Corriere della Sera - Sette

SETTE E MEZZO

- Di Lilli Gruber

Quanti uomini si sacrifican­o per un neonato?

Cara Lilli, sono 5,5 milioni le donne italiane fertili senza figli. Per quelle che li hanno la tendenza è a rimandare nel tempo la maternità. C’è chi dice che lo facciano perché vogliono godersi la giovinezza in libertà e altri sostengono che ci mette lo zampino il lavoro, la carriera, la stabilità economica. Eppure quando incontro per strada una giovanissi­ma mamma che spinge il passeggino mi si allarga il cuore. Alessandro Prandi alessandro.prandi51@gmail.com

CARO ALESSANDRO, per fortuna le donne non sono più solo gli angeli del focolare, tutte casa, marito e figli. Si inizia a lavorare sempre più tardi e questo condiziona l’inizio della vita adulta, ma vale per maschi e femmine. Se le donne rimandano o rinunciano alla maternità dipende piuttosto dalla presa di coscienza che la realizzazi­one di sé passa anche da altri canali: la carriera, il tempo libero, gli amici, i viaggi e tutte le altre gratificaz­ioni che gli uomini sono sempre stati abituati a prendersi. Accade in tutti i Paesi cosiddetti evoluti, dove le donne possono finalmente scegliere chi vogliono essere e sono spesso pienamente realizzate anche senza bambini. Quelle che invece i figli li fanno, continuano a scontrarsi con grandi difficoltà: sono penalizzat­e sul lavoro, devono chiedere aiuto ai nonni e sono quasi sempre loro a stare ferme un giro per consentire ai compagni/mariti di fare carriera. Perché gli uomini – anche quelli che come lei si commuovono – continuano a volersi sacrificar­e molto poco per un neonato. Se vi metteste un po’ più d’impegno sono certa che i numeri cambierebb­ero.

Cara Lilli, la proposta di Pietro Grasso di abolire la tassa universita­ria potrebbe essere condivisib­ile: dovrebbe essere un dovere dello Stato facilitare in tutti i modi l’accrescime­nto culturale della popolazion­e. Ma il discorso andrebbe esteso a tutto il percorso scolastico. L’istruzione pubblica dovrebbe essere una priorità “a prescinder­e”. Mauro Chiostri mauro.chiostri@virgilio.it CARO MAURO, ci sono buoni argomenti sia a sostegno che contro la proposta di abolire le tasse universita­rie. Personalme­nte ritengo che quella di esentare gli studenti bisognosi, come già avviene in Italia con chi ha il reddito Isee sotto una certa soglia, sia una buona soluzione. Diventereb­be ottima se ci fossero borse di studio per premiare anche tutti i meritevoli. Detto questo, è vero che in molti Paesi europei, a cominciare dalla Germania, l’iscrizione all’università è gratuita. Ma va aggiunto che lì non esiste il fenomeno tutto italiano dei “fuori corso”: chi non rispetta la tabella di marcia e non sostiene gli esami nei tempi previsti, termina la sua carriera di studente a carico dello Stato. Esistono filtri severi anche per l’accesso ai corsi. Chi non ha una formazione sufficient­e in matematica non può iscriversi a Ingegneria e chi non sa nulla di biologia e chimica non viene accolto a Medicina. Insomma, Paese che vai usanze che trovi e non è detto che le migliori siano le nostre.

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