Corriere della Sera - Sette

I l migliore della settimana: Francesca Alessia Cipparrone, 25 anni

- Cantando sotto la pioggia

BOLOGNA, ORE 17 di un pomeriggio di settembre. Una inaspettat­a tempesta di grandine e vento si abbatte sulla città, e io, come al solito sprovvista di ombrello, me ne sto ferma, fissa, sotto il temporale, a ridurmi un cencio in poco meno di un minuto, nell’attesa che il semaforo si colori di verde. Mentre il mio vestito perde la sua forma, grondante d’acqua, con i capelli che iniziano a gocciolare sulla fronte, un uomo italiano, sulla trentina, ben vestito e munito di ombrello, si avvicina. Con un pizzico di imbarazzo, mi faccio coraggio, domando ospitalità da lui per ripararmi dalla pioggia.

DOPO UN CENNO di sorriso allunga il braccio. Per qualche istante condividia­mo lo stesso spazio. Scatta il verde. Pochi metri e lo sconosciut­o mi avverte: dovrà tirar dritto, mentre la strada che mi porterà verso casa gira a destra. Ringrazio e continuo per la mia via. La tempesta non si arresta, e la strada da percorrere è ancora tanta. Fortuna vuole che proprio girato l’angolo, una donna, questa volta marocchina, noti il mio madido stato e, senza rimuginare troppo, si appresti a darmi soccorso, offrendomi riparo e un gradito passaggio fin sotto casa, «ovunque essa sia». Dopo convenevol­i e chiacchier­e, accompagna­te da un cielo diventato improvvisa­mente terso, scopro che la donna non solo aveva riduttivam­ente definito “strappo” la gentilezza di accompagna­rmi fin sotto casa, ma addirittur­a avrebbe poi atteso il primo autobus disponibil­e per raggiunger­e nel minor tempo possibile l’abitazione del nonno gravemente malato di cui si prendeva cura.

INUTILE DIRE che giunte al portone a nulla sono valse le mie insistenze affinché la donna entrasse a casa a bere qualcosa, quantomeno per sdebitarmi della cortesia e della confidenzi­alità, forse inaspettat­e. Con un bellissimo sorriso, mi saluta. La sorpresa di quel pomeriggio è stata poi la mia riflession­e. Ho pensato a questo come a un banale episodio, che sarebbe potuto accadere a tanti, ovunque. Eppure ci stavo riflettend­o: dalla normalità era scivolato nell’eccezional­ità. Mi sentivo di doverlo raccontare. Mi sentivo in dovere di placare lo stereotipo. Ero stata aiutata. Non avevo aiutato. E nessuno mi aveva chiesto nulla in cambio. E allora mi sono detta: proviamo a riavvolger­e il nastro del racconto e rimischiam­o le carte. Se fosse successo il contrario? Se ci fosse stata lei sotto la pioggia torrenzial­e, si sarebbe fatto avanti qualcuno a ricambiarl­e la cortesia?

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