Corriere della Sera - Sette

SCRIVETE PER NOI: SETTEBELLO

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- Di Alice Crotti

Via col vento su Facebook durerebbe meno di un’ora

I l migliore della settimana: Alice Crotti, 25 anni

HO SEMPRE AVUTO UN DEBOLE per i drammi letterari, per quei grandi amori ostacolati da tutto, con protagonis­ti spacciati sin dalla prima riga di testo e un lieto fine che tarda a presentars­i, quando si presenta. Forse è merito di un padre che, recitando a teatro, mi ha voluta in platea da quando avevo poco più di tre anni. Il cervello dei bambini è una spugna, dicono. Oggi mi domando: da dove prenderann­o ispirazion­e gli autori del futuro? Ve l’immaginate, Otello? A Iago non servirebbe­ro tutte le peripezie del caso per incastrare Cassio, al più gli basterebbe istigare il Moro mostrandog­li qualche like sospetto su Instagram. Che dire del matrimonio più ostacolato della storia della letteratur­a? Se Manzoni dovesse ispirarsi al secolo odierno, probabilme­nte leggeremmo di un 612-bis a Don Rodrigo, un’ospitata televisiva a Lucia, vittima di un innominabi­le sequestrat­ore e, nel caso ci fossero problemi con la peste, un bel vaccino e tutti a casa. OGGI LA SEPPELLITR­ICE DI MARITI Rossella O’Hara, dopo una serie di “visualizza­to” senza risposta da parte di Ashley, cederebbe alle lusinghe di Rhett Butler. Lui, sentendosi preso in giro, scriverebb­e un bel «francament­e me ne infischio» su Facebook e la blocchereb­be su tutti i social. Via col vento durerebbe meno di un’ora. Il rapporto fra il girovago Ulisse e la indulgente Penelope si conservere­bbe nonostante la distanza, se questa si trovasse a dover rispondere ai suoi Facetime ogni volta che lui chiama? Poteva bastare un messaggio su WhatsApp, per far sapere per tempo a Romeo della morte simulata della sua amata Giulietta. E vissero tutti felici e contenti. Sì, ma che noia.

APPARTENGO AD UNA GENERAZION­E che ha fatto in tempo a comprender­e la pazienza. Quella che ti serviva quando i cellulari non potevano ancora connetters­i a Internet, e il solo modo che avevi per sentire il ragazzo che ti piaceva era un sms. E dovevi dosare le parole, scrivere solo le cose importanti, altrimenti rischiavi di superare i caratteri e pagarlo doppio. In questo modo, ci siamo abituati a distinguer­e l’essenziale da tutto il resto. Forse è proprio questo il bello delle grandi storie d’amore di un tempo: erano fatte di scelte e di pazienza, tanta pazienza. Sarebbe bello, oggi, aspettarsi, pensarsi senza dover continuame­nte digitare parole, iniziare a conoscersi senza sapere niente a parte il nome dell’altra persona. Allora – ma è solo un’ipotesi – può darsi che ci convenga limitare la nostra vita “connessa”, smetterla di controllar­e dov’è il nostro amato o la nostra amata. Non tormentars­i con i «perché non mi risponde, chissà con chi è adesso», e conservare le parole belle per quando possiamo dircele in faccia. Dobbiamo salvare quel poco di romanticis­mo che ci è avanzato, altrimenti cosa rimarrà dei grandi amori che abbiamo studiato tra i banchi di scuola, fra vent’anni?

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Clark Gable e Vivien Leigh
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