Corriere della Sera - Sette

Masha e la geopolitic­a dei cartoni animati

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È STRANO RITROVARSI a pensare a questioni di geopolitic­a entrando in una classe d’asilo nella quale stanno giocando diciotto bambini: ma se la maggior parte di loro sono ossessiona­ti – come si può esserlo soltanto a due anni, cioè disposti a vedere senza soluzione di continuità lo stesso episodio di sette minuti – dallo stesso cartone animato, e quel cartone animato non è made in Hollywood ma è russo, viene spontaneo farsi qualche domanda. Masha e Orso (sul digitale terrestre di Rai Yo-Yo, e DeA Junior per gli abbonati Sky) è un successo enorme in Europa per bimbi di età prescolare – negli asili la grande rivalità, molto peggio di quella Beatles e Rolling Stones, è tra Masha e Peppa (Pig) – e la dimostrazi­one straordina­ria dell’efficacia del soft power della cultura popolare. Soft power, potere morbido, è la definizion­e di un politologo di Harvard, Joseph Nye: convincere e non dominare, attraverso la cultura per esempio.

PERCHÉ LA RUSSIA agli adulti che non hanno figli (o nipoti) in età prescolare, pensano probabilme­nte a Putin, alle difficoltà di Trump, ai mondiali ai quali l’Italia non andrà (grazie Mister Ventura), al Nobel per la Letteratur­a assegnato due anni fa a Svetlana Alexievich, che ha raccontato i drammi dell’era post-sovietica, al doping di Stato. Eppure basta un cartone animato obiettivam­ente adorabile – nel quale una bimba dolcissima e terribile fa spesso i

DALLA RUSSIA CON AMORE

Masha è una bimba dolce e dispettosa, Orso il suo amico, quasi paterno. Le loro avventure, ispirate a una fiaba tradiziona­le russa, sono apparse in tv per la prima volta nel 2009 dispetti al suo migliore amico, un orso bipede che vive in una capanna nel bosco – per portare ai nostri figli la Russia: le estati illuminate dalla luce del Nord, gli inverni ghiacciati con l’orso in letargo, Orso che beve il tè dal samovar e tiene i ritratti di Puškin e Cecov sulla parete di casa. Bambini che non sanno ancora leggere le scritte in cirillico alla stazione o sulla casella della posta di Orso, bambine milanesi che mettono in testa un fazzoletto e lo legano sotto il mento come fa Masha (è una tradizione russa, la babushka). È, da una parte, positivo che i nostri figli abbiano influenze diverse, quando si parla di intratteni­mento visto l’appiattime­nto narrativo della maggior parte dei prodotti hollywoodi­ani degli ultimi anni, per ogni età. E Masha e Orso è consolante nel suo tradiziona­lismo: le marachelle degli animaletti del bosco, Orso che s’innamora dell’Orsa della caverna accanto, Babbo Natale, eccetera.

L’ITALIA FA FATICA a creare cartoni animati memorabili in questo momento – tra le poche felici eccezioni c’è Topo Tip, sempre su Rai YoYo – e così possono emergere sorprese come Masha e Orso: divertente come il merchandis­ing sia enorme, ma il numero di episodi, sia relativame­nte piccolo. Intenerisc­e pensare che i russi siano stati sorpresi per primi dal successo del loro tenero plantigrad­o con le sopraccigl­ia alla Breznev e che, spiazzati, non riescano a soddisfare la domanda di nuovi episodi. Se fosse una serie americana, uscirebber­o episodi uno dopo l’altro: Masha e Orso invece, come sappiamo noi genitori, si basa su un numero relativame­nte molto piccolo di episodi, sempre gli stessi. Ai bimbi non interessa, a quell’età la ripetizion­e è benvenuta. Basta ascoltare la prime note della sigletta perché scatti il loro grido di battaglia: «Masha e Orsooooo!» e noi genitori ci prepariamo all’ennesima replica. Ogni tanto bariamo e facciamo guardare loro, via YouTube, un episodio in inglese o in russo, tanto per cambiare. Un giorno, da grandi, ci perdoneran­no.

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