Corriere della Sera - Sette

Il terzo Gomorra vale una finale di Champions League

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NELLA MIA HALL OF FAME televisiva ha un posto defilato ma importante la persona di genio, rimasta anonima – tv e cinema sono lavori d’équipe: giusto così – che ha deciso di usare Heaven degli Psychedeli­c Furs, canzone-feticcio di tantissimi ragazzi degli Anni 80, per accompagna­re la sequenza dell’arresto della banda in Romanzo Criminale. Romanzo Criminale resta, per me, più bello di Gomorra, parlo delle versioni televisive mentre, al cinema, il film di Placido è ottimo ma quello di Garrone, apocalitti­co, è nettamente superiore. Innegabile comunque il successo monstre di Gomorra 3 su Sky Atlantic. Superiore a tutte le serie di acquisizio­ne Sky compresa l’ultima stagione de Il Trono di Spade, permanenza davanti al video dell’80%, 1 milione 13mila spettatori medi (erano “solo” 572mila per Il Trono di Spade). Dato più alto di sempre per un debutto, su Sky, d’una serie tv, risultato a livello di una finale di Champions League. Divertente che questo debutto straordina­rio sia avvenuto di venerdì 17, con tanti saluti alla scaramanzi­a: interessan­te che Gomorra 3 sia una serie che appartiene di fatto alle donne: Scianel (Cristina Donadio), Patrizia (Cristiana Dell’Anna), Azzurra (Ivana Lotito). Non è una novità che il crimine organizzat­o sia una miniera d’oro per il mondo dello spettacolo – dallo Scarface del 1932 di Howard Hawks con Paul

IL DIVO DELLA MALA

Salvatore Esposito, nei panni di Genny Savastano, in una scena della nuova serie di Sky diretta da Claudio Cupellini e Francesca Comencini Muni al Padrino di Coppola del 1972 con Marlon Brando fino alle serie tv come Breaking Bad. Ma la cosa davvero nuova è la formula: prima di essere trasmessa da Sky, Gomorra 3 ha avuto un’anteprima al cinema. Due episodi della serie tv sono stati distribuit­i in 325 sale, incassando 261.841 euro in una sera. Ancora una dimostrazi­one dell’amore intenso degli italiani per questa storia di malavita un po’ elisabetti­ana nello stile e molto abile a mescolare fiction e (triste) realtà giudiziari­a.

TROVO CONSOLANTE il successo di Gomorra in generale perché se le formule americane sono spesso di una genericità e di una furberia smaccata – Walking Dead che riesuma, letteralme­nte, ancora una volta gli zombie, Il Trono di Spade che vince con la fantasy belluina fatta più che altro di stupri e massacri – la serie italiana mantiene un’identità lodevolmen­te locale. Hollywood insegna che più è generica più la formula può funzionare: Il Trono di Spade per l’appunto vince nel contesto del senza contesto – un mondo irreale inventato da uno scrittore di genere e automatica­mente comprensib­ile a tutto il pubblico mondiale perché di quel mondo non c’è nulla da sapere, basta gustarne – se si ha lo stomaco – la brutalità. Mad Men, che invece era fatto al 100 per cento di contesto – gli Anni 60 che evolvono da conservato­ri a rivoluzion­ari, l’America che cambia, il consumismo che diventa sempre più forte e al tempo stesso sottile – ebbe un successo di critica notevole ma quello di pubblico fu sempre assai meno rilevante, nei numeri. Gomorra invece vince anche se per capirlo bisogna sapere qualcosa dell’Italia, del Sud, della cronaca di questi anni, e magari anche chi è Roberto Saviano. Il suo successo è una buona notizia.

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