SETTE E MEZZO
Perché gli Usa non hanno detto tutta la verità su Giulio Regeni?
Cara Lilli, arriveremo mai a scoprire cosa sia successo in Egitto al giovane ricercatore italiano Giulio Regeni più di un anno e mezzo fa? Il tempo passa e la verità non riesce a emergere. Anche l’ultima documentazione che i magistrati italiani hanno ricevuto dai loro colleghi del Cairo lo scorso 14 agosto non rivela alcun particolare importante sulla tragica morte di Giulio. Siamo a un punto morto dell’indagine. Se non si riuscirà a permettere ai nostri investigatori di interrogare direttamente o di partecipare all’audizione dei tre ufficiali della National security, che stanno conducendo le indagini, tutto inevitabilmente stazionerà su un binario morto. Non sarebbe una pagina degna del nostro Paese, né il giusto riconoscimento alla memoria del giovane ricercatore italiano e alla dignità che stanno mostrando in modo educato e generoso i suoi genitori sin dal primo momento.
Nicola Campoli nicolacampoli1967@gmail.com CARO NICOLA, auguro di cuore alla famiglia Regeni di arrivare a un po’ di pace con la rivelazione di quella che lei chiama la “verità” sul tragico destino di Giulio. Purtroppo non credo che avverrà mai. Il Medioriente, l’Egitto, e in questo caso l’Italia, non sono nuovi a questo genere di morti misteriose. Viviamo in un mondo in cui si può essere vittime di fatali logiche perverse. E in cui i pochi che conoscono la verità mai la diffonderanno in pubblico. In estate, il New York Times Magazine ha pubblicato una lunga inchiesta, ripresa anche dalla stampa italiana, sulla morte del giovane dottorando. Raccontava che l’allora presidente americano Obama aveva fornito all’allora premier Renzi informazioni top secret sul coinvolgimento delle autorità egiziane nell’uccisione di Giulio. Un gesto di amicizia tra due Paesi che hanno molti interessi in comune. L’articolo rivelava anche che gli americani si erano però rifiutati di dare un nome alla loro fonte, cioè di dire quale agenzia dei servizi segreti egiziani fosse coinvolta nelle atroci torture e nel barbaro assassinio di Regeni. La ragione addotta da Washington era che gli Stati Uniti non volevano compromettere i loro informatori all’interno delle strutture di potere egiziane. Allora la questione è: a cosa servono gli amici se non ti raccontano fino in fondo le cose che sanno?
Cara Lilli, quando guardo alcuni talk show a sfondo politico mi chiedo se il programma televisivo faccia più bene al politico (dà visibilità) o il politico faccia bene al programma televisivo. Lei l’ha capito?
Marco Sostegni marcosostegni1@gmail.com
CARO MARCO, in democrazia l’informazione politica è un diritto del cittadino e un dovere dei giornalisti. A beneficiarne non dovrebbe essere né il politico né la trasmissione, ma lo spettatore che riesce a formarsi un’opinione.