facebook. Questo rende più facile che i commenti siano accuse contro gli esterni – troll o semplicemente persone che
A sinistra, la marcia per il reddito di cittadinanza che si è svolta a maggio da Perugia ad Assisi. Poi, dall’alto, due fra i principali leader dei 5 Stelle: Luigi Di Maio, 31 anni, il più giovane vicepresidente della Camera dei Deputati nella storia della Repubblica, e Alessandro Di Battista, 39 anni
non condividono le idee esposte – o generiche dichiarazioni di appoggio anziché contributi a una discussione di idee. Sfogliando i commenti sul blog di Grillo, sulle pagine Facebook di Di Maio e Di Battista, sarebbe facile trarre la conclusione che moltissimi dei simpatizzanti del Movimento siano antivax xenofobi e ringhianti odiatori dei “pidioti”. Sarebbe una conclusione falsa. A dire il vero sul vecchio blog di Grillo la “discussione” non c’è mai stata: i commenti, di qualunque sorta, si affastellavano a migliaia uno dopo l’altro, senza possibilità di costruire conversazioni strutturate e senza che il proprietario rispondesse mai a chi gli scriveva. Nelle primarie dei cittadini 2.0 del
2009, il primo grande momento di democrazia digitale del M5S, su oltre cinquemila commenti ne è stato accolto esattamente uno. All’epoca si diceva che era un problema legato alla piattaforma, e che con Rousseau sarebbe cambiato tutto. Adesso Rousseau c’è, e se si vuole capire come si ragiona nel M5S, forse il posto dove guardare è lì.
ROUSSEAU È UN SITO a cui può accedere, come ospite, chiunque; per partecipare occorre essere iscritti da un po’ di tempo. Le due sezioni principali sono quelle in cui le proposte di legge degli eletti del M5S vengono sottoposte a “vizi di forma”, “modifiche” e “suggerimenti” degli iscritti, e quella in cui sono direttamente gli iscritti a proporre le loro leggi. Qui i commenti sono molti di meno, nell’ordine di poche decine per ogni post; e per più della metà sono generici segni di accordo: legiferare pare meno appassionante che litigare online. Ma quelli che lo fanno spesso avanzano proposte informate e ragionevoli, sembrano rafforzare l’idea della “intelligenza collettiva” che rende possibile eleggere cittadini onesti ma impreparati come portavoce di un movimento di persone con ogni sorta di competenza. Ci sono giuristi che suggeriscono come migliorare il ddl intercettazioni, nutrizionisti che precisano la composizione delle bevande alternative al latte, biologi che studiano le infezioni ospedaliere. Però il sistema non prevede la possibilità di rispondere a un messaggio – né da parte del firmatario della legge, né degli altri commentatori – e così spesso si assiste a un dialogo fra sordi, e le proposte vanno inascoltate. Questo non può essere un caso, visto che il sistema è stato progettato appositamente dal M5S. La distinzione fra “suggerimenti”, “modifiche” e “vizi di forma” è solo un’etichetta che contrassegna i post, ma non obbliga l’estensore della legge a reagire, anche solo per dire di no. Che io sappia, nessuna modifica proposta da un iscritto è stata finora apportata; su oltre tremila proposte dirette degli iscritti, ne sono state portate in parlamento sei. Il commento – tecnico e
All’insediamento di Virginia Raggi al Campidoglio, da sinistra, Carla Ruocco, Alessandro Di Battista, Roberto Fico, Roberta Lombardi (in bianco) e Gianluca Perilli
approfondito – di un poliziotto a una legge sulle intercettazioni inizia con un: «VI PREGO DI LEGGERE PER FAVORE». A vederli da qui, gli iscritti al M5S sembrano soprattutto inascoltati e soli. Eppure questa solitudine sembrano accettarla, benché neghi nella sostanza quello che nella forma è il principio di base del Movimento – la democrazia diretta, la comunicazione fra base e vertici, cioè, “portavoce” –; e continuano a commentare, rivolgendosi a rappresentanti che non rispondono.
