SOGNO DI UNA NOTTE D’INVERNO
Leggere ci consente di viaggiare nel tempo
Perché adoro i libri? Fanno parlare i morti
Mentre al cinema vediamo per lo più ciò che abbiamo attorno, la lettura ci fa dialogare con i maestri del passato. A chi mi chiede, ingenuamente, se ho letto tutti i libri della mia libreria rispondo che alcuni li ho solamente sfogliati. Saper scegliere cosa e come leggere è fondamentale. Ecco qualche trucco
Benedetto Croce, in Etica e politica, criticava gli «estremi democratici», che irridevano filosofia e letteratura e festeggiavano «inventori di macchine», «buffoni e danzatrici». Poiché la storia si ripete, tenterò di dare qualche consiglio di lettura e (perché no?) di spiegare perché si legge e come la lettura può migliorare la nostra comprensione del mondo. Perché si legge, piuttosto che parlare e vedere? Perché si parla solo con i propri contemporanei, mentre leggere consente di «camminare nel tempo» (è il titolo di un libro di un lettore appassionato, Ezio Raimondi), di colloquiare con migliaia di persone che non ci sono più. Perché si vede solo ciò che ci circonda, o ciò chi ci presenta un film, mentre la lettura apre panorami più vasti, panorami che noi stessi scegliamo. Leggendo, ascoltiamo qualcuno che, con Shakespeare, ci dice «O let my books be then the eloquence /And dumb presagers of my speaking breast» (siano quindi i miei libri eloquenza e muti messaggeri delle parole del mio cuore). Leggiamo tutti i libri che abbiamo? La domanda più ingenua che viene posta a chiunque abbia molti libri è: ma li hai letti tutti? La risposta è che pochi vengono letti e riletti, altri letti solo una volta, molti consultati, altri scorsi o assaggiati, altri ancora solo sfogliati, per sapere che cosa c’è dentro. Saper leggere vuol dire essere in grado «sia di camminare, sia di saltare attraverso le pagine di un libro», come ha scritto Keynes (Giovanni Farese ha appena curato la traduzione di un suo breve testo, On Reading Books, per la Fondazione Ugo La Malfa). Come si scelgono i libri da leggere? Se si vuol procedere
in modo sistematico, ci si può affidare (per la letteratura) a Raymond Queneau, che nel 1956 ha fatto un’inchiesta sui 100 libri che vanno letti, o a Nicola Cardini che ha elencato nel 2011 i libri della «biblioteca indispensabile». Meglio ancora, farsi guidare da Bernard Pivot, che nel 1988 ha pubblicato un volume su La Bibliothèque idéale, dove vi sono consigli dei primi 10, 25 e 49 libri per molti rami dello scibile, con una breve scheda per ognuno di essi.
MA ORIENTAMENTI, ABITUDINI, immagini, ardori, delizie, tormenti, ansie non restano identici nella persona, come ha scritto Platone, per cui si fanno scelte diverse nel corso della vita. Una volta potevano piacere scrittori di lunghi romanzi o poemi (Tolstoj o Goethe), più tardi autori di aforismi o di scritti brevi (La Rochefoucauld o Borges), in una certa epoca libri corali (l’Educazione sentimentale di Flaubert), in un’altra scritti di viaggi, per impadronirsi della «saggezza del lontano», del mondo degli altri. Sopra tutto, il consiglio di Keynes: «Se volete un romanzo serio, leggete quelli vecchi». Che cosa cercare in un libro: un compagno, un consigliere, un suggeritore, un interlocutore, tutte queste figure insieme? Molti libri vengono letti per penetrare nella vita, nell’anima di una persona. Ricordi, autobiografie, corrispondenze (quelli di Renan, di Tocqueville, di Goethe, di Guizot) consentono di ricostruire la formazione di una persona, e nello stesso tempo, lo spirito di un’epoca. Ma di un libro ci può interessare anche come è costruito (come, ad esempio, Proust scrisse la Recherche, partendo dall’inizio e dalla fine), o per i particolari che contraddistinguono i suoi personaggi (le ombre azzurre intorno agli occhi di alcuni protagonisti dei Buddenbrook di Thomas Mann o le incertezze sul nome di Peeperkorn, un protagonista de La montagna incantata dello stesso autore). Basta leggere i libri, scorrere le loro pagine? Thomas Jefferson, il terzo presidente americano, uno degli autori della dichiarazione d’indipendenza, leggeva sempre con una matita e un foglio a portata di mano, per trascrivere i passaggi più importanti e annotare i suoi pensieri. Questi, che si chiamano «loci communes», sono stati persino pubblicati a stampa. Evidentemente, poi ritornava sui suoi appunti, che gli permettevano di dialogare con l’autore del libro. Come ordinare i libri, se si sono acquistati? Emilio De Marchi, nell’Età preziosa, un libro di «consigli ai giovinetti», spiega come vanno ordinati sui palchetti i propri libri; Ezio Raimondi, ne Le voci dei libri, afferma di non aver mai voluto ordinare la sua biblioteca; Domenico Passionei, un cardinale dottissimo che nel 1700 aveva la più ricca biblioteca esistente al mondo in mani private, teneva in disordine la sua raccolta di libri perché in questo modo – ha scritto – la difendeva dai furti dei numerosi studiosi che gli chiedevano di utilizzarla. Quello della lettura è un piacere, spesso una passione, che talora confina col vizio. Ma al lettore è meglio non far sapere quanto maggiore sia il piacere della scrittura: c’è qualcuno che si chiede persino perché leggere, quando si possono scrivere libri migliori.