PASSAPAROLA
Se volete scrivere un bel giallo cominciate con una telefonata all’alba
NELLE ULTIME SETTIMANE ho letto migliaia di pagine tra Don Mario Vargas Llosa (il migliore), Ken Follett, Dan Brown, il grande Carlo Emilio Gadda. E perciò l’altro pomeriggio mi sono organizzato una gara di incipit per stare sul breve. Incipit di libri gialli e scritti da donne (ormai è quasi un monopolio; le ho chiamate le pronipoti di Agatha Christie, ma dell’illustre antenata hanno poco, purtroppo). Ho cominciato con La moglie imperfetta di B.A. Paris (già autrice di La coppia perfetta, che non mi aveva entusiasmato), pubblicato dalle edizioni Nord. Ecco l’incipit: « 17 luglio, venerdì. Ci stiamo salutando prima di separarci per le vacanze estive, quando inizia a tuonare. Un boato fa tremare il suolo e Connie sussulta, mentre John ride. L’aria intorno a noi è calda e densa». Sembra di sentire le previsioni del tempo. Lascio il tuono tuonare, Connie sussultare, John ridere e passo a una nuova concorrente. Natasha Preston è l’autrice di Il giardiniere (Piemme) e parte così: « Sabato 24 luglio (Presente). Ho guardato fuori dalla finestra della mia camera: un’altra cupa giornata estiva inglese. I nuvoloni la facevano sembrare troppo uggiosa per luglio, ma nemmeno quello mi avrebbe scoraggiato. Quella sera avrei festeggiato la fine dell’anno scolastico al concerto di una band della scuola ed ero determinata a divertirmi». Non mi pare che Natasha faccia meglio di B.A. Paris. Anche qui si indugia sulle condizioni atmosferiche (era un’estate buia e tempestosa) e anche qui (che strana coincidenza) la storia comincia in luglio. È solo una coincidenza? Oppure le due scrittrici hanno scoperto che luglio è il periodo più adatto per una storia gialla? Ma non era aprile il più crudele dei mesi? Il terzo incipit è di Sheena Kamal, La solitudine del ghiaccio (HarperCollins): «La chiamata arriva dopo le cinque del mattino. Sento subito puzza di guai perché è risaputo che nessuno
comunica buone notizie a quest’ora. Perlomeno non per telefono. Non ti diranno mai prima delle nove che un lontano parente è morto lasciandoti una grossa eredità». Direi che finora è il migliore. Crea un minimo di suspense. Una telefonata già da sola può essere un thriller. Basta lo squillo a produrre suspense. Sheena Kamal, canadese, ex giornalista investigativa, è (al momento) la vincitrice del concorso per il miglior incipit giallo.
CI SONO PICCOLE CASE editrici che meriterebbero una medaglia al valore. Una è Mattioli 1885 che recupera perle perdute come i racconti di Ambrose Bierce ( Il colpo di grazia). Di Bierce (1842-1913) si ricordano sempre e giustamente (quelli che ricordano qualcosa, ovviamente) il Dizionario del Diavolo e le sue storie di guerra, dove scrive frasi così: «Una mattina di giugno del 1872, all’alba, uccisi mio padre». (Le signore gialliste sopra citate sono pregate di prendere appunti su come si scrive un incipit, lasciando perdere la meteorologia). Ma la cosa più divertente del Colpo di grazia non l’ha scritta Bierce che vi appare, però, come uno dei protagonisti (l’altro è Oscar Wilde). Bierce, da giornalista (il mestiere che gli permise di guadagnarsi il pane quotidiano) fu un feroce polemista e una delle sue vittime preferite fu Oscar Wilde. Una mattina nell’ufficio di Bierce si presentò Wilde, in America per un tour di conferenze. La situazione si fa tesa e seguono scene un po’ movimentate. Ci racconta tutto, nell’appendice di Colpo di grazia, Don Swaim (scrittore nostro contemporaneo che scrive come se fosse stato lì di persona). La storia ha ritmi da comica (ma anche da Soriano in Triste, solitario y final). A Bierce non manca la parola, ma l’ultima battuta tocca a Wilde: «Mi piacerebbe che fossi mio amico, Ambrose. E mi piacerebbe che mi chiamassi Oscar. Posso baciarti adesso?».