BICI ROMANTICHE
Che fatica pedalare dalla Tour Eiffel a Westminster
NO. NON È L’INEGUAGLIABILE Coppa Cobram di Fantozzi. È una spedizione, lenta, lentissima, al centro dell’Europa. Quella di Pommereux, un puntino sulla carta della Senna Marittima, dove ci viene incontro un vecchio, barba bianca e un alano, che chiede: « La chaîne a déraillé? ». Sì, la catena è caduta e la salita aspetta. O di Gisors dove, cercando la rocca dei templari, abbiamo smarrito la retta via, e ci incalzano, «ma dove andate?». Noi, modestamente: da Parigi a Londra, en vélo. « Génial ». Traduzione possibile, la più appropriata: che figata. Quanta Europa si può respirare ciottolo per ciottolo pedalando da Notre Dame a Westminster Bridge. Dopo l’Olanda, da Amsterdam alle isole Frisone, dopo il Danubio da Vienna a Budapest, dopo la Carinzia, la Sicilia e il tour da Bologna a Venezia lungo il Delta del Po, l’ho coccolata per anni questa Avenue Verte. Gli inglesi la chiamano Greenway. È la ciclabile inaugurata per le Olimpiadi del 2012 per collegare le due capitali cugine e rivali. Bene, come organizzarsi? So che non potrò portare con me la mia Bianchi Topazio, compagna di tante avventure, e mi affido a un’agenzia: noleggio bici, alberghi e trasporto bagagli, perché la meta è lontana e i chilometri sono tanti. Del resto, è un’organizzazione efficiente e già sperimentata. Alla partenza siamo in due: ho convinto Martino, un amico. Certo, nessuno è perfetto, anche lui è un giornalista, ma non mancano affinità elettive: non si interrompe il giro se piove, non si cercano scorciatoie sui treni locali, non si corre. Lo scopo del viaggio è il viaggio. Si pedala con calma, per lasciar depositare ogni sfumatura. Se ci sono troppe salite e le gambe ballano, si procede bici a mano. La partenza da Parigi avviene in una mattinata con il cielo basso. Ore 10.30 di domenica: qualche pattuglia di ragazzini in divisa con il mitra al collo, pochi intimi in coda al Louvre, turisti ancora sottocoperta. La Tour Eiffel, l’Arco di Trionfo, il Bois de Boulogne e la periferia non amichevole di Nanterre. Via, per
Saint-Germer-de-Fly, 1.794 abitanti. In piazza una drogheria con girelle alla crema da non sollevare più i pedali, pain aux raisins. E un’abbazia gotica. Più Il nome della rosa o I pilastri della terra? Mancano i negozi da frutta, perché la grande distribuzione se li è portati via: «È così anche da voi, en Italie? ». Oggi niente nettarine. E ancora, Amécourt, villaggio da 178 abitanti ormai nell’Alta Normandia, dove ci raggiunge un signore che un po’ ansima su una vecchia bici da corsa scrostata, forse una Bottecchia: «Volete entrare in casa e bere?».
LE ACQUE MALMOSTOSE DI DUNKERQUE sono ancora lontane. Ma si ferma un ragazzo con l’elmetto Brodie dei soldati inglesi della Seconda guerra mondiale e un carretto con valigia agganciato alla bici. Ha perso il portafoglio, vive a Parigi e vuole fare una puntatina a Londra, dove si sono trasferiti i genitori. «Forse me l’hanno rubato» ci dice. Si accosta, fa qualche chilometro con noi, setaccia la strada, poi inverte le due ruote e svanisce in direzione della
Senna. Scorrono via, nell’abbraccio languido delle colline, le immagini dei borghi che pian piano diventano Normandia. Cergy, Gisors, Giverny con la casa e le ninfee di Monet. E le boîtes à lire, compagne di viaggio: contenitori lungo la ciclabile con volumi per i viaggiatori interessati a una pausa dell’anima. Su, su, fino al porto di Dieppe, su una vecchia ferrovia diventata ciclabile con le casette che sembrano già cottage inglesi. Con noi si imbarca anche un’allegra coppia di cicloturisti di Sheffield: sono dei puristi e hanno dormito quasi sempre in tenda. A Newhaven, subito oltre Manica, l’Europa è meno nitida, tirano refoli di Brexit. Il mare è scuro e agitato, la poliziotta del posto di dogana è pedante sulla carta di identità: «Ma è proprio sicuro di non avere il passaporto?». «Mi pare che le regole non siano cambiate, è un documento valido». «Credo ancora per poco». «Però è valido». Brexiter contro remainer. L’agente scruta la carta di identità, la estrae dalla protezione di plastica, ci passa più volte il pollice sopra. Sarà falsa? Come se non fosse questo il lasciapassare più comune dentro i confini dell’Unione. Mi tratta già come un europeo straniero in Inghilterra. Infine si arrende. In attesa della May. «Presto le regole cambieranno», dice. Tappe da 80 a 120 chilometri al giorno, in tutto più di 500. Esistono anche alternative un po’ più brevi. Roadbook perfetto, segnaletica ineccepibile. In geografia avrebbero dovuto rimandarci a settembre.
«Quando, in una delle ultime tappe, sbagliamo i conti e ci inoltriamo che è già notte nel bosco di Ashdown, nel Sussex, tentiamo di scherzarci su. Mancano 7 miglia, quanto fa? Sembra poco, cerco di barare per tenere alto il morale»
Noi, e pure quelli che hanno scritto le recensioni dell’Avenue Verte sui vari blog. Ci attendiamo infatti una pianura sconfinata e invece ogni curva svela quasi sempre una collina. Con dislivelli, in certe giornate, anche di 800 metri.
QUANDO, IN UNA DELLE ULTIME TAPPE, sbagliamo i conti e ci inoltriamo che è già notte nel bosco di Ashdown, vicino al villaggio di Forest Row nel Sussex, tentiamo di scherzarci su. Le biciclette sono di buona qualità, le gomme antiforatura, la mappa è sul leggio e abbiamo la sacca laterale con il cambio per la pioggia e qualcosa da mangiare. Ma la luce dei fanali è fioca e allora aggiungiamo la pila del cellulare. La tappa di East Grinstead non arriva mai. Ecco un cartello lungo lo sterrato: 7 miglia. Quanto fa? Sembra poco, cerco di barare per tenere alto il morale. E poi io sono debole in matematica. Ma sono ancora 11 chilometri e sono le 9 di sera. Viaggiamo con lentezza, i registri si alternano: barzellette, scherzi, aneddotti, famiglia e filosofia di vita. Ci scappa persino una discussione sul determinismo orwelliano. Ma è solo un attimo di cedimento. Poi chilometri di silenzio. I libri di viaggio: Il mondo di ieri di Stefan Zweig e Bowie. La Trilogia berlinese di Thomas Jerome Seabrook. La musica in cuffia: Quadrophenia degli Who sul pier (il molo) di Brighton. Pezzo obbligatorio, secondo Martino che inganna la fatica cantando. A Polegate Station, una voce italiana con un lieve accento napoletano: «Dove andate?». Chi sarà? Spiega: «Sono un fisico nucleare e parlo 12 lingue». Chissà. Dopo la Cuckoo Trail si punta su Wimbledon e Battersea Park. Poi Great Smith Street e l’abbazia di Westminster. Davanti a Buckingam Palace i remainer manifestano contro la Brexit. Viene in mente un verso di Montale: «Volarono anni corti come giorni».
«Ci attendiamo una pianura sconfinata e invece ogni curva svela quasi sempre una collina. Con dislivelli, in certi casi, anche di 800 metri»