RIPARTO DA ZERO
Cambiare vita? È questione di equilibrio, tra quello che siamo e quello che vorremmo essere. E di acume nel riconoscere la nostra natura
CI SONO VITE CHE CAMBIANO ALL’ULTIMO MOMENTO: nella notte fra il 27 e il 28 ottobre 1910 l’ottantaduenne Lev Tolstoj abbandona la (esasperante) moglie e i figli e sale su un vagone ferroviario di seconda classe, quando un malore lo costringe a fermarsi nell’anonima stazione di Astapovo dove morirà sei giorni dopo. Ci sono vite che invece non riescono a cambiare: il pittore francese ottocentesco Henri Rousseau il Doganiere combatté fino alla fine per essere riconosciuto come artista e abbandonare così l’impiego ufficiale di gabelliere, ma morì solo, oppresso da amarezze e debiti (il successo è arrivato molto dopo). E ci sono vite che cambiano con la grazia di una piroetta: quella con cui la danzatrice russa Lidija Lopuchova sedusse il padre della macroeconomia John Maynard Keynes, il quale, sebbene bisessuale e con diverse esperienze omo alle spalle, si lasciò travolgere e persino sposare e, a detta di tutti, il loro fu un matrimonio lungo e felice. Quanti di noi sognano quella piroetta stregata, quella taumaturgia ginnica che ci trasporta in una vita nuova, guarendo malesseri più o meno consapevoli, dissolvendo detriti sentimentali o professionali? Mai così tanti nell’Italia in tempo di pace, dicono in sostanza i sociologi e gli economisti che abbiamo interpellato in questo articolo. Ma come? Non eravamo noi quelli rattrappiti da una crisi ormai endemica che spegne i sogni dei più giovani e appanna quelli
dei più maturi? Sorpresa: sono i più maturi, quindi i quarantenni (e oltre) che da questi lunghi anni di difficoltà economiche in Italia hanno tratto una nuova benzina per cambiare rotta. Le cifre bisogna andarsele a cercare. Ma il Talent Trends 2016, il sondaggio annuale di LinkedIn che ha coinvolto più di 32mila professionisti nel mondo (683 in Italia), è chiaro: nel nostro Paese oltre un lavoratore su 3 ha cambiato occupazione tra il 2015 e il 2016 e circa il 30% è alla ricerca di un nuovo impiego (certo, molti perché non hanno più il vecchio lavoro). Sembra una quota bassa, ma non lo è. Perché «in Italia il posto fisso è ancora una forte seduzione, nonostante stia scomparendo», dice Marco Fortis, docente di Econo- mia industriale alla Cattolica di Milano. Ed è questo culto della «posizione stabile» che, per decenni, ha scoraggiato la piroetta. Non è solo una questione di scrivania. È stata una questione di abitudini, di dinamica del gregge, quasi che fosse ineluttabile continuare a fare le stesse cose. È stata questa la folgorazione che ha spinto un importante manager dell’editoria a lasciare tutto, a salire su una barca e a «cominciare a dare, non solo prendere», come osserva oggi Simone Perotti, autore di un famoso libro-manifesto del 2009, Adesso basta. Quella di Perotti non era solo una ribellione alle regole delle multinazionali o un banale downshifting. Era un invito a guardare le cose da un’altra prospet-
Il cambiamento è soprattutto una questione di equilibrio, tra quello che siamo e quello che vorremmo essere. E di acume nel riconoscere la nostra vera natura. Lo psicologo: «È più semplice immaginarsi nei panni di una nuova vita, che distanti da quella che si sta conducendo»
tiva, ad affacciarsi nel mondo degli altri, uscendo dal proprio. «Già. Non basta aprire un bed and breakfast nella casa dei nonni, o divorziare o cambiare scrivania per dire che abbiamo voltato pagina» osserva lo psicologo Umberto Longoni, autore de Il coraggio di cambiare vita per Franco Angeli. «Il cambiamento è vivere diversamente». Esempio: per tutta la vita Herman Melville cercò di fuggire dalla casa e dalla mamma e per tutta la vita l’autore di Moby Dick fu perseguitato... dalla casa e dalla mamma! Quindi, prima di progettare una nuova esistenza ascetica in Alaska o di sfrattare gli zii dalla casetta in montagna pensando di farne un rifugio eco friendly, bisogna chiedersi: quali sono le mie ossessioni? È questa la domanda da cui partire, prima ancora di: che cosa mi piacerebbe diventare? Lo psicologo avverte: «È più semplice immaginarsi nei panni di una nuova vita che distanti da quella che si sta conducendo». Questo è il tranello nel quale cadono molte (ultra)quarantenni, convinte di volere un figlio e rese ansiose dall’età che passa. È facile pensarsi mamme e fantasticare sulla dolcezza di un bambino,
