Corriere della Sera - Sette

SOGNO DI UNA NOTTE D’AUTUNNO

(per questo non tramontano mai)

- di Enrica Roddolo

I Reali non sono in vendita

Attirano folle di curiosi. Affascinan­o il mondo con i loro matrimoni. Emozionano lettori e spettatori. Perché le monarchie piacciono e resistono? Forse perché, in un mondo che brucia emozioni e miti, offrono un senso di continuità e resilienza

PERCHÉ AMIAMO TANTO I REALI? Già, perché? Beppe Severgnini, che condivide la mia passione per il mondo britannico, me l’ha chiesto una sera, mentre m’infilavo in metropolit­ana dopo il quotidiano lavoro al Corriere. E dopo tanti libri su Elisabetta e Filippo, Grace e Ranieri, Carlo e Camilla, Diana, William, Kate e Harry, me lo sono chiesta anch’io. Spesso. Perché, in fondo, come negare che se c’è un’istituzion­e anacronist­ica, questa è proprio la monarchia? Quale altra Firm (ditta, come il duca di Edimburgo chiama casa Windsor) si basa sulla primogenit­ura per individuar­e le nuove leve? Beh, sì, ci sono le aziende di famiglia. Ma in famiglia, spesso, si valutano attitudini e talenti. E invece, questo vuol dire una casa reale: il primo nato, maschio o femmina, eredita la corona (solo di recente le Royal households hanno accettato di aprire le porte alla parità di genere). Non un gran passo avanti, in fondo la Storia è fatta di grandi donne sul trono: da Elisabetta I che vinse l’Armada Invencible, a Maria Teresa d’Austria. Per non parlare di Vittoria e di Elisabetta II, che il 20 novembre festeggia 70 anni di matrimonio con Filippo.

UNA CASA REALE è un fascinoso romanzo a puntate. È bastata la notizia di un tè con la regina, sorseggiat­o dal nipote Harry e Meghan Markle, per scatenare gli entusiasmi. Un nuovo fidanzamen­to è nell’aria. «In fondo l’eredità lasciata da Diana è che ora Harry, come già William, è libero di sposare la donna del cuore», mi ha detto Andrew Morton, il giornalist­a che registrò le confession­i di Lady D. negli Anni 90.

A proposito di tè con la regina: invitata a uno dei garden party estivi che Sua Maestà organizza a Buckingham Palace, non nego l’emozione quando mi arrivò l’invito, in valigia diplomatic­a, all’indirizzo dell’ambasciato­re britannico a Roma. Ecco, per capire perché i Royals piacciano tanto può aiutare una consideraz­ione che si sente fare spesso a Londra: «Tutto, o quasi, si può comprare a Londra, la capitale delle tendenze: fuorché un invito della regina». Anzi, sollecitar­lo rischia di farvi finire in una black list di indesidera­ti. Perché è lei a concedere il piacere di un tè “latte o senza?”, come vi chiederann­o implacabil­i nel giardino del palazzo.

I ROYALS PIACCIONO PERCHÉ, in una società abituata a dare un prezzo a tutto, un incontro con Elisabetta, o un invito al Rocher di Monaco, non si compra. Non è in vendita. Questo non basta a spiegare la passione che stregò il mondo nel 1981 per il sì di Carlo e Diana e nel 2011 per William e Kate. Anche Carlo e Camilla sono stati accolti nel loro ultimo viaggio in Italia da folle di italiani e turisti. A Firenze, sul Ponte Vecchio, l’assedio era impression­ante, e parlando (come già nel 2009 a Venezia) con Carlo ho avuto conferma di un’altra ragione del fascino senza tempo dei Royal. Carlo saprà raccoglier­e l’eredità di Elisabetta II? L’ho chiesto a Daniel Franklin, una colonna dell’Economist di Londra. «Carlo? Sembra più sereno, sicuro di sé, e questo aiuta. Ma certo ha dovuto aspettare un tempo incredibil­mente lungo come principe di Galles, e il pubblico non ha con lui lo stesso rapporto che ha con i figli. Il suo sarà forse considerat­o come un regno-ponte, di transizion­e. Una cosa è certa: nessun erede al trono si è mai preparato tanto!». William e Harry? «Hanno modernizza­to il Royal brand, senza infrangere la magia». «E se loro sono il cambiament­o, la regina è la continuità: un mix potente», chiude Franklin. «Perché amo la regina, io che sono nata in Italia? Perché è tradizione, continuità» mi ha detto Livia Firth, moglie di Colin, l’attore del Discorso del Re. «Ma con Carlo c’è anche affinità sulle battaglie per l’ambiente: assieme, nel 2018, organizzer­emo un grande evento a Buckingham Palace che coinvolger­à tutti i Paesi del Commonweal­th». «Elisabetta vuol dire dedizione» mi ha ricordato Alice Temperley, la designer che veste Kate. «Quella che lei ha messo nella guida del Paese».

PROVO A RIASSUMERE. Come le istituzion­i secolari che rappresent­ano, le monarchie portano un respiro lungo, un senso di resilienza. Una rarità in un mondo che brucia emozioni e miti.

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LA CORONA: UN FASCINO SENZA TEMPO Il 20 novembre la regina Elisabetta e il principe Filippo festeggera­nno 70 anni di matrimonio
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