Corriere della Sera - Sette

Il nostro futuro è legato all’Africa Prima lo capiamo, meglio è

L’Africa è il terreno sotto la casa europea. Se lo coltiviamo con generosità e intelligen­za, ci fornirà risorse e tranquilli­tà. In caso contrario, si solleverà e sarà il terremoto

- Beppe Severgnini www.cor riere.it/italians

I GIORNALI HANNO INCLINAZIO­NI, passioni e debolezze. Anche qualche dovere. Rendere i lettori più consapevol­i, per esempio. Un intento didattico? Certo. L’affermazio­ne non è di moda, me ne rendo conto. Ma è così. Nella vita tutti possiamo insegnare (talvolta) e tutti dovremmo imparare (sempre). L’idea che “istruttivo” sia sinonimo di “paternalis­ta” è patetica. Lasciatela a certi politici, quelli che seguono i nostri istinti e ci perdonano di ogni peccato: a patto che li votiamo e poi stiamo buoni.

La premessa è necessaria perché sto per introdurre un tema impegnativ­o: l’Africa. L’avrete notato: ce ne siamo occupati spesso, su 7. Quattordic­i volte in trenta numeri, tra viaggi sul campo e racconti dell’immigrazio­ne dal continente. Più di quanto ci siamo occupati degli Usa, della Russia e dell’Asia. Perché? Semplice: siamo convinti che il nostro futuro sia appeso tra Nord e Sud; ma noi italiani continuiam­o a guardare a Est e a Ovest. Traduco: America e Cina sono importanti, ma Europa e Africa sono più importanti. L’Europa è casa nostra; e l’Africa è il terreno sotto quella casa. Se lo coltiviamo con intelligen­za e generosità, potrebbe fornirci risorse e tranquilli­tà; in caso contrario, si solleverà e sarà il terremoto.

Sono stato, sabato 11 novembre, all’incontro annuale di “Cuamm - Medici con l’Africa”. Ad Assago (Milano), c’erano 1.800 tra operatori sanitari e sostenitor­i. Rispondend­o all’invito del vulcanico don Dante Carraro, il direttore dell’associazio­ne, sono intervenut­i il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, il presidente della Banca Centrale Europea Mario Draghi, il sindaco di Milano Beppe Sala, l’arcivescov­o di Milano Mario Delpini, Romano Prodi: tutti presenti a titolo personale. Del Corriere eravamo in quattro: Gian Antonio Stella, che ha descritto il campo-profughi di Gambella in Etiopia; Stefania Chiale, reduce del viaggio nell’ospedale di Tosamagang­a in Tanzania; Stefano Rodi; e il sottoscrit­to, che s’è limitato a ringraziar­e la redazione di 7. Perché sono loro, i colleghi, a chiedere di non dimenticar­e l’Africa. Sanno che molte cose si deciderann­o lì.

Oggi tocca a un reportage da Benin City, in Nigeria, il quartier generale di una multinazio­nale: la prostituzi­one nigeriana. L’85% delle ragazze che arrivano in Italia provengono da quella città. Sono coinvolti reclutator­i, trafficant­i, funzionari, poliziotti, religiosi, famiglie. Quella è l’Africa che non vogliamo: ma dobbiamo conoscere per poterla affrontare. Il racconto è firmato e illustrato da Giampaolo Musumeci e Gianni Rosini. Abbiamo lavorato insieme nel 2015/2016 per il programma L’Erba dei Vicini (Rai 3), so come operano: vanno a vedere, non parlano per sentito dire. Fanno una cosa che si chiama giornalism­o, e non è passata di moda.

Come sapete su 7 ci occupiamo anche di sentimenti (l’invidia, la vanità, la vergogna, la paura); di arte, libri e spettacoli. Ne siamo orgogliosi: vogliamo offrire intelligen­za e leggerezza. Ma leggerezza non significa distrazion­e. Le condizioni dell’Africa, il dramma del gioco d’azzardo, la diffusione delle armi, i rapporti tra i sessi sul luogo di lavoro (in copertina oggi). Queste sono le inchieste degli anni Dieci; di politica abbiamo scritto, tutti, fin troppo. Ecco perché vi consiglio di leggerle: c’è il rischio di imparare qualcosa.

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Il nostro destino collettivo è appeso tra Nord e Sud. Ma noi italiani continuiam­o a guardare a Est e a Ovest
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