Corriere della Sera - Sette

OUTSIDE THE BOX

Per aiutarvi a scegliere il meglio, o il meno peggio, abbiamo deciso di concentrar­ci sulle forze principali e sui loro leader. Sei “interviste a inseguimen­to”, affidate al nostro Vittorio Zincone

- Di Beppe Severgnini

L’astensione non è un mezzo di protesta, è una forma di irresponsa­bilità

PERCHÉ UNA (DOPPIA) COPERTINA politica? Oh bella, perché stanno arrivando le elezioni e ignorarle è impossibil­e, oltre che sbagliato. Bisogna votare. L’astensione non è un mezzo di protesta: è una forma di irresponsa­bilità. Se il 4 marzo il nonvoto battesse tutti i record – potrebbe accadere, considerat­o l’umore che gira – se ne parlerebbe molto. Per una settimana. Poi si tornerebbe a ragionare su chi ha più voti, più parlamenta­ri, più possibilit­à di formare un governo. In America, 90 milioni di elettori hanno rinunciato a votare, 60 milioni hanno scelto Donald Trump. Secondo voi, chi ha fatto la differenza?

CERTO, BISOGNA PRENDERE quello che offre il convento della politica. Per aiutarvi a scegliere il meglio, o il meno peggio, abbiamo deciso di concentrar­ci sulle sei forze maggiori. In autunno – ricordate? – avevamo raccontato gli elettori; ora tocca agli eletti. Anzi, ai leader. Quelli che, in teoria, hanno l’ultima parola sui programmi e la formazione delle liste. Partiamo oggi con Luigi Di Maio, del Movimento 5 Stelle, in testa nei sondaggi. Seguiranno Matteo Renzi (Pd), Matteo Salvini (Lega), Silvio Berlusconi (Forza Italia), Pietro Grasso (Liberi e Uguali), Giorgia Meloni (Fratelli d’Italia), non necessaria­mente in quest’ordine.

CI SCUSIAMO con gli altri, ma siamo costretti a concentrar­e il racconto, da oggi al 1° marzo. E dobbiamo trovare il modo, come sempre, di essere complement­ari al quotidiano. Non possiamo, né vogliamo competere con la copertura tempestiva del Corriere della Sera (anche perché la chiusura anticipata di un settimanal­e rischia di esporci a brutte figure). Cosa abbiamo deciso, quindi? Di prendere le nostre “interviste in movimento” e farle diventare, per sei settimane, “interviste a inseguimen­to”: trascorrer­emo una giornata con ogni leader di partito. Se ci accoglie, meglio; altrimenti, bene lo stesso. Il nostro Vittorio Zincone s’è eroicament­e prestato all’impresa, spalleggia­to da Massimo Sestini 3F (funambolic­o fotografo fiorentino).

PERCHÉ INSEGUIRE i leader politici è utile, in campagna elettorale? Perché si capisce quello che fanno (e quello che non fanno). Si ascoltano le promesse, si valutano le spiegazion­i, si osservano le persone che si muovono con loro e per loro. Si vedono la stanchezza, l’impazienza, l’entusiasmo. È il succo del giornalism­o: osservare le cose e raccontarl­e. Leggete Primary Colors di Joe Klein: parla proprio di una campagna elettorale. O il racconto di David Foster Wallace, uscito nel 2000 su Rolling Stone: sette giorni trascorsi con John McCain. Sto mettendo nei guai Zincone, con questi esempi? Macché. Bisogna sempre puntare in alto!

PER FINIRE. Sui contendent­i del 4 marzo ho le mie opinioni, certo; e alcuni di voi le conoscono, tramite il Corriere e Otto e mezzo (La7). Ma un commentato­re, soprattutt­o se dirige una testata, sa quand’è il momento di lasciare spazio al racconto. E credetemi: sarà un racconto leale. L’obiettivit­à non esiste: ognuno di noi è figlio della sua educazione, del suo carattere, delle sue esperienze. Ma esiste l’onestà intellettu­ale e vuol dire: non avere amici e nemici a scatola chiusa. Noi ascolterem­o i leader politici, e cercheremo di capire dove vogliono portare l’Italia. Anche con chi intendono allearsi, poiché un vincitore unico è improbabil­e. Temo che nessuno ce lo dirà con chiarezza. E ciò fa arrabbiare. Ma neppure questo è un buon motivo per non votare.

In America 90 milioni non hanno votato, 60 milioni hanno scelto Trump. Secondo voi, chi ha fatto la differenza?

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