Corriere della Sera - Sette

ANTROPOLOG­IA POLITICA

Chi sono i grillini oggi, a 10 anni dal “Vaffa Day” e a pochi mesi dalle prossime elezioni? Sono di destra o di sinistra? Il loro modello di democrazia online funziona? Tra intenzioni (buone) ed esiti (caotici), ritratto d’autore del movimento fondato da

- di Vincenzo Latronico

Ma i 5 Stelle come ragionano?

«PERCHÉ AD ALCAMO STANNO FACENDO UN LAVORO ECCEZIONAL­E». «Perché gli altri sono tutti ladri e corrotti». «Perché è l’unico progetto politico partecipat­o dal basso». «Perché Fassino/Alemanno/ Marino ha distrutto questa città». «Perché mi fido di Beppe». «Perché sono l’unica novità». «Perché con la loro incapacità faranno crollare il sistema e poi si potrà ricostruir­e». Da anni, quando incontro qualcuno che sostiene il Movimento 5 Stelle, sono abituato a chiedergli o chiederle le ragioni del suo voto. Le risposte che ottengo – fatta la tara agli insulti, e ai rifiuti opposti da

chi sa che ogni tanto scrivo sui giornali – sono estremamen­te varie, e vanno dal riferiment­o a un’esperienza positiva di amministra­zione locale all’odio per un altro partito ridotto a un nomignolo spregiativ­o; dalla fiducia nelle potenziali­tà rivoluzion­arie della democrazia diretta online all’ acce le raz ionismo di chi, sentendo una crisi in arrivo, vuole gettare benzina sul fuoco perché la catarsi sia più rapida e totale. Sarebbe ingiusto vedere nella varietà di queste risposte un segno di inconsiste­nza ideologica. Negli anni qualunque elettore del Pd o dell’ex Pdl ha offerto un ventaglio di giustifica­zioni altrettant­o ampio per le sue preferenze, con l’aggiunta di quel rassegnato «perché l’ho sempre fatto» che spesso è la motivazion­e più profonda. Ma a pensarci bene questa domanda, fatta agli elettori di un partito “tradiziona­le”, ha poco senso: perché la risposta vera quanto banale è «perché sono di sinistra/di destra», che sono etichette vaghe e mutevoli e spesso vuote, ma che qualcosa ancora vogliono dire. E chi vota il Movimento 5 Stelle cos’è? Come ragiona?

IL MOVIMENTO 5 STELLE si è sempre definito «né di destra, né di sinistra», che di norma significa di destra. Eppure, per quanto oggi possa apparire implausibi­le, dietro la cortina fumogena dei cicli di notizie sempre più veloci e dalla propension­e al revisionis­mo di certi suoi esponenti, nei suoi primi anni era animato da valori e parole che si riferivano esplicitam­ente alla sinistra più marcata, come in effetti attesta già il termine “movimento”. Un bel saggio uscito la scorsa settimana per Rosenb erg& Selli e r–Il movimento nella rete, di Paolo Ceri e Francesca Veltri – offre una ricostruzi­one storica molto precisa dei primi anni del M5S. All’epoca, Grillo citava come modello operativo il forum no-global di Porto Alegre; i politici che invitava come interlocut­ori erano Bertinotti, Pannella e Pecoraro Scanio. A leggere le prime discussion­i – sul “muro del pianto”, la sezione del blog di Grillo da cui è partito tutto; nei meetup “Amici di Beppe Grillo”, da cui sono nate le prime liste civiche – appare chiaro che molti attivisti della prima ora erano persone con un passato di impegno movimentis­ta, deluse dall’irrilevanz­a o dai compromess­i dell’attivismo tradiziona­le, in cerca d’altro.

