Corriere della Sera - Sette

Renato: «Io, Cochi, una Rolls e un vaffa...»

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CHE A UNO COME LUI LE AUTO piacessero molto, Renato Pozzetto l’ha capito da piccolo, a una fermata del tram in piazza Missori, a Milano, a metà Anni 50, quando ancora ce n’erano poche in giro. Finiva la scuola, e aspettava lì il “3” tutti i giorni per tornare a casa, in piazza Abbiategra­sso, al capolinea , “là dove c’era l’erba” per dirla con Celentano. «D’inverno, soprattutt­o nelle giornate di pioggia e neve, invidiavo i pochi fortunati che mi passavano davanti dentro le loro auto, al caldo, e dietro ai vetri puliti dal tergicrist­allo». Qualche anno dopo quando con la sua 500 ripassava in quella stessa piazza, «provava pietà per quelli alla fermata del tram». La sua passione per le macchine è cresciuta in modo direttamen­te proporzion­ale alla sua ascesa nel firmamento della comicità, e di conseguenz­a del suo portafogli­o. Ha avuto diverse Ferrari e anche una Rolls-Royce, comprata a rate da Gian Marco Moratti. Proprio con questa una volta, alle prime luci dell’alba, a Forte dei Marmi, tornava da una nottata brava con Cochi (che non ha mai amato guidare) seduto di fianco. Dall’altra parte arrivava un falegname, in bicicletta. «Quando l’abbiamo avuto di fianco, ci ha guardato e ci ha urlato: “Ma andate a cagare”». L’artigiano andava a lavorare e la sua critica ha avuto effetto immediato: «Io e Cochi ci siamo sentiti due merde». Altra storia, di uno a cui nelle vene scorre senso dello humor: 1986, partenza della Parigi-Dakar: «A me e al mio compagno di auto, che si chiamava Roberto e avevo conosciuto poco prima, scappava la pipì. Eravamo in fila, già pronti per la partenza. Ma mancavano ancora 15 minuti. Ci siamo spostati con l’auto dietro a una duna, per andare a farla, e ci siamo insabbiati. Sono dovuti venire con un camion per tirarci fuori e riportarci al via». Una partenza poco promettent­e.

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