10-ZONE - DUELLO D’OPINIONI
Le donne saudite ora possono guidare. È una vera svolta?
«La nuova generazione al governo a Riyad sta portando avanti cambiamenti importanti», sottolinea l’imam italiano. «Trasformazioni più profonde potrebbero arrivare solo con un cambio di regime, che al momento appare lontano», ribatte il docente di Islamistica
SONO STATO in Arabia Saudita per la prima volta quando andavo a scuola, per il pellegrinaggio alla Mecca, e ci sono tornato spesso. L’annuncio che alle donne sarà permesso guidare rappresenta un segnale positivo. Ovviamente l’obiettivo, in Arabia Saudita e in ogni Paese del mondo, è la piena dignità per tutte le donne e per tutti gli uomini, riconoscendo loro la possibilità di realizzarsi nella società. La patente è solo un dettaglio, anzi l’idea stessa che fino a questo momento alle donne non fosse concessa è ridicola. Però allo stesso tempo penso che questa novità rappresenti una svolta, perché non si esaurisce in se stessa, ma si inserisce nel quadro di altri cambiamenti che la nuova generazione al governo nel Paese sta intraprendendo. Ci sono numerosi segnali di apertura all’Occidente e alla modernità: tanti dei nuovi membri del governo hanno studiato in Europa o in America e hanno sviluppato una sensibilità su molti temi, primo fra tutti il dialogo interreligioso. In passato, l’Islam, che in Arabia Saudita è praticato secondo l’interpretazione wahabita, la più dura e intransigente, era visto come la soluzione per tutto il mondo. Oggi cominciano ad aprirsi al confronto, alla flessibilità e al rispetto dell’altro, anche se non si può ancora parlare di moderazione. La strada è comunque ancora molto lunga. RITENGO CHE CONCEDERE alle donne di prendere la patente rappresenti una svolta solo simbolica. La inserirei tra le le costanti ma ridottissime aperture che il governo saudita sta portando avanti, da vent’anni a questa parte, in uno scenario di generale tradizionalismo e conservatorismo. Forse questo specifico punto è leggermente più significativo in considerazione della grande attenzione mediatica che ha ricevuto negli ultimi anni, tenuta alta dalle stesse saudite. Tuttavia, almeno in tempi brevi, dubito che rappresenti il preludio a cambiamenti radicali, come l’abolizione del sistema del guardiano. Finché si mantiene il sistema politico attuale, con il potere nelle mani della famiglia Saud, i percorsi di riforme sono legati alle posizioni di maggiore o minore apertura dei vari regnanti. Tra loro ci sono figure diverse, però, al di là delle scelte del singolo, il quadro rimane piuttosto fisso, così come il tipo di Islam praticato, il wahabismo. A mio parere, svolte clamorose potrebbero arrivare solo con un cambio di regime, che al momento appare lontano. Anche se, in realtà, la stabilità del potere della famiglia reale si è dimostrata talvolta meno salda che in apparenza, quindi non si può mai dire.
Yahya Pallavicini, 52 anni, è vicepresidente della Comunità Religiosa Islamica italiana (Co.re.is) e imam della moschea Al Wahid di Milano. È tra i firmatari del Patto nazionale per l’Islam italiano. Roberto Tottoli, 53 anni, è professore di Islamistica all’Università L’Orientale di Napoli e scrive per il Corriere della Sera