Corriere della Sera - Sette

Alla scoperta del metodo Aranzulla

- di Irene Soave

Forse il suo nome vi sfugge. Ma il suo sito lo conoscete: dedicato all’informatic­a, risponde a domande semplici che tutti, ogni tanto, ci siamo posti, e a lui rende 1,3 milioni l’anno. Il segreto di Salvatore Aranzulla? Niente paroloni, niente sprechi. Siamo andati a trovarlo nella sua casa-ufficio, che segue le stesse regole: guardaroba minimo, tabelle excel per la dieta, fidanzate «solo se di buonsenso». Un unico strappo alla regola: i bignè. A patto che siano perfetti

VOCE DELICATA, MODI APPRENSIVI, sorrisi rari ma dolci. Quindici anni fa ha fondato un’azienda che nel 2016 ha fatturato 1,3 milioni di euro «e nel bilancio 2017 avremo un +20%». Ha un’ossessione per l’alta pasticceri­a tale da improvvisa­re un volo a Singapore, un giorno di novembre, solo per mangiare le tortine della chef Cheryl Koh, «le migliori dell’Asia». E una vocazione a risolvere i problemi, propri e altrui, che lo farebbe somigliare al Mr. Wolf di Pulp Fiction – ricordate? «Sono Wolf, e risolvo problemi» – se non fosse per l’indole timida: «Sono bravo a parlare in pubblico», dice, «ma se potessi non uscirei mai». In Salvatore Aranzulla, classe 1990, primo di quattro fratelli di Mirabella Imbaccari (Catania), si è imbattuto più o meno chiunque, almeno una volta, abbia cercato su internet la risposta a un problema informatic­o. Il suo sito, Aranzulla.it, è il 29esimo più visitato d’Italia: raccoglie 8mila spiegazion­i a problemi semplici o complessi, da “come accendere il pc” a come scegliersi un antivirus, una compagnia telefonica, uno smartphone. È talmente cliccato (500mila utenti al giorno) che se cerco su Google “come usare Google” trovo, per prima, una pagina dal sito di Aranzulla, e non di Google stesso.

SUONO AL SUO CITOFONO, IN UN BEL PALAZZO di Milano, zona Porta Romana, alle otto di un lunedì. Passeremo una giornata insieme: voglio vedere come funziona il “metodo Aranzulla” che lo ha reso ricco, influente e forse anche felice, ed è appena diventato un libro ( Niente Panico, Mondadori Electa, 192 pagine, 19,90 €). Mi accoglie sulla porta del monolocale, profondend­osi in scuse: «La casa è piccola, ne sto

comprando una più di rappresent­anza, nello stesso palazzo di Fedez, per i clienti, però, perché io poi appena posso torno in Sicilia. Ah, c’è disordine, non si scandalizz­i...». Disordine? L’arredament­o è minimo, gli scaffali vuoti.

«STO LAVORANDO DALLE 7.30. Una volta iniziavo un’ora prima, ma oggi ho automatizz­ato gran parte del sito». Addenta una merendina senza lattosio (è intolleran­te, ma ha sempre con sé l’integrator­e che gli permette di sgarrare). Sullo schermo del Mac: software gestionale, calendario, posta (mail non lette: zero), conto dell’azienda, di cui controlla i ricavi. E un software chiamato “Gestione articoli” che sceglie da solo i contributi da scrivere. Fa cioè quel che Salvatore, quando 15 anni fa aprì quello che allora era un forum di tecnologia del portale Virgilio, faceva a intuito, basandosi dapprima sulle domande più comuni di amici e parenti e poi su quelle degli utenti: setaccia Google alla ricerca delle domande informatic­he più comuni degli italiani, ne fa il titolo di un possibile pezzo e lo assegna ai collaborat­ori, che sono 8. «Questo software l’hanno sviluppato, in più di dieci anni, i miei due programmat­ori. Ci investo decine di migliaia di euro l’anno». Le domande più frequenti degli italiani sono una lettura divertente: a Google, stando ai titoli proposti dall’algoritmo, tantissimi chiedono «come capire se mi hanno bloccato su WhatsApp», «come accedere al profilo Facebook altrui» («Ma non scriviamo guide su pratiche illecite», chiarisce Salvatore), «come vedere Netflix/Sky/ Mediaset Premium gratis», «come mandare messaggi anonimi». Altro che santi poeti e navigatori: visti dalla

scrivania di Aranzulla sembriamo un popolo di stalker, Otelli e scrocconi. Ma non, giura lui, di somari digitali: «Alcune delle domande che la gente fa sono molto semplici. Ma ho studiato i miei omologhi stranieri: sono le stesse ovunque».

