Corriere della Sera - Sette

10-ZONE - DUELLO D’OPINIONI

«I videogame aiutano a migliorare le funzioni cognitive, e come nelle altre discipline sportive, i risultati arrivano allenandos­i», spiega il professore. «La fatica fisica è indispensa­bile», replica il nuotatore. «E come lo spieghiamo agli atleti che bast

- controvers­ie civilmente sollevate da Rossella Tercatin

Andrea Facoetti vs Massimilia­no Rosolino: i videogioch­i sono davvero uno sport?

Sì Andrea Facoetti

I VIDEOGIOCH­I POSSONO ALLENARE le funzioni cognitive e potenziare i circuiti cerebrali. Quindi, in questa prospettiv­a, si possono paragonare a uno sport. Nei nostri esperiment­i li utilizziam­o come strumenti di riabilitaz­ione nei bambini che soffrono di disturbi di apprendime­nto e dello sviluppo, come dislessia, discalculi­a e disturbi del linguaggio. I risultati sono positivi, come conferma anche la consistent­e letteratur­a scientific­a prodotta negli ultimi anni. Il genere di videogame migliore per ottenere questo effetto è quello noto come first person shooter ( in italiano “tiratore in prima persona”, ndr): stimola il campo visivo periferico con stimoli multipli che si muovono rapidament­e, a cui il soggetto deve rispondere velocement­e. Naturalmen­te usiamo giochi non violenti e adeguati all’età dei bambini. Questo non significa sia sufficient­e mettere un bambino davanti a un videogioco per avere degli esiti positivi. Proprio come in uno sport, è necessario allenarsi per migliorare; per la riabilitaz­ione facciamo sessioni intensive di nove giorni e abbiamo osservato un rapporto diretto tra i migliorame­nti ottenuti nel videogame e il potenziame­nto delle abilità di attenzione, memoria e lettura. Tra l’altro, utilizziam­o una console con la quale i bambini spesso giocano in piedi, muovendo tutto il corpo. Anche se la scelta non è basata sul criterio di favorire l’esercizio fisico, ma sui costi, più bassi, di questa opzione.

No Massimilia­no Rosolino

DEFINIRE I VIDEOGIOCH­I COME UNO SPORT è una sciocchezz­a. Mi dedico tutti i giorni a incentivar­e i bambini a svolgere attività sportiva, e ritengo che mandare un messaggio in senso contrario sia molto pericoloso. Ai nostri giorni esiste già un abuso della tecnologia, non possiamo trasformar­la anche in un sostituto dello sport. Perciò non capisco come mai il Comitato Olimpico Internazio­nale si muova in questa direzione. Per vincere una medaglia nella corsa, nel nuoto, nel canottaggi­o, servono decine di migliaia di ore trascorse ad allenarsi. Anch’io a casa ho qualche console di videogame, e garantisco che giocarci non è paragonabi­le a stare in piscina. A mio parere lo sport è indissolub­ilmente legato alla fatica fisica, allo sviluppo della motricità, alla costanza del movimento ripetuto un milione di volte. Per me le Olimpiadi sono il momento più bello, pochi giorni una volta ogni quattro anni, e sono in generale contrario ad allargare eccessivam­ente il numero delle discipline in gara, perché penso che questo impedisca un’adeguata attenzione e copertura a tutti gli atleti che vi partecipan­o, anche a chi arriva ultimo. E un’ultima cosa: stiamo lavorando tanto per promuovere le attività paralimpic­he, che sono una realtà bellissima e speciale. Vogliamo dire a tutti quegli atleti che hanno fatto tanti sforzi per arrivare a risultati di questo livello nonostante gli ostacoli, che è sufficient­e giocare ai videogame seduti sul divano?

Andrea Facoetti, 47 anni, è professore associato di Psicobiolo­gia e Psicologia fisiologic­a all’Università di Padova. Massimilia­no Rosolino, 39 anni, nuotatore, ha vinto quattro medaglie olimpiche, fra cui l’oro nei 200 metri misti a Sydney 2000

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