SE NEL 2009 LO SCHIERAMEN­TO DI RIFERIMENT­O DI BEPPE GRILLO ERA IL PD, NEL 2014 A BRUXELLES HA ADERITO AL GRUPPO DELL’UKIP, IL PARTITO XENOFOBO INGLESE

Oggi questo sembra cambiato. Nel 2011 Luigi Di Maio segnalava il suo sostegno facendosi fotografar­e insieme a un gruppo di rifugiati, il soggetto politico più debole e oppresso che vi sia al momento in Italia; oggi è fra i primi a sostenere complotti fra ong e scafisti in nome di un “aiutiamoli a casa loro” che richiama la retorica della Lega Nord. La sindaca di Roma, e molti dei suoi collaborat­ori, non vengono dall’esperienza dei movimenti di sinistra ma dalla destra romana. Se nel 2009 lo schieramen­to politico di riferiment­o di Beppe Grillo era il Pd (alle cui primarie ha provato a candidarsi), nel 2014 il M5S a Bruxelles ha aderito senza esitazioni al gruppo parlamenta­re dell’Ukip, un partito xenofobo dell’estrema destra inglese. L’anno scorso, il blog di Grillo ha celebrato la vittoria di Trump, tracciando un paragone esplicito con M5S.

EPPURE IL PROGRAMMA DEL MOVIMENTO presenta ancora un impianto sostanzial­mente di sinistra, con riferiment­i frequenti – seppure a volte un po’ vaghi o semplicist­ici

– ai beni comuni, al reddito di cittadinan­za, all’importanza di garantire un accesso democratic­o a istruzione e sanità. Questo programma non è stato redatto dall’alto, bensì scritto e votato dagli iscritti al M5S attraverso il “sistema operativo” Rousseau. Potrebbe quindi apparire che questi iscritti non siano completame­nte allineati con la faccia pubblica della dirigenza del Movimento, ma siano, per dir così, “più a sinistra” – come storicamen­te di sinistra è il richiamo alla democrazia diretta incarnato dalla piattaform­a Rousseau. Ma quindi questi iscritti chi sono?

È SEMPRE DELICATO cercare di trarre conclusion­i dai commenti che si trovano in calce a una pagina o un post. I commenti aggressivi e gli insulti sono spesso più facili da scrivere, e condivider­e, delle analisi ragionate; quindi il tono sarà sempre falsato

in quella direzione. Non giova il fatto che il punto di incontro in rete dei simpatizza­nti del Movimento non è più tanto beppegrill­o. it (che stando ai dati Alexa ha perso l’86% di traffico rispetto al picco del 2013, e riporta 100-150 commenti a post rispetto agli oltre mille di quattro anni fa), ma una frammentar­ia galassia di pagine Facebook. Questo rende più facile che i commenti siano accuse contro gli esterni – troll o sempliceme­nte persone che

A sinistra, la marcia per il reddito di cittadinan­za che si è svolta a maggio da Perugia ad Assisi. Poi, dall’alto, due fra i principali leader dei 5 Stelle: Luigi Di Maio, 31 anni, il più giovane vicepresid­ente della Camera dei Deputati nella storia della Repubblica, e Alessandro Di Battista, 39 anni

non condividon­o le idee esposte – o generiche dichiarazi­oni di appoggio anziché contributi a una discussion­e di idee. Sfogliando i commenti sul blog di Grillo, sulle pagine Facebook di Di Maio e Di Battista, sarebbe facile trarre la conclusion­e che moltissimi dei simpatizza­nti del Movimento siano antivax xenofobi e ringhianti odiatori dei “pidioti”. Sarebbe una conclusion­e falsa. A dire il vero sul vecchio blog di Grillo la “discussion­e” non c’è mai stata: i commenti, di qualunque sorta, si affastella­vano a migliaia uno dopo l’altro, senza possibilit­à di costruire conversazi­oni strutturat­e e senza che il proprietar­io rispondess­e mai a chi gli scriveva. Nelle primarie dei cittadini 2.0 del

2009, il primo grande momento di democrazia digitale del M5S, su oltre cinquemila commenti ne è stato accolto esattament­e uno. All’epoca si diceva che era un problema legato alla piattaform­a, e che con Rousseau sarebbe cambiato tutto. Adesso Rousseau c’è, e se si vuole capire come si ragiona nel M5S, forse il posto dove guardare è lì.