LA DEMOCRAZIA PARLAMENTARE ci abitua a tollerare una misura di dissonanza cognitiva. Un elettore di Berlusconi della prima ora darà più peso, fra sé e sé, ai proclami della “rivoluzione liberale” che non agli anni di governo personalistico e inefficace che vi hanno fatto seguito. Un elettore del Pd preferirà dirsi di aver contribuito a far approvare le unioni civili piuttosto che a far eleggere Clemente Mastella. Qualcosa di simile vale per gli elettori del M5S, un movimento costruito sulla partecipazione in cui parlare coi rappresentanti è molto più difficile che in un partito tradizionale, dove
basta andare in sezione; un banco di prova della democrazia diretta in cui proliferano le decisioni prese dall’alto, le scomuniche a mezzo blog, i “comitati di garanti” e i contratti privati con la Casaleggio Associati; un partito né di destra né di sinistra che predica a sinistra e razzola a destra, offrendo qualcosa per tutti i gusti (a volte con espliciti falsi storici, come nel caso di una famosa intervista anti-euro che Grillo ha modificato, negli archivi del suo blog, per sostenere il contrario di ciò che diceva in origine). In effetti, il tratto ideologico dominante del M5S sembrerebbe proprio questa capacità altissima di tollerare la dissonanza – di vedere ciò che ci piace o ci rispecchia, ignorando o svalutando tutto ciò che sembra contraddirlo. George Orwell lo chiamava bispensiero.
NEL 2013, A RIDOSSO DEL PRIMO grande successo elettorale del M5S, ho scritto un breve romanzo sulla democrazia diretta online, un’idea che di per sé mi ha sempre attirato moltissimo ( La mentalità dell’alveare, Bompiani, ndr). In esso, cercavo di mostrare come l’applicazione di quell’idea rischiava di deformarla – nonostante le migliori intenzioni da cui traeva la spinta propulsiva, una rabbia giusta e un fondatissimo bisogno di rinnovamento. I meccanismi della discussione online privilegiano certi atteggiamenti rispetto ad altri (l’accusa alla difesa, la polemica all’analisi); il codice invisibile che ne istituisce le piattaforme (come Rousseau, il cui funzionamento è noto solo alla Casaleggio Associati) determina cosa vediamo e cosa possiamo fare. È a tutti gli effetti un codice legale: con la differenza che alla legge, pagandone le conseguenze, si può trasgredire, ma su Rousseau no, si può fare solo ciò che è previsto. Tutto questo fa sì che la politica online – soggetta agli arbitri della viralità, regolata da algoritmi di ranking e regole di visibilità dal funzionamento opaco, conservata in archivi mutevoli e soggetti a revisione – tende a creare una camera dell’eco in cui la realtà fattuale, politica, sociale fa sempre più fatica a penetrare. In un comizio o un’assemblea il dissenso si vede; in una votazione cartacea le schede si contano. Nella politica online, no; ed esiste solo quello che viene ammesso nelle piattaforme, selezionato dai filtri, promosso da chiunque abbia le password; e ogni confutazione sarà viziata dall’ostilità della fonte, o comunque accomodabile con un piccolo scatto ulteriore di bispensiero. «Roma è una città impeccabile, curata, pulita, decorosa» ha scritto George Orwell sul blog del M5S, a fine agosto 2017. «[…] Una città civile che sta compiendo il miracolo di far dimenticare decenni di malgoverno, di ruberie e di intrallazzi». «La guerra è pace», ha scritto Beppe Grillo nel romanzo 1984, «la libertà è schiavitù, l’ignoranza è forza». O era viceversa?
Beppe Grillo, leader e fondatore del Movimento 5 Stelle, alla Festa nazionale che si è svolta a Palermo, lo scorso settembre