Ma gli astenuti come ragionano?
Dopo i grillini, i neoberlusconiani, gli elettori di sinistra, gli alfaniani e i leghisti, con questo ritratto multiplo si chiude la nostra analisi. Chi sono i non-elettori? Hanno motivazioni diverse, ma sono accomunati da una convinzione: la politica è o
NON HA SEDI. NON HA LOGHI. NON HA LEADER. Non ha profili social. Non scende mai in piazza. Non manda una letterina a casa degli italiani a Natale. Non ha un programma e non ha neppure un manifesto, dico UNO, affisso in giro. Non ha nulla e non fa nulla, ciononostante è il primo partito, quello con la più alta percentuale di giovani tra le sue schiere, in costante crescita, in Italia e in tutte le democrazie occidentali: il Partito dell’Astensione. Ma chi sono gli astenuti? E quali sono le ragioni, se ragioni ci sono, alla base della scelta di rinunciare all’esercizio del proprio diritto (e dovere) di voto? Proviamo a scoprirlo. La prima cosa da chiarire, per procedere, è che qualsiasi tentativo di liquidare il fenomeno dell’astensionismo come una cosa brutta che fanno persone brutte, è sbagliato. Il Partito dell’Astensione include al suo interno un universo composito di disaffezione, delusione, rabbia, alienazione, apatia, ignoranza, opinione e persino ideologia, ebbene sì (che cosa vintage, l’ideologia!). Nelle sue frange si incontrano i non-elettori più disparati, con astensionismi di matrice diversa (emotiva, in certi casi; culturale, in altri), accomunati tutti da un unico