DOPO DUE ORE fa una breve pausa. Prende una pallina e un pastello, per fare esercizi di mobilità oculare e messa a fuoco. Questi, e la «scomodissi­ma» poltrona ortopedica, «sono un tentativo di non arrivare ai trent’anni gobbo e semicieco per il lavoro che faccio». Aggiorna una tabella con il suo peso di oggi, le calorie che assume, l’attività intestinal­e. «Tre anni fa ho avuto una colite ulcerosa per lo stress». Non pratica sport, non fuma, beve «poco, ma molto bene». Del suo unico vizio, «che ho praticato in maniera anche molto smodata, autodistru­ttiva», troviamo indizi nei soli due libri presenti in casa, su cui poggia il Mac: due manuali di pasticceri­a.

IL CALENDARIO DIGITALE FA UN “DING”: “Pulizie, 10-12”. La colf stamattina non viene. Salvatore tiene però a mostrarmi il suo cassetto degli stracci: dieci, di dieci colori, per le diverse superfici della casa. Immagino la faccia basita della colf. «Si è abituata. Evitiamo contaminaz­ioni e sprechi di tempo». Il guardaroba di Salvatore contiene tre dolcevita: «di cachemire, mohair, baby alpaca. Senti che morbidi». Tre pantaloni eleganti, tre camicie di sartoria. Un paio di scarpe stringate eleganti con la loro forma di legno; una cravatta Hermès. Nient’altro. «Mi piace vestirmi bene. Ma non tollero di perdere tempo». I nemici della Aranzulla srl, una one-man-band il cui unico dipendente, e dirigente, è lui stesso, sono pochi: il disordine, gli sprechi, le eccezioni. «Per esempio, ho organizzat­o una serie di lezioni, gli Aranzulla Days. A Milano sono venuti in 501, pagando tra i 100 e i 250 euro secondo la vicinanza al palco. Non ho fatto un solo invito gratuito: in genere a questi eventi metà dei partecipan­ti sono giornalist­i, simpatizza­nti, amici... Da me c’è una lista sola. Così le operazioni di ingresso richiedono metà personale e metà tempo. E in un giorno raccolgo 65 mila euro». La prossima lezione è a Roma il 20 aprile. «A volte, lavorando con clienti di Roma, mi pare una città un po’ caotica».

EVENTI COME QUESTO, o spot, video, conferenze, costituisc­ono «un introito importante» per la Aranzulla srl. Solo mentre parliamo Salvatore riceve tre email con proposte di altrettant­e aziende i cui compensi, sommati, superano di molto quel che il suo coetaneo medio guadagna in un anno. «Ma in realtà l’entrata maggiore mi viene dalla pubblicità sul sito. Ho un modo di gestirla molto favorevole agli investitor­i, senza mai intervenir­e sui contenuti. Però i banner sono posizionat­i bene, a un costo giusto, e molto seguiti». Tutto ciò grazie a un altro software proprietar­io: si chiama Header.gs, costa «moltissimo» e si affianca a una serie di test continui sul codice del sito. «Facciamo duemila modifiche l’anno. L’automazion­e ci obbliga a tenere prezzi bassi, ma sostituisc­e ciò che in altre aziende editoriali fanno 50 venditori». E risparmia a Salvatore «la più grande scocciatur­a di questo lavoro: le telefonate». Ai clienti potenziali che lo contattano invia prima una serie di regole: le tariffe (2.500 euro l’ora per conferenze, poco meno per un post), nessun endorsemen­t a nessun prodotto, nessuno sconto. Con chi vuole negoziare «divento matto, e voglio mandarlo al diavolo. Poi chiamo il mio amico Matteo Di Felice, anche lui proprietar­io di un sito, o mia madre, e mi suggerisco­no risposte costruttiv­e. Solo una cosa mi fa arrabbiare di più, ed è la fame». È appunto ora di pranzo.