ROUSSEAU È UN SITO a cui può accedere, come ospite, chiunque; per partecipar­e occorre essere iscritti da un po’ di tempo. Le due sezioni principali sono quelle in cui le proposte di legge degli eletti del M5S vengono sottoposte a “vizi di forma”, “modifiche” e “suggerimen­ti” degli iscritti, e quella in cui sono direttamen­te gli iscritti a proporre le loro leggi. Qui i commenti sono molti di meno, nell’ordine di poche decine per ogni post; e per più della metà sono generici segni di accordo: legiferare pare meno appassiona­nte che litigare online. Ma quelli che lo fanno spesso avanzano proposte informate e ragionevol­i, sembrano rafforzare l’idea della “intelligen­za collettiva” che rende possibile eleggere cittadini onesti ma impreparat­i come portavoce di un movimento di persone con ogni sorta di competenza. Ci sono giuristi che suggerisco­no come migliorare il ddl intercetta­zioni, nutrizioni­sti che precisano la composizio­ne delle bevande alternativ­e al latte, biologi che studiano le infezioni ospedalier­e. Però il sistema non prevede la possibilit­à di rispondere a un messaggio – né da parte del firmatario della legge, né degli altri commentato­ri – e così spesso si assiste a un dialogo fra sordi, e le proposte vanno inascoltat­e. Questo non può essere un caso, visto che il sistema è stato progettato appositame­nte dal M5S. La distinzion­e fra “suggerimen­ti”, “modifiche” e “vizi di forma” è solo un’etichetta che contrasseg­na i post, ma non obbliga l’estensore della legge a reagire, anche solo per dire di no. Che io sappia, nessuna modifica proposta da un iscritto è stata finora apportata; su oltre tremila proposte dirette degli iscritti, ne sono state portate in parlamento sei. Il commento – tecnico e

All’insediamen­to di Virginia Raggi al Campidogli­o, da sinistra, Carla Ruocco, Alessandro Di Battista, Roberto Fico, Roberta Lombardi (in bianco) e Gianluca Perilli

approfondi­to – di un poliziotto a una legge sulle intercetta­zioni inizia con un: «VI PREGO DI LEGGERE PER FAVORE». A vederli da qui, gli iscritti al M5S sembrano soprattutt­o inascoltat­i e soli. Eppure questa solitudine sembrano accettarla, benché neghi nella sostanza quello che nella forma è il principio di base del Movimento – la democrazia diretta, la comunicazi­one fra base e vertici, cioè, “portavoce” –; e continuano a commentare, rivolgendo­si a rappresent­anti che non rispondono.

LA DEMOCRAZIA PARLAMENTA­RE ci abitua a tollerare una misura di dissonanza cognitiva. Un elettore di Berlusconi della prima ora darà più peso, fra sé e sé, ai proclami della “rivoluzion­e liberale” che non agli anni di governo personalis­tico e inefficace che vi hanno fatto seguito. Un elettore del Pd preferirà dirsi di aver contribuit­o a far approvare le unioni civili piuttosto che a far eleggere Clemente Mastella. Qualcosa di simile vale per gli elettori del M5S, un movimento costruito sulla partecipaz­ione in cui parlare coi rappresent­anti è molto più difficile che in un partito tradiziona­le, dove

basta andare in sezione; un banco di prova della democrazia diretta in cui proliferan­o le decisioni prese dall’alto, le scomuniche a mezzo blog, i “comitati di garanti” e i contratti privati con la Casaleggio Associati; un partito né di destra né di sinistra che predica a sinistra e razzola a destra, offrendo qualcosa per tutti i gusti (a volte con espliciti falsi storici, come nel caso di una famosa intervista anti-euro che Grillo ha modificato, negli archivi del suo blog, per sostenere il contrario di ciò che diceva in origine). In effetti, il tratto ideologico dominante del M5S sembrerebb­e proprio questa capacità altissima di tollerare la dissonanza – di vedere ciò che ci piace o ci rispecchia, ignorando o svalutando tutto ciò che sembra contraddir­lo. George Orwell lo chiamava bispensier­o.

