BLACK ROCK
Arisa canta la pace insieme a carcerati e migranti
C’ERA IL CORO dei detenuti di San Vittore, reparto “La Nave”, unico del genere in Italia per la cura e i trattamenti dei tossicodipendenti. C’era l’Orchestra dei Popoli, ragazzi di gran talento notati mentre suonavano per strada e che però in questa occasione cantavano. E c’era il Coro dei Migranti, voci di gente arrivata sulle carrette del mare da chissà dove e “scritturata” nei centri d’accoglienza dalla Fondazione Casa dello Spirito e delle Arti di Arnoldo Mosca Mondadori. La sera dell’11 dicembre è stata speciale per tutti loro (una sessantina), impettiti ed emozionati com’erano sul palco dell’Auditorium di Milano Fondazione Cariplo. Ma ancora di più è stata speciale per Arisa che assieme a loro ha cantato la sua Pace, Hallelujah di Leonard Cohen e Redemption Song di Bob Marley. Musica ed emozioni in una sala che aveva per buona parte i parenti dei detenuti a fare da pubblico. Una bambina, figlia di uno di loro, è riuscita a salire sul palco per correre a dare un bacio a suo padre, occasione unica che probabilmente ricorderà per sempre come una magia. Lei, così piccolina, in mezzo alla scena ad abbracciare il suo babbo fra il coro: cos’altro può essere se non una magia?
È STATA UNA SERATA per raccogliere fondi che serviranno a ricostruire due orfanotrofi buttati giù dal terremoto dello scorso settembre nelle sedi Nph del Messico (Nph sta per l’associazione Nuestros Pequeños Hermanos). Arisa, con quella voce potente più delle scosse, ha buttato giù le distanze fra migranti e non, fra pubblico e coro, fra i bambini e i loro padri, fra gli ultimi delle nostre città e una come lei, generosa prima ancora che artista affermata e famosa. Non ci ha pensato nemmeno un minuto quando le hanno proposto di cantare con carcerati e migranti. La risposta è stata sì, certo che sì. Niente prove (se non una a San Vittore pochi giorni prima dello spettacolo), incognita assoluta sul numero di persone che avrebbero cantato (tutto dipende sempre dal fatto che il giudice conceda il permesso oppure no) e nessuna idea delle capacità canore dei suoi “complici” (a nessuno viene chiesto di essere intonato, solo di voler cantare). Un bel chissenefrega e passa la paura, Arisa non è tipo che si fa fermare da piccolezze del genere. Risultato: strepitoso. Una serata da incorniciare.
NPH, ASSOCIAZIONE INTERNAZIONALE che lavora in America Centrale, ha come riferimento italiano la Fondazione Francesca Rava ed è proprio attraverso la Fondazione che Arisa è già stata protagonista di altre iniziative a favore di bambini che vivono in condizioni disagiate. Stavolta era per i bimbi del Messico, per i migranti del Coro e l’Orchestra dei Popoli, per i detenuti de “La Nave” (che fa capo all’Azienda sociosanitaria territoriale Santi Paolo e Carlo ed è diretta da Graziella Bertelli), per il direttore «di tutta questa baracca», come dice lui, che si chiama Paolo Foschini ed è un nostro collega del Corriere Della Sera. Ma era un po’ anche per se stessa. Perché fare del bene fa stare bene.