OBIETTIVO SURREALE
Balle spaziali
In mostra a Bologna la parabola del capitano Ivan Istochnikov, scomparso nello spazio col suo cane (lasciando una bottiglia di vodka). Lo sfortunato cosmonauta russo è stato inventato (e interpretato) dallo spagnolo Joan Fontcuberta. Un precursore delle fake news? No, un artista
NEL 1968, DURANTE UNA PASSEGGIATA SPAZIALE, il cosmonauta russo Ivan Istochnikov e il suo cane scompaiono nel cosmo. Quando dalla base sovietica di Baikonur inviano in soccorso la Soyuz 3, l’equipaggio trova solo una bottiglia di vodka che fluttua nel vuoto nei pressi della Souyz 2 danneggiata da un meteorite. Del capitano non si sa più nulla per circa 30 anni, come se le autorità sovietiche volessero cancellare persino il ricordo dell’erede di Gagarin. E si vergognassero di ammettere una sconfitta mentre un astronauta americano si apprestava a mettere il piede sulla Luna. Tutto falso ovviamente.
Nel 1998 il saggista-fotografo catalano Joan Fontcuberta espone al Museo Nazionale di Arte Catalana di Barcellona l’intera parabola dello sfortunato esploratore dello spazio: appunti, frammenti del meteorite che aveva danneggiato la navicella, le foto di famiglia del capitano, del suo cosmo-cane, delle sue divise, le fotografie originali che lo ritraevano tra i colleghi sovietici e le medesime successivamente epurate della sua immagine. La bufala, costruita in modo scrupoloso e nobilitata dal contesto in cui fu presentata, venne accolta da alcuni (tra cui qualche giornalista) come un evento realmente accaduto e venne commentato. La storia del capitano Istochnikov (traduzione di Joan Fontcuberta, una sorta di Giovanni Fontana) non era il primo tentativo dell’artista di sfidare le discipline (botanica, scienza, comunicazione di massa, religione) che si arrogano l’autorità di rappresentare o interpretare il mondo. Già con il suo progetto Fauna, esposto nel 1989 al Museo di Storia naturale di Barcellona, Fontcuberta raccoglieva le fotografie che un certo Pere Formiguera aveva recuperato dagli archivi di uno zoologo tedesco, il Dr Peter Ameseinhaufen (Dottor Formicaio), che provavano l’esistenza di animali dall’aspetto assai insolito. Ebbene: il 30% dei visitatori tra i 20 e 30 anni, con un’educazione universitaria, aveva creduto che gli animali immaginari fossero realmente esistiti. « Ho scelto la fotografia perché era una metafora del potere. Quando ho cominciato agli inizi degli Anni Settanta, era un mezzo dotato di grande carisma che forniva
La bufala, costruita in modo scrupoloso, venne accolta come un fatto realmente accaduto.
« Il mio lavoro è pedagogico», spiega l’autore. «Solo la pedagogia del dubbio può proteggerci dal pericolo della manipolazione »
l’evidenza dei fatti » . In pratica Fontcuberta mutua il potere sovversivo dell’arte dai suoi predecessori (nonché conterranei) Dalí e Miró e produce un universo surreale, sfruttando il più affidabile e rassicurante tra i mezzi di rappresentazione della vita. Non pago degli esiti già ottenuti, nel 2000 installa dei fossili di animali acquatici sconosciuti (creati a tavolino) nelle rocce della Réserve Géologique in Provenza. Poi organizza una mostra fotografica degli stessi con tanto di ritratti dello scopritore, un sacerdote di nome ... Jean Fontana. Seguono lettere di sdegno da parte degli insegnanti che lo biasimano per la leggerezza con cui propaga certe sciocchezze in spregio alle difficoltà di chi deve occuparsi seriamente dell’educazione dei più giovani. Fontcuberta ha sempre accolto ogni critica come l’occasione per puntualizzare il suo obiettivo: « Il mio lavoro è pedagogico. Solo la pedagogia del dubbio può proteggerci dalla malattia della manipolazione. Siamo riluttanti a spendere le energie necessarie per essere scettici » . Nel 2002 è la religione ad essere presa di mira. Nella serie Miracles and Co posa come un monaco in grado di compiere miracoli e praticare la levitazione. A dispetto dei detrattori che gli rimproverano una carriera intera costruita sulla fandonia, le sue rappresentazioni trovano accoglienza presso le istituzioni più rispettate. Nel 2014 è il London’s Science Museum a ospitare una retrospettiva. Dice di essere un pessimo fotografo (è privo di due dita in seguito allo scoppio di una bomba artigianale). Eppure è stato premiato con l’Hasselblad Award, vinto prima di lui da professionisti della levatura di Ansel Adams e Henri Cartier-Bresson. Che probabilmente, fossero stati avvisati che lo stesso premio era stato assegnato a Fontcuberta, avrebbero pensato: una bufala.