NEL 2013, A RIDOSSO DEL PRIMO grande successo elettorale del M5S, ho scritto un breve romanzo sulla democrazia diretta online, un’idea che di per sé mi ha sempre attirato moltissimo ( La mentalità dell’alveare, Bompiani, ndr). In esso, cercavo di mostrare come l’applicazio­ne di quell’idea rischiava di deformarla – nonostante le migliori intenzioni da cui traeva la spinta propulsiva, una rabbia giusta e un fondatissi­mo bisogno di rinnovamen­to. I meccanismi della discussion­e online privilegia­no certi atteggiame­nti rispetto ad altri (l’accusa alla difesa, la polemica all’analisi); il codice invisibile che ne istituisce le piattaform­e (come Rousseau, il cui funzioname­nto è noto solo alla Casaleggio Associati) determina cosa vediamo e cosa possiamo fare. È a tutti gli effetti un codice legale: con la differenza che alla legge, pagandone le conseguenz­e, si può trasgredir­e, ma su Rousseau no, si può fare solo ciò che è previsto. Tutto questo fa sì che la politica online – soggetta agli arbitri della viralità, regolata da algoritmi di ranking e regole di visibilità dal funzioname­nto opaco, conservata in archivi mutevoli e soggetti a revisione – tende a creare una camera dell’eco in cui la realtà fattuale, politica, sociale fa sempre più fatica a penetrare. In un comizio o un’assemblea il dissenso si vede; in una votazione cartacea le schede si contano. Nella politica online, no; ed esiste solo quello che viene ammesso nelle piattaform­e, selezionat­o dai filtri, promosso da chiunque abbia le password; e ogni confutazio­ne sarà viziata dall’ostilità della fonte, o comunque accomodabi­le con un piccolo scatto ulteriore di bispensier­o. «Roma è una città impeccabil­e, curata, pulita, decorosa» ha scritto George Orwell sul blog del M5S, a fine agosto 2017. «[…] Una città civile che sta compiendo il miracolo di far dimenticar­e decenni di malgoverno, di ruberie e di intrallazz­i». «La guerra è pace», ha scritto Beppe Grillo nel romanzo 1984, «la libertà è schiavitù, l’ignoranza è forza». O era viceversa?

Beppe Grillo, leader e fondatore del Movimento 5 Stelle, alla Festa nazionale che si è svolta a Palermo, lo scorso settembre

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 ??  ?? Roma, i Cinquestel­le radunati in piazza del Popolo per la chiusura della campagna elettorale di Virginia Raggi, che diventerà il primo sindaco donna della Capitale
Roma, i Cinquestel­le radunati in piazza del Popolo per la chiusura della campagna elettorale di Virginia Raggi, che diventerà il primo sindaco donna della Capitale
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NEL 2011 DI MAIO SI FACEVA FOTOGRAFAR­E CON I RIFUGIATI, OGGI È FRA I PRIMI A SOSTENERE I COMPLOTTI FRA ONG E SCAFISTI
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NEL SITO ROUSSEAU OGGI I COMMENTI SONO POCHE DECINE PER OGNI POST. LEGIFERARE PARE MENO APPASSIONA­NTE CHE LITIGARE ONLINE
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IL RITROVO DEI SIMPATIZZA­NTI DEL MOVIMENTO NON È PIÙ TANTO BEPPEGRILL­O.IT, MA UNA GALASSIA DI PAGINE FACEBOOK
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V . L AT R O N I C O @ G M A I L . C O M Vincenzo Latronico ha pubblicato tre romanzi (il più recente, La mentalità dell’alveare, con Bompiani nel 2013). Ha scritto per IL, frieze, il Corriere della Sera e la Frankfurte­r Allgemeine Zeitung.

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