più difficile è staccarsi da abitudini decennali. Eppure, sfogliando le decine di storie raccolte in questo pezzo, quella di un figlio che arriva resta ancora uno degli stimoli decisivi nel cambio di vita. La romana Priscilla Galloni, dopo quindici anni in una multinazionale, una volta diventata mamma ha cambiato tutto: ha aperto un blog (familywelcome.org) e una società di servizi per bambini. Guadagna nemmeno la metà rispetto a prima, però questa vita le assomiglia di più. Come Silvia Berra, psicologa quarantenne di Legnano, che ha perso l’impiego ma continua a “curare” le persone insegnando loro la creatività nei laboratori artigianali. E di certo la nuova vita da globetrotter assomiglia molto a Claudio Pelizzeni, 37 anni, ex bancario. “Ex” perché Claudio, quattro anni fa, si è licenziato e ha cominciato a girare il mondo. Ma...senza aerei. «Ho voluto riappropriarmi delle distanze e del contatto vero con la gente di altre culture», spiega. Questa svolta radicale è nata anche dalla lunga convivenza con un diabete che oggi Claudio vuole dimostrare superabile e lo racconta nel suo libro da poco uscito per Sperling & Kupfer,
Anche malattie e separazioni possono diventare spinte al cambiamento. La consapevolezza della nostra fragilità ci spinge a diventare diversi
L’orizzonte, ogni giorno, un po’ più in là. Ecco un altro dei detonatori più potenti: la malattia. Niente come la consapevolezza della nostra fragilità ci sorregge e ci sprona a diventare diversi. Sembra strano: la debolezza dovrebbe inibirci. «E invece no» continua Longoni, «perché la sensazione di aver poco da perdere è un grande motore di cambiamento». E la sensazione che affiora è quella di trovarsi di fronte a un Paese, il nostro, ammaccato sì dalla crisi ma al tempo stesso più coraggioso. Lo psicologo invita a guardare il dato delle separazioni: nel giugno scorso l’Istat ha comunicato che l’incidenza dei divorzi è aumentata tanto nel 2015, con 13,6 casi ogni 10mila abitanti (era 8,6 un anno prima: complice l’entrata in vigore della legge sul divorzio breve nel 2015). Ma a guardarlo con altri occhi: non (soltanto) come qualcosa che finisce, come siamo abituati a fare, ma come qualcosa che comincia. Però c’è un altro aspetto, più sottile: siamo più pronti al cambiamento perché ci sentiamo tutti più giovani. «Ma lo siamo!» sottolinea Longoni, «viviamo più a lungo e, rispetto a decenni fa, molto meglio». Curiamo di più aspetto e abitudini (fumiamo meno anche per gli alti costi: la cura delle malattie da tabagismo costa 6,5 miliardi all’anno) e le trasformazioni del lavoro costringono molti a una prolungata adolescenza. Che diventa felicemente parte della nostra natura. «Certo, cambiare Paese e abitudini ha dei costi. Ma ora, a 45 anni, l’aver rinnovato tutto mi ha fatto ringiovanire. E con mio marito, dopo 23 anni insieme, c’è un nuovo slancio sentimentale». A parlare così è Laura Linzitto, che ha lasciato un borgo vicino a Crema e si è messa in aspettativa da un posto di lavoro solido per seguire il marito a Sydney. Infine, la domanda cruciale è: ma l’Italia è pronta? Siamo un Paese sufficientemente flessibile, sia sul piano economico che culturale? Sì e no. «La burocrazia, manco a dirlo, è micidiale» prosegue Marco Fortis «però poche volte come in questo periodo storico stanno emergendo dei mestieri nuovi. Per esempio c’è bisogno di persone specializzate nel dialogo con le nuove tecnologie, quei traghettatori dal vecchio concetto di impresa al nuovo. Quindi forse l’idolo del posto fisso è qualcosa che si supera». Non subito, però. Filippo Barbera, sociologo del lavoro all’Università di Torino, fa un esempio illuminante: « Oggi molti di quelli che cambiano vita scelgono un ritorno alla natura, per esempio cercando un’attività e una casa nelle zone distanti dalle grandi città. Ma come si fa a sostenere un progetto, per esempio un agriturismo, se nel tale paesino dell’Emilia non arriva il wi-fi o se per raggiungerlo devi fare strade scomode?». Certo, la questione delle infrastrutture è centrale, però, alla fine, il cambiamento è soprattutto una questione di equilibrio. Tra quello che siamo e quello che vorremmo essere. E di acume nel riconoscere la nostra vera natura. Perché Umberto Longoni, in origine, faceva l’autore di canzoni. Mestiere che ha sempre coltivato anche se poi si è specializzato in psicoterapia. Sorpresa: «Ora torno alla vecchia passione e tra poco esce un mio disco», ci confessa con un sorriso. E allora musica sulla piroetta creativa del dottore.