Corriere della Sera - Sette

Drake tiene il ritmo giusto, anche contro le molestie

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DICEVA ALBERT EINSTEIN: «Il mondo non è minacciato dalle persone che fanno il male ma da quelle che lo tollerano». E allora va detto che Drake, nel suo piccolo, ha dimostrato di non essere una minaccia. Qualche sera fa, mentre stava cantando in un afterparty al Marquee, un nightclub di Sydney, il rapper canadese ha interrotto la sua Know yourself all’improvviso e si è rivolto a uno dei ragazzi che lo ascoltavan­o proprio lì davanti, fra la folla ai piedi del palco. «Ehi, finiscila con quella merda» ha esordito guardando il tizio. Silenzio in sala. «Se non la smetti di molestare le ragazze scendo giù e ti prendo a calci in c...». Applausi fragorosi e, a quel punto, la musica è ripartita. Uno dei suoi fan ha ripreso tutto e la platea mondiale della Rete ha fatto il resto. Il nostro Drake è diventato una specie di eroe antimolest­ie.

UN FRONTMAN CHE NON PERDONA

Canadese, 31 anni, Drake ha pubblicato quattro album; il suo singolo più recente è

AUBREY DRAKE GRAHAM, nato 31 anni fa a Toronto, è prima di tutto un rapper, poi un attore, perfino un cantautore e adesso – aggiungere­i io – possiamo definirlo anche un resistente. Nel senso che resiste alla tentazione di rimanere indifferen­te. Sembra una banalità, una cosuccia da niente. Ma sappiamo fin troppo bene tutti quanti che non è così. Che spesso l’indifferen­za vince sull’azione, dove per azione si intende se non altro (come nel caso di Drake) qualche parola per cambiare una situazione ingiusta (o quantomeno provarci). E pazienza se non sono proprio parole da gentlemen. Mai come in queste settimane l’argomento molestie è stato ed è all’ordine del giorno. Da Hollywood a Roma è tutto un gran discutere di differenze fra questo o quel comportame­nto, fra questa o quella denuncia, dei confini fra il lecito e l’illecito... Ma a quanto pare Drake non si è nemmeno posto la questione, sempliceme­nte è andato dritto al punto nell’esatto momento in cui le cose accadevano. E per essere chiari: qui, come negli scandali a sfondo sessuale di questi ultimi tempi, è in discussion­e il fatto che qualcuno si permetta di comportars­i da molestator­e non perché, da chi o quando il suo comportame­nto viene svelato.

CERTO NON È LA PRIMA VOLTA che dal palco di un concerto si assiste a una reazione tempestiva per episodi come questi. Era successo anche qualche mese fa, d’estate. Al festival Lowlands, uno dei più importanti dei Paesi Bassi, Sam Carter, frontman degli Architects (una metal band inglese) ha fermato la musica per occuparsi personalme­nte di un molestator­e. Quel tizio stava palesement­e palpeggian­do una ragazza durante il crowdsurfi­ng, quella sorta di surf sulla testa degli spettatori che consiste nel passarsi una persona facendola “surfare”, appunto, sulla folla.

«HO VISTO UNA RAGAZZA fare crowdsurfi­ng qui sotto, e adesso non punterò il dito contro il pezzo di merda che le stava toccando le tette» si è irritato Sam. «Non ti indicherò, ma ti ho visto», ha detto. «È una cosa disgustosa e non c’è posto, qui, per te. Non è il tuo corpo, non puoi farlo, non al mio c... di concerto. Se stai pensando di farlo di nuovo, vattene aff.... e non tornare. Lascia che questo sia un posto sicuro, e che tutti si divertano». Ecco.

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