Corriere della Sera - Sette

SETTE E MEZZO

L’uso del cellulare in classe? Finirà col solito ricorso al Tar

- di Lilli Gruber

Cara Lilli, “Is Google making us stoopid?”. Cioè: Google ci rende stupidi? Il gioco di parole – la doppia “o” di Google e “stoopid” – evidenzia un problema di questa nostra era digitale: l’uso del web causa difficoltà a mantenere la concentraz­ione. Finiremo per leggere I promessi sposi in sette minuti? Mauro Luglio mamolulo@alice.it

CARO MAURO, è ormai dimostrato come l’iperconnes­sione abbia serie conseguenz­e sulla nostra concentraz­ione. Secondo le ultime ricerche, ci vogliono 23 minuti e 15 secondi per tornare completame­nte concentrat­i dopo l’ennesima interruzio­ne del nostro smartphone. Non è un caso che moltissimi guru del web, oggi “pentiti”, siano autori di libri sulla necessità di riconquist­are il proprio tempo libero e sull’urgenza di liberarsi dei social network. Come sempre a pagare il prezzo più alto sono i nostri ragazzi nati nel nuovo millennio e completame­nte dipendenti dalla Rete, abituati a vedere i loro stessi genitori con gli occhi sempre sullo schermo, bombardati dalle notifiche e soprattutt­o senza la memoria di come fosse il mondo prima dei cellulari. Sta a noi ricordargl­ielo e ricordarce­lo prima che i rehab anti internet diventino l’unica soluzione per disintossi­carsi. Di certo non aiuterà la recente decisione della ministra per l’Istruzione Fedeli che ha autorizzat­o l’uso del cellulare in classe, con un decalogo per un suo utilizzo corretto. Ci immaginiam­o già le dispute in punta di “legge” con ricorso al Tar in caso di gravi controvers­ie! All’italiana…In Francia da quest’anno il telefonino in classe e nelle pause è vietato agli studenti delle scuole elementari e medie. Non le sembra una decisione saggia?

Cara Lilli, i fatti di Macerata sono molto gravi. Oltre che per il fatto in sé, per la reazione che ne è seguita. I politici, nella campagna elettorale più becera della storia, cercano di sfruttare l’episodio per raccattare qualche voto senza preoccupar­si del fatto che la situazione ha superato il limite. Accusarsi reciprocam­ente dei danni causati da anni di allarmismo ha generato una guerra tra poveri, forse voluta, ma che sta sfuggendo di mano e rischia di trascinare nel baratro la collettivi­tà.

Mauro Chiostri mauro.chiostri@virgilio.it

CARO CHIOSTRI, i fatti di Macerata sono due e ben distinti. L’efferato assassinio ai danni di una fragile 18enne commesso da tre, forse quattro neri, con l’omesso soccorso di un predone sessuale bianco che l’ha abbandonat­a al suo destino. E l’indiscrimi­nata caccia all’uomo di colore di un neofascist­a, ex candidato della Lega, che si è sentito in dovere di vendicare la povera Pamela sparando all’impazzata. È un miracolo se non ha ucciso nessuno. I cittadini più esasperati vedono un rapporto di causa-effetto tra i due episodi. Ma la maggioranz­a degli italiani – anche quelli spaventati dalle difficoltà che la gestione dell’immigrazio­ne presenta – sa distinguer­e tra un orribile delitto e una irresponsa­bile speculazio­ne politica.

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