INTERVISTA CLASSICA - QUESTO NON LO SCRIVA
Francesco Pigliaru: «In Sardegna non si costruirà niente di nuovo nei 300 metri dal mare»
Ha firmato tagli alla sanità («Per concentrare le eccellenze») e un decreto che permetterà agli alberghi entro i 300 metri dal mare di ingrandirsi del 25% («Ma con un tetto»). Il governatore della Sardegna parla di turismo, piste ciclabili, edilizia scolastica, trasporti. E della sua popolarità in calo: «Siamo nel mezzo di un cantiere, la gente deve ancora vederne i vantaggi»
PRESIDENTE, partiamo dal famigerato ddl 409 sul territorio, presto al vaglio del Consiglio regionale. L’articolo 31 consente agli alberghi, anche entro i 300 metri dal mare, di aumentare i volumi fino al 25%. Questa percentuale è un dogma? «No, non è un dogma. Ma bisogna capire bene di cosa stiamo parlando. In Sardegna sono 140 gli alberghi con i requisiti per la riqualificazione che non hanno già sfruttato l’opportunità di ampliamento offerta dal governo Cappellacci. Secondo le stime dell’assessorato, ipotizzando che tutti chiedano l’incremento del 25%, l’aumento del consumo del suolo dovrebbe essere inferiore allo 0,5%». Onestamente pensavo di più. Non crede, però, che l’incremento volumetrico di un quarto possa essere tantissimo per strutture già grandi? «Infatti mi sono impegnato perché sia fissato un tetto. Il 25 per cento può essere poco per una piccola struttura,
ma tantissimo per un’altra. Attenzione, però: a differenza di come avvenne con Cappellacci, questi aumenti di volume sono vincolati al progetto di destagionalizzare il turismo. Perché è questo l’argomento di interesse pubblico alla radice dell’impianto: stabilizzare l’occupazione, diventare più competitivi adeguando i servizi a quello che chiede oggi il mercato. E se strutture grandi vogliono costruire una sala congressi, lo faranno rinunciando a un numero di camere che già hanno». Chi controllerà gli interventi? «Ci sarà una commissione, definiremo le regole. Con questa legge, però, non stiamo dando incentivi economici. Il presupposto della buona fede ci deve essere». Ancora una domanda sul ddl: l’articolo 43, di fronte a progetti di particolare rilevanza economica e sociale, autorizza accordi tra investitori e governo regionale in deroga al Piano paesaggistico. Passeranno da qui nuove costruzioni sulla spiaggia? «No, non si costruirà niente di nuovo nei 300 metri dal mare e se occorre specificarlo ulteriormente lo faremo. La Sardegna, su 15 regioni con tratti costieri, è al quattordicesimo posto per l’uso del suolo sulla costa: non intendiamo cambiare. Ma ci sono zone dove si è costruito tanto: la Gallura, Villasimius. E altre, come il Sulcis, che hanno pochissime strutture ricettive. Sarebbe bello incoraggiare interventi ecosostenibili per uno sviluppo turistico anche in queste zone: creerebbero importanti opportunità di lavoro».
Francesco Pigliaru lo incontriamo nella sede della Regione Sardegna a Roma, di rientro da Bruxelles, dove ha guidato l’ultima riunione del suo mandato da presidente della Commissione Enve (Ambiente, energia, cambiamenti climatici), e prima di un vertice a Palazzo Chigi. Camicia bianca, pantaloni cachi, giacca blu, si presta a una chiacchierata di due ore e dieci interrotta solo da un caffè e un bicchier d’acqua.
Presidente, lei è penultimo nella classifica italiana del gradimento dei governatori da parte degli elettori (Governance Poll 2016 Ipr Marketing-Sole 24 Ore). Ha perso il 12,5% rispetto al 2014, quando fu votato da 312.982 sardi. Come lo spiega? «Siamo nel mezzo del cantiere, la gente si sente toccata nei suoi interessi e reagisce, non riesce ancora a vederne i vantaggi. È appena successo con la riforma sanitaria». Avete ridotto le aziende sanitarie da otto a una: la Ats, Azienda tutela salute Sardegna. Il sindaco di Cagliari, Massimo Zedda, dice che i tagli alla sanità si trasformeranno in tagli alla cura delle persone. Denuncia il ridimensionamento dei centri trasfusionali, la soppressione del Binaghi, istituto di eccellenza per la sclerosi multipla, l’accorpamento all’Oncologico di chirurgia del seno con chirurgia generale. «Intanto il Binaghi non chiude: alcune funzioni saranno concentrate all’ospedale Brotzu e al Policlinico (sempre a Cagliari, ndr). Nel caso della chirurgia da lei citato, il punto è vedere se il servizio migliora o peggiora. In sanità, per migliorare la qualità del servizio è necessario concentrare le eccellenze, ed è quello che intendiamo fare a Cagliari e a Sassari, e non soltanto lì». Non favorirà i viaggi della speranza in “Continente”? «Al contrario. Abbiamo calcolato 60 milioni di spese erogate fuori dalla Sardegna. Vogliamo che quelle patologie possano essere curate nell’isola in modo adeguato». Passiamo al Sulcis. Perché non si riesce a trovare un’alternativa occupazionale al carbone? Come ha fatto notare Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera, lei da economista scrisse che la produzione di allumina a Portovesme era un’operazione antieconomica. «Quando