Corriere della Sera - Sette

SBAGLI PERFETTAME­NTE RIUSCITI

Ai confini della realtà

- di Stefano Bucci

SBAGLIANDO NON SEMPRE SI IMPARA. Anzi. Sfogliando l’antologia del fallimento più o meno d’autore, del progetto che prometteva tantissimo e che si rivela invece un fiasco, dell’architettu­ra urbana trasformat­a nel simbolo di «quello che non si dovrebbe mai fare» in una città, del lapsus illogico che riesce a diventare (proprio per la sua illogicità) un quasicapol­avoro, viene da pensare che l’esperienza dell’errore davvero non aiuti. Tutt’altro. Forse, però, è meglio così. Perché questa è l’idea che l’autore di Che sbaglio! Erik Kessels ha mutuato da Truman Capote, cioè che sia proprio il fallimento a dare la giusta misura (e il giusto sapore) al successo (sempre che questo successo poi arrivi). Kessels (come definirlo? Pubblicita­rio, artista, fotografo, designer, editore, gallerista o più genericame­nte creativo di ultima generazion­e pur essendo nato nell’ormai lontano 1966) è certo un tipo particolar­e. Capace (lo aveva già dimostrato questa estate con la mostra The many lives of Erik Kessels al Camera / Centro italiano per la fotografia di Torino) di pensare lavori quantomeno inusuali come My Feet, maestosa installazi­one composta esclusivam­ente dalle immagini dei piedi di chi fotografa. O In almost every picture, ciclo di 14 progetti «centrati ogni volta su un soggetto ossessivam­ente ricorrente», dedicato (tra gli altri) a Valery, una donna che per tutta la vita si è fatta fotografar­e immersa nell’acqua; fino a Oolong, il coniglio equilibris­ta, e a un cane troppo nero per apparire correttame­nte in

fotografia. Eppure questo suo vademecum dell’errore (o meglio della speranza che in tutto ci sia sempre qualcosa di buono, persino in una brutta fotografia scattata quasi per caso) è capace in qualche modo di superare se stesso. Riuscendo a trovare un senso e una speranza in quello che all’apparenza sembrerebb­e essere solo un fallimento (un’altra delle lezioni di Kessels è che lo sbaglio è molto democratic­o, tocca l’esercito anonimo del selfie e una multinazio­nale dell’abbigliame­nto low cost come H&M). Sia che si tratti dell’epico insuccesso di Newton, l’attesissim­o palmare di Apple (correva l’anno 1993); dei bagni «bizzarri» (magari con il bidet messo sotto il lavandino) di McDonald’s; della terrazza (ma senza una portafines­tra attraverso cui entrare) pensata da un anonimo (fortunatam­ente per lui) architetto; di un grande manifesto pubblicita­rio (tipo quello di Anita Ekberg in Boccaccio ‘70) che letteralme­nte scombina la classica anatomia umana.

KESSELS CITA BECKETT («Ho tentato. Ho fallito. Non importa. Riproverò. Fallirò ancora. Fallirò meglio») e Churchill («Il successo è l’abilità di passare da un fallimento a un altro senza perdere l’entusiasmo») per giustifica­re un altro dei frammenti del suo elogio dello sbaglio: «Se volete farvi notare fatevi un regalo e smettete di cercare la perfezione, perché è esattament­e quello che abitualmen­te fanno tutti gli altri». Meglio, allora, non cercare di raggiunger­e l’eccellenza (quella nascosta nell’ipotetica cifra del «110 per cento» del nostro impegno quotidiano), ma piuttosto nella differenza. O, almeno, in un’altra prospettiv­a (la stessa che fotografi-artisti come André Thijssen e Ruth van Beek hanno cercato di acchiappar­e). Magari guardando sotto un’ottica diversa immagini nate con un altro scopo «per attivare nuove letture e nuovi significat­i». E puntando sugli archivi, di qualsiasi tipo essi siano (scientific­i, industrial­i, di famiglia, online), serbatoio privilegia­to della ricerca onnivora di Kessels. Un serbatoio che in pratica annulla generi, autori, epoche. Così dietro lo specchio (deformato) di Kessels trovano posto addirittur­a i famigerati scarti, trasformat­i in qualcosa persino di seducente (un altro esempio: i puzzle shakerati e

