LA FORZA DI UNA CANDIDATA
tra Montanelli, la Deledda e i caffè ricchi di stucchi
La mia bella Nuoro. Tra Montanelli, la Deledda e i caffè ricchi di stucchi
La città della Barbagia merita di diventare Capitale europea della Cultura (è candidata per il 2020), scrive una giornalista e scrittrice del Corriere che c’è nata. I punti di forza? Il liceo frequentato dal grande giornalista, la casa-museo della premio Nobel per la Letteratura e un incredibile percorso fra le statue
DEL PERCHÉ LA TORRE DI PISA non crolli (la perpendicolare dal baricentro al suolo è interna alla superficie di appoggio) lo imparai in prima liceo classico grazie a Josetto Manconi, professore di matematica e fisica severissimo che nascondeva dietro gli occhiali spessi una tristezza inconsolabile: sua sorella Gina, farmacista, era stata sequestrata pochi anni prima, nel 1983; non tornò mai a casa, né il corpo fu restituito ai familiari. Di questi e altri pensieri si affollava la mia mente al Liceo Ginnasio Giorgio Asproni, la più antica scuola superiore di Nuoro e la terza in Sardegna, dove studiò anche Indro Montanelli nel periodo in cui il padre Sestilio era preside della Scuola Normale, oggi Istituto magistrale, dal 1920. Di quei cinque anni Montanelli scrisse: «Mio padre e mia madre mi lasciavano vivere a Nuoro, cioè nell’epicentro del banditismo, in piena libertà scavallando alla ricerca di nidi di merli sulle falde dell’Orthobene». Il Monte Ortobene, oggi come allora, è uno splendore di lecci, pini, roverelle, ginepri, lentischi, agrifogli, corbezzoli e orchidee spontanee. Ci vivono picchi rossi, cinciarelle e ghiandaie, lepri, volpi, cinghiali. A varie altezze sono state costruite una piscina comunale all’aperto (preziosissima nei mesi estivi), una pista di pattinaggio, un maneggio. Sul ciglio della strada, invece, non ha avu- to bisogno di ruspe la Casa nella Roccia, un ovile ricavato dentro un enorme masso. Ma è in cima al Monte, a 955 metri sul livello del mare, che il paesaggio toglie il fiato. Anzitutto, su un versante si vede proprio il mare della Baronia. Sull’altro, il più bel punto di osservazione è dove domina la statua in bronzo del Redentore, opera dello scultore Vincenzo Jerace: fu innalzata nel 1901 in occasione del Giubileo. Ogni anno a fine agosto viene celebrata ai suoi piedi una messa solenne. La statua dovete immaginarla grande davvero: senza il piedistallo è alta più di quattro metri e pesa due tonnellate. La moglie di Jerace, Luisa, quando la vide rimase impressionata dalla mole e morì di colpo: una lapide la ricorda. Alla base del Monte c’è la chiesetta della Madonna della Solitudine, dove riposa Grazia Deledda, unica italiana ad aver vinto il Premio Nobel per la Letteratura. La sua casa museo non è troppo distante, ci si arriva con una passeggiata nel quartiere di Santu Predu (San Pietro), dove un’altra piccola chiesa, meno battuta, riserva una sorpresa: è quella di San Carlo, e qui sono custodite le spoglie dello scultore Francesco Ciusa, sotto una copia in bronzo della sua celebre Madre dell’ucciso, la statua con cui partecipò alla Biennale di Venezia nel 1907: a realizzarla è stato un artigiano dorgalese.