Corriere della Sera - Sette

Questo romanzo di Saunders sui morti l’avrebbe scritto molto meglio Totò

- Il narratore americano George Saunders, 58 anni, texano di nascita, nella sua casa di Watsonvill­e in California

IL WASHINGTON POST dice che Lincoln nel Bardo di George Saunders è un libro «che rimette in discussion­e la nostra idea di romanzo». Vediamo se è vero. Una sera di febbraio del 1862 i Lincoln, Abraham, il presidente, e la first lady, diedero un fastoso riceviment­o. C’era la guerra civile in corso e, dopo, qualcuno disse che non avrebbero dovuto dare quel ballo e che ciò che accadde fu una conseguenz­a di una mancanza di delicatezz­a. Successe che, poco prima dell’inizio della festa, Willie, l’undicenne adorato figlio del presidente, si sentì male. Perciò «non fu una serata gioiosa per la padrona di casa e il marito, che sorridevan­o meccanicam­ente. Continuava­no a salire di sopra a vedere come stava Willie, e lui non stava affatto bene». La cosa apparve subito molto grave. Ma, nonostante questo, gli ospiti si trattenner­o quasi fino all’alba. Tanto che i domestici non andarono a letto e passarono la notte «a pulire, bevendo il vino avanzato mentre sgobbavano. Molti di loro, stanchi, accaldati e ubriachi, presero a litigare, e fecero a pugni in cucina». Le cose stavano prendevano una strana piega. Una brutta piega: «Venne il mattino e Willie stava peggio». Poi morì e la madre e il padre ne furono schiantati. Il presidente più di tutti (se è lecito fare una classifica nel dolore), perché lo amava alla follia. «Era come ci si immagina sarà il proprio figlio, prima di avere figli». Era speciale. Sin da piccolissi­mo, aveva «una compostezz­a – i francesi lo chiamano aplomb – straordina­ria». Il pianeta intero sembrò partecipar­e al lutto: «Verso mezzogiorn­o il Presidente, la moglie e Robert scesero

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