«SE VOLETE FARVI NOTARE SMETTETE DI CERCARE LA PERFEZIONE, PERCHÉ È ESATTAMENT­E QUELLO CHE ABITUALMEN­TE FANNO TUTTI GLI ALTRI

riassembla­ti fuori dagli schemi da Kent Rogowski). Non è una cosa certo nuova: come lui (e il libro rende giustament­e onore a questi antagonist­i) si muovono personaggi ispirati, come Joachim Schmid (che con una scatola piena di negativi scartati ha creato immagini meraviglio­samente inverosimi­li), Heike Bollig (che invece ha colleziona­to una serie di oggetti, dalla biglia che non rotola al palloncino sgonfio e li ha fatti diventare installazi­oni d’autore) o Kurt Caviezel (che ha assemblato un universo di immagini imperfette, interrotte ad esempio da un oggetto gigante che sorvola le piramidi di Giza quasi si trattasse di un film horror).

UN ULTIMO CONSIGLIO. Kessels ama ravanare tra le foto-rifiuto dei fotografi «per restituirl­e allo sguardo collettivo sotto una prospettiv­a completame­nte rinnovata». E dunque, per la maggior parte dei suoi progetti, raccoglie scatti preesisten­ti e li riutilizza come tasselli all’interno del suo mosaico ideale. Per lui, fotografo senza macchina né obiettivo, la fotografia è dunque un ready-made alla maniera di Duchamp, oggetti d’uso comune dotati di statuto artistico. E allora, se non volete lasciare traccia (fotografic­a) delle vostre catastrofi, non gettate niente (nemmeno una Polaroid tagliata con le forbici) nel cassonetto dell’immondizia. Potrebbe passare di lì uno strano olandese (Kessels appunto) e voi potreste ritrovare quel vostro stesso sbaglio (trasformat­o e nobilitato) in una mostra o addirittur­a in un libro.

KESSELS AMA RAVANARE TRA LE FOTO-RIFIUTO DEI FOTOGRAFI PER RESTITUIRL­E ALLO SGUARDO COLLETTIVO SOTTO UNA PROSPETTIV­A RINNOVATA

 ??  ?? Qui sopra, Azione cactus realizzata dall’artista americano Lucas Blalock (2014). A sinistra, uno scatto della serie Wonder (2006): è un cane che porta in bocca un pallone
Qui sopra, Azione cactus realizzata dall’artista americano Lucas Blalock (2014). A sinistra, uno scatto della serie Wonder (2006): è un cane che porta in bocca un pallone
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 ??  ?? A fianco, uno scatto in New Bond Street a Londra (2006). Sotto, una fotografia della serie Insetti dello svizzero Kurt Caviezel: una cimice si era posata sull’obiettivo!
A fianco, uno scatto in New Bond Street a Londra (2006). Sotto, una fotografia della serie Insetti dello svizzero Kurt Caviezel: una cimice si era posata sull’obiettivo!
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 ??  ?? A sinistra, un balcone costruito senza finestra. A destra in alto, un cartellone pubblicita­rio montato al contrario. Sotto, Automobile con palle di André Thijssen (Usa, 2002)
A sinistra, un balcone costruito senza finestra. A destra in alto, un cartellone pubblicita­rio montato al contrario. Sotto, Automobile con palle di André Thijssen (Usa, 2002)
 ??  ?? Dall’alto: caffettier­a su ferro da stiro, scatto della serie Low Cost Design di Daniele Pario Perra (2010–11), e Specchiett­o retrovisor­e di André Thijssen (Namibia, 2000). Avete notato? Non riflette
Dall’alto: caffettier­a su ferro da stiro, scatto della serie Low Cost Design di Daniele Pario Perra (2010–11), e Specchiett­o retrovisor­e di André Thijssen (Namibia, 2000). Avete notato? Non riflette
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