LE RICHIESTE PIÙ FREQUENTI DEGLI ITALIANI: “COMECAPIRE­SEMI HANNO BLOCCATO SU W HA T SA P P ”,“COME MANDARE SMS ANONIMI ”. «ALCUNE DOMANDE SONO MOLTO SEMPLICI. MAGLI ITALIANI NON SONO ANALFABETI DIGITALI: SUI SITI STRANIERI SIMILI ALMI O SONO LE STESSE»

SCENDIAMO A UN FORNO DI SUA FIDUCIA, sotto casa, dove Salvatore ordina anche per me varie focacce. «Mangio solo se mi fido di chi cucina. Ho imposto a mia madre un metodo quasi da ristorante stellato. Abbiamo litigato, ma ora mi viene incontro». Si dilunga: l’alveolatur­a del pane, la carne che è perfetta «solo cotta sottovuoto e poi sulla griglia. Se il cibo non è perfetto, non mangio». Poniamo, attacco, che una fidanzata cucini per te con molto amore, ma poca tecnica. Tace. Poi: «Guarda questa focaccia, com’è lievitata. Manca un 10% alla perfezione. Così posso mangiarla. Meno, no». Mangia molto, lentamente, cambia argomento. «A quest’ora passeggio. Raccolgo le idee. Ne ho dieci al giorno, nove non fruttano nulla, una magari vale mezzo milione». Un gruppo di ragazzi vuole un selfie con lui. In rete ha vari hater, che postano parodie spesso oscene delle sue guide. «Ma si sono stancati quasi tutti. Solo un certo Andrea mi augura ogni giorno di morire. Non rispondo mai, blocco solo chi commenta le mie pagine in modo volgare. È come toglier loro l’ossigeno».

PASSEGGIAM­O VERSO IL CENTRO. Scesi in metrò, faccio il biglietto elettronic­o sullo smartphone: la sua vocazione al tutorial emerge e mi spiega che tengo lo schermo troppo vicino ai tornelli, perciò non scattano. Una ragazza lo riconosce. Lui arrossisce: «Al ritorno prendiamo Uber». Vicino al Duomo c’è una pasticceri­a, Serge, dove vuole prendere un cannoncino. «Li riempiono al momento, hanno un congegno che tiene la scorza tiepida, a 37 gradi». Ama la pasticceri­a, ipotizzo, perché è la più matematica delle discipline culinarie? No, spiega lui: perché si dilettava in dolci scenografi­ci tale K., la sua più recente fidanzata, lasciata 8 anni fa «perché non avevo tempo per stare con lei. Studiavo alla Bocconi, aggiornavo il sito, lei viveva lontana... Nei mesi in cui la rimpiangev­o, e anche per alleviare lo stress dello studio, mi iscrissi ad Alma, la scuola di pasticceri­a di Gualtiero Marchesi. Per il primo mese ho lavato teglie. Poi imparai. Avevo attrezzato casa con un forno speciale, termometri, planetarie: cucinavo dolci perfetti tutto il giorno». Mi mostra foto di bigné e cannoli che paiono clonati. «Poi mi mangiavo tutto. Pesavo venti chili di più. Ora ho spedito in Sicilia tutto il laboratori­o, e mi è tornato il senso della misura». Non è tornata, invece, K.. «E con le donne non sempre ho fortuna. Sono un personaggi­o pubblico e ho sempre paura che qualcuna tradisca la mia fiducia, divulghi i dettagli della mia vita, mi freghi. E poi penso molto al lavoro. Però una fidanzata mi manca». Sarà incontenta­bile come nel cibo, sorrido. Arrossisce: «Ma no...Vorrei una persona di buonsenso. Che mi voglia bene».

PER STRADA, VERSO CASA, armeggia su una app: avvia la cottura a 55 gradi di una bistecca. L’ha ordinata online con tutto il cibo della settimana, né un uovo di più né uno di meno. La domenica il frigo è vuoto «ed è il mio giorno anarchico: ieri, Big Mac e patatine». Vive a 200 metri da un McDonald, «ma me li sono fatti portare a casa perché odio che la gente mi fermi. Tra due anni, ho calcolato, potrò ritirarmi: tornerò in Sicilia, vicino ai miei ( Giovanni e Maria, infermiere e casalinga, ndr) e uscirò il meno possibile». A qualcuno potrebbe sembrare avventato: chissà cosa può portare il destino, a questo vulcano di idee, in due anni. Ma Salvatore Aranzulla non è uno che lascia spazio agli imprevisti.

«GLI H ATE R CHE MI PERSEGUITA­NO IN RETE? SI SONO STANCATI QUASI TUTTI. NON RISPONDO MAI, BLOCCO SOLO I PIÙ VOLGARI. È COME TOGLIERE LORO L’ OSSIGENO»

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PASSEGGIAT­A ISPIRATRIC­E Salvatore Aranzulla in piazza Duomo, a Milano: la sua giornata di lavoro comprende lunghe camminate. «Così mi vengono le idee migliori»
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RIPOSO A OCCHI APERTI Ancora esercizi per la vista. Aranzulla passa al computer anche 14 ore al giorno
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