scrivevo da economista parlavo di situazione a regime. Quando fai politica devi gestire le transizioni. Finché ci saranno imprenditori che vogliono tenere aperti gli impianti, la nostra preoccupazione deve essere soltanto che questo avvenga nella legalità». Il Parlamento europeo ha appena approvato una risoluzione per l’embargo sulla vendita delle armi all’Arabia Saudita. In Sardegna vengono prodotte da Rwm Italia a Domusnovas. Interverrà? «È un problema dello Stato, che dovrà recepire la risoluzione». È vero, come sostiene l’ex governatore Mauro Pili, che in Sardegna si farà il deposito unico per lo smaltimento di scorie radioattive? «Manco per sogno. Abbiamo già una presenza di servitù militari piuttosto alta. La Sardegna è nuclear free e siamo pronti a combattere fino in fondo». Oggi il turismo vale il 7 per cento del prodotto interno lordo sardo. Lei vorrebbe che la Sardegna vivesse di turismo nove mesi l’anno. Ma allora le sembra normale che il Trenino Verde, la linea ferroviaria turistica dell’isola, abbia interrotto le corse il 9 settembre? «Sono d’accordo con lei. Lì c’è bisogno di un intervento molto costoso. Lo stiamo risolvendo. Ora però mi faccia
«Venire in Sardegna costa troppo. Vogliamo dare contributi a chi porta turisti in bassa stagione»
anche parlare delle cose belle: lavoriamo su oltre 2.000 chilometri di piste ciclabili, di cui 1.230 di ciclovia turistica, che sarà uno dei percorsi più lunghi d’Italia». Benissimo. Ma se un cicloturista per andare in treno da Sassari a Cagliari impiega fino a tre ore e mezzo, e sono 213 chilometri, dov’è l’attrattività? «Abbiamo ottenuto dal governo 400 milioni per collegare su rotaie i tre aeroporti: l’obiettivo è di riuscire a fare Cagliari-Sassari in 2 ore e 8 minuti entro il 2019. Regole di sicurezza rendono complicato raggiungerlo nei tempi». Per far arrivare i turisti ci vogliono anche tariffe più vantaggiose sul viaggio. A cosa serve avere uno statuto speciale se non ci aiuta a intervenire sui prezzi? «Sì, venire in Sardegna costa troppo. E la nostra posizione nei confronti delle regioni concorrenti è peggiorata: non possiamo usufruire dei vantaggi della sharing economy, delle ferrovie, delle autostrade. I nostri interlocu- tori al governo e in Europa non lo capiscono». Allora facciamoglielo capire! «La nostra proposta prevede prezzi uguali per residenti e non residenti dieci mesi l’anno; nei due mesi di deroga, luglio e agosto, i prezzi non possono superare il doppio di quanto riservato ai residenti. Negli aeroporti di Olbia e Alghero è stata accolta; purtroppo il bando su quello di Cagliari è andato inevaso». Cos’altro state facendo sui collegamenti? «Con i governatori di Corsica e Isole Baleari abbiamo firmato una dichiarazione congiunta, e a luglio abbiamo chiesto al ministro Graziano Delrio di accompagnarci a presentarla alla Commissione europea. Puntiamo sul cosiddetto mobility compact: consiste nell’erogare un contributo ai vettori aerei per assicurare l’aumento dei turisti in bassa stagione; il corrispettivo sarà riconosciuto solo se si raggiungono gli obiettivi. È un intervento po-
tenzialmente molto redditizio, se si pensa per esempio che la Sardegna trattiene i 9 decimi dell’Iva». E per le navi? «C’è il rischio di creare una posizione dominante, per di più finanziata dallo Stato. Abbiamo chiesto da tempo di riscrivere la convenzione della Tirrenia per stabilire il diritto alla mobilità dei sardi e favorire lo sviluppo turistico». Nuoro e Oristano sono candidate a Capitale italiana della Cultura nel 2020. Di fronte a questa prospettiva, come può accettare che un ente regionale quale il Consorzio per la pubblica lettura Sebastiano Satta, a Nuoro, sia costretto a ridimensionare i servizi? La biblioteca chiude il venerdì pomeriggio, la sezione sarda apre solo la mattina ed è stata soppressa la succursale di Monte Gurtei, che non è rilevante, ma è il quartiere dove sono nata, quindi mi spiace ancora di più. «Abbiamo ereditato una situazione ingarbugliata, con una gestione condivisa tra Regione, Provincia e Comune. Ci avviamo a risolverla attraverso un nuovo soggetto giuridico che le permetterà di avere un futuro. La cultura
«Un deposito di scorie nucleari sull’isola? Manco per sogno. La Sardegna è nuclear free »
è il primo patrimonio da tutelare, come dimostra il grande investimento sulla scuola». Ce lo racconti. «Oltre 200 milioni investiti nell’edilizia scolastica, più di mille cantieri aperti, che hanno creato tremila posti di lavoro, reddito a sostegno delle famiglie più povere, a patto che mantengano a scuola i figli». La dispersione scolastica in Sardegna è del 18,1 per cento: la media Ue è del 10,7. «Ma tre anni fa era del 23,5%». E della disoccupazione al 17,3 per cento cosa vogliamo dire? Media europea 8,6, media italiana 11,7. «Che nel secondo trimestre del 2017 è scesa al 15». Cosa fa per rilassarsi? «Corro». E che musica ascolta? «I Rolling Stones. Non sono andato a Lucca sabato scorso. Ma li ho visti a Napoli nel 1982».