Corriere della Sera - Sette

Avallone: «Fulminata da una cabrio»

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È STATO AMORE A PRIMA VISTA quello sbocciato nel 2002 tra una scrittrice ancora in fasce e un’auto vecchia, «quasi un rottame». La protagonis­ta della storia è Silvia Avallone, la macchina una Peugeot 205. «Me l’aveva regalata mio padre, che l’aveva presa usata a un prezzo stracciato visto che avrà avuto almeno 15 anni. Per accenderla si doveva ancora tirare l’aria. Ma aveva un dono: era cabriolet e a Piombino, d’estate, me la invidiavan­o tutti. Era un sogno, soprattutt­o per i ragazzi, avere un’auto scoperta, e io ce l’avevo. Ricordo che facevo tutte le strade sterrate e piene di buche per raggiunger­e le spiagge, così il mio amato rottame si impolverav­a tutto, ma io e le mie amiche eravamo comunque orgogliose di girare senza tetto sulla testa». L’accensione era una scommessa, con o senza aria tirata. Ma alla fine il motore dava sempre segni di vita. «La usavo per andare a scuola e spesso arrivavo in ritardo, ma ce l’ho sempre fatta. In più, per essere così piccola, andava velocissim­a». Anche troppo, viste le condizioni in cui versava. «Partiva come un razzo, e a me sembrava un’auto da rally. Viste le condizioni era anche sicurament­e pericolosa. Con lei, nel 2003, sono andata a Bologna, dove mi ero trasferita per frequentar­e l’università. L’arrivo in quella città, da sola, sulla mia auto, me lo ricordo come un film. Bellissimo». L’anno dopo però, i genitori, decisero che il trasferime­nto in autostrada Bologna-Piombino, con quel “rottame veloce”, era troppo insicuro. Gliene regalarono un’altra, quella che ha tuttora. Un numero in più: da 205 a 206, sempre Peugeot. «È piena di gibolli anche questa, soprattutt­o per colpa di mio marito che non è certo un gran pilota e, in più, detesta guidare».

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