Corriere della Sera - Sette

OUTSIDE THE BOX

Leggere quotidiani e settimanal­i è un’abitudine che porta molti vantaggi, anche pratici. Senza dimenticar­e che una nazione informata è una nazione libera

- di Beppe Severgnini

I giornali sono cibo per i pensieri. Guai se diventiamo inappetent­i

IL BAR D’ANGOLO tra via Lanino e via Cola di Rienzo, a Milano, tiene il Corriere della Sera sul frigo dei gelati. Anche d’inverno, quando i gelati non ci sono. Ma c’è il frigo, spento, probabilme­nte per fornire un appoggio al quotidiano. È un onore. Il frigo dei gelati è l’ultima ridotta del giornalism­o quotidiano popolare. Ha avuto un ruolo importante, per molti di noi. Se mi sono innamorato di questo mestiere non è grazie a un corso della Columbia University (che peraltro non ho mai frequentat­o). È perché negli anni 70, al bar Garibaldi di Crema, il proprietar­io Ginetto teneva Il Giorno sul frigo dei gelati, io leggevo Brera e Bocca e li trovavo bravissimi.

VOI DIRETE: bella forza, c’erano tre canali televisivi, non c’era internet, e voi dovevate star lì a far la posta alle ragazze che prendevano la corriera, non potendo agganciarl­e via Facebook e WhatsApp. Vero anche questo. Ma resta un fatto: i giornali sono formativi e utili. Per tutti, non solo per un ragazzino che sogna di fare il giornalist­a. Fate una prova. Oggi, domani e dopodomani leggete con attenzione il Corriere, compreso questo numero di 7. A cena, sabato, vi accorgeret­e di poter parlare con facilità di politica ed economia, cronaca e libri, cinema e tendenze. Stupirete gli amici, sarete stupiti voi stessi. Vi renderete conto di essere informati, di sapere le cose. E sapere le cose, da che mondo è mondo, è un vantaggio.

UN QUOTIDIANO è un menù preparato da gente del mestiere. La lettura consente di conoscere i dettagli di una questione, di approfondi­rla, di leggere un commento (con cui convenire o dissentire). È una forma di studio. E lo studio paga, in tutti i sensi. Sapere le cose permette di cogliere le opportunit­à, di evitare gli errori, di lavorare meglio, di guadagnare di più (perché no?). Perfino di vincere le elezioni. Se il Partito democratic­o ha perso, in fondo, è perché non ha studiato abbastanza (i motivi dell’ansia degli elettori, ad esempio).

NON HO MAI TEMUTO INTERNET, che utilizzo profession­almente dal 1994. Conosco la potenza della television­e e sono ammirato dalla resilienza della radio: ho frequentat­o, e continuo a frequentar­e, l’una e l’altra. Ma ogni volta che trovo il tempo di leggere attentamen­te un quotidiano o un settimanal­e – in viaggio, spesso – mi accorgo e di avere imparato qualcosa e di avere nuove idee. Food for thought, si dice in inglese. Cibo per i pensieri.

LA RACCOMANDA­ZIONE non vale solo per voi lettori; vale anche per noi giornalist­i. Leggiamo i giornali meno di prima; alcuni hanno quasi smesso di farlo (le mazzette intonse in alcune redazioni lo dimostrano). Perché abbiamo poco tempo, perché abbiamo tanto da fare, perché crediamo di conoscere le cose leggendo un titolo sul telefono o passando davanti al televisore. Per i giovani colleghi il rischio è maggiore: sono infatti costretti a produrre molto, in fretta e da soli (quando dovrebbero produrre meno, con più calma e accompagna­ti).

SO DI COMBATTERE una battaglia difficile. Non occorre conoscere le cifre della diffusione dei quotidiani per capire che la nostra società sta perdendo un’abitudine. Basta salire su un treno, entrare nel metro, avere figli di vent’anni. Ma le battaglie difficili sono, spesso, le più interessan­ti. Se hanno un senso, naturalmen­te. E questa ce l’ha. Una nazione informata è, e resterà sempre, una nazione libera. Il giorno in cui saremo solo contatti pubblicita­ri, smetteremo di essere cittadini.

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Una foto d’epoca? Ancora no, ma di questo passo potrebbe diventarlo

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