Manuale di conversazione
Cosa rispondere a chi non vuole leggere Céline?
Che il dibattito su Céline è caduto in prescrizione
MONOLOGO DEL lettore Paolo Di Betta: «Si dice che Longanesi rifiutasse i libri così: “No, non lo pubblico. Non mi piace, e non l’ho letto.” Ero in attesa della pubblicazione dei tre pamphlet antisemiti di Céline, ma trovo corretta la decisione di Gallimard di non pubblicarli; accetterei pure se Gallimard adducesse come motivo quello di Longanesi! Dei pamphlet possiamo fare a meno. Io ce li ho, sia nelle edizioni originali sia in italiano (più di venti anni fa pagai 90mila lire per le Bagatelle di Guanda). Ma non li ho mai letti. Ho letto quasi tutto di Céline, in ordine cronologico (mi mancano Trilogia del Nord, L’Ėglise e l’epistolario impossibile da finire), ma ho saltato i tre pamphlet. Forse un giorno li leggerò, forse in francese, per sommergere, nella mia mente, la loro sozzura in una lingua straniera. Per tenermi lontano da essi è sufficiente la dedica di Les Beaux Draps, “Alla corda senza impiccato”. Forse non avrei nemmeno letto Viaggio
al termine della notte, se avessi saputo dell’esistenza dei tre pamphlet. E pur ritenendo il Viaggio uno dei più bei romanzi della letteratura (di sicuro il Romanzo del Novecento) e Céline uno dei più grandi romanzieri di tutti i tempi, ben venga se l’antisemitismo di Céline sia il solo motivo per rifiutarsi di leggerlo». Risposta. No, caro Di Betta, no. Il dibattito su Céline è caduto in prescrizione. Céline è stato il Novecento, nella bellezza e nell’orrore. È stato il più grande. Per distacco. Abissale.
GUIDO CARRETTA il 31 dicembre scorso: «Osservo la copertina della Lettura e mi chiedo: ma non sarà che Paolo Conte è grande anche come pittore?». Ha il tocco in più. FRANCESCA FARINA QUIZ: «Se lo ricorda il libro Dalla Corea al Quirinale? ». Certo. E mi ricordo anche il precedente, Un tocco in più. Sono i due libri intervista di Gianni Rivera e Oreste Del Buono. Ecco qualche riga della recensione che Gianni Brera, facendo finta di cadere dal pero, dedicò a Un tocco in più: «Giovannino parla al registratore. Oreste mette su carta. Giovannino rilegge e sfronda, rarissimamente aggiunge... Figuro come pubblico accusatore, non solo, ma come nemico personale. Mai saputo». Ma dài!