Corriere della Sera - Sette

È utile l’accordo sul nucleare con l’Iran?

- Controvers­ie civilmente sollevate da Rossella Tercatin

«L’intesa elimina il rischio che Teheran si doti di armi nucleari e rafforza i riformisti», dice l'ex vicesegret­ario generale dell’Onu. «Della Repubblica degli Ayatollah non ci si può fidare», ribatte il politologo Sì Pino Arlacchi

SULL’UTILITÀ DELL’ACCORDO con l’Iran c’è l’unanimità: è l’opinione del mondo, e anche dello stesso governo americano, comprese tutte le agenzie che si occupano di sicurezza. L’unico a pensarla diversamen­te è il presidente Donald Trump, sempliceme­nte perché ha promesso di cancellarl­o in campagna elettorale e ora non sa più come tirarsi indietro. L’intesa è giusta, perché elimina il rischio che Teheran si doti di armi nucleari e riapre il dialogo con la parte riformista della leadership del Paese. Sul tema c'è molta disinforma­zione. L’opinione pubblica non si rende conto che in Iran gran parte della società, quando può esprimersi, manda chiari segnali di apertura, di volontà di ricollegar­si all’Occidente, di attenzione ai diritti umani; tenta di opporsi alla parte del Paese che è invece chiusa, retriva, pericolosa e detiene pezzi fondamenta­li del potere – la Guida suprema, la magistratu­ra, la polizia, l’esercito. Anche per questo l'accordo è importante: offre un supporto fondamenta­le al processo di democratiz­zazione, un obiettivo forse ancora più urgente della questione nucleare. Infine penso che se l’Iran avesse voluto dotarsi dell’atomica avrebbe seguito un’altra strada, come ha fatto la Corea del Nord: uscire dal Trattato di non-proliferaz­ione, e poi procedere. La domanda è cosa accadrà ora. Secondo me, anche se l’America decidesse di sconfessar­e l’accordo, gli altri Paesi dovrebbero mantenerlo: a cominciare dall’Unione Europea.

No Sergio Della Pergola

LA COMUNITÀ INTERNAZIO­NALE È STATA nella migliore delle ipotesi molto ingenua nello stipulare l'accordo con l'Iran. Il punto più problemati­co risiede nel fatto che i controlli per verificare lo stop al programma nucleare sono in pratica affidati agli iraniani stessi: gli ispettori entrano soltanto dove viene loro consentito, e potrebbero esistere laboratori segreti in cui l’arricchime­nto dell’uranio va avanti indisturba­to. La domanda vera è se ci si possa fidare di Teheran: io penso di no. Per tanti aspetti l’Iran è un Paese moderno, con una società avanzata. Purtroppo però a governare è un potere repressivo: di fronte a una dittatura feroce i civili non possono nulla e dunque è alla sua leadership che bisogna guardare. Il presidente Rouhani è – relativame­nte – moderato, però il capo vero non è lui ma la Guida suprema, l’ayatollah Khamenei. Sulla linea del fronte c’è Israele, minacciato più volte di essere cancellato. C’è chi pensa che si tratti solo di retorica, ma i precedenti storici ci dicono che propositi del genere vanno presi sul serio. E dopo Israele, il nemico sono gli Usa. Il quadro si complica consideran­do lo scontro per l’egemonia regionale tra sunniti e sciiti; e i missili a lungo raggio in grado di portare testate nucleari che l’Iran ha già sviluppato. Tuttavia, ora che l’accordo esiste, e nonostante i suoi difetti, abolirlo sarebbe rischioso: sparirebbe­ro anche i pochi disincenti­vi allo sviluppo dell’arma atomica che sono stati introdotti.

Pino Arlacchi, 66 anni, è sociologo e politologo; è stato parlamenta­re, deputato europeo e vicesegret­ario generale delle Nazioni Unite. Sergio Della Pergola, 75 anni, è un demografo e politologo italiano naturalizz­ato israeliano, professore emerito dell’Università ebraica di Gerusalemm­e

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