PASSAPAROLA
Nei romanzi di Robecchi si viaggia, si beve e si fa l’amore molto bene
DA MOLTO TEMPO volevo dirvi che si viaggia bene in macchina nei libri di Alessandro Robecchi. A Carlo Monterossi, come al solito protagonista nel nuovo libro dello scrittore, Follia maggiore, piace andare in automobile e, all’inizio della storia, lo vediamo mettersi un paio di pantaloni comodi per guidare e intraprendere un classico tour in Italia (Milano-Napoli e ritorno) in compagnia dell’immancabile amico detective Oscar Falcone. Assieme ai due affrontiamo dolcemente le curve dell’Appennino e contiamo (un passatempo utile per ingannare le 14 ore richieste dalla gita) i camioni che esibiscono sul parabrezza o altrove immagini di Padre Pio. Intanto l’autoradio è piacevolmente sintonizzata su una stazione blues dell’Oklahoma. I nostri eroi sono partiti su mandato di un giovanotto (un manager da manuale) che ha denunciato la sparizione del padre. Lo scomparso viene facilmente ritrovato nella suite di un albergo fané di Napoli. Non è morto, tutt’altro: si sta facendo leggere Il ventre di Parigi di Zola da una bella attrice. È un loro rito. Già da questa prima scena è chiaro che Umberto Serrani, l’ultrasettantenne padre fuggiasco, è un personaggio che merita. Si scopa anche bene nei romanzi di Alessandro Robecchi, in maniera rilassata. Ce lo racconta Carlo Monterossi in persona (ritornato da Napoli): «e poi tutto era stato molto intenso e piacevole, senza il fulmine della tempesta e senza Sturm und Drang, questo va detto, eros senza nemmeno il numero di telefono di thanatos». Però il morto ci scappa lo stesso (siamo in un noir nonostante Robecchi faccia di tutto per evaderne). Ed è una morta: Giulia Zerbi, bellissima e ironica donna, raffinata traduttrice di romanzi francesi, soprannominata madame Engagée dall’uomo che l’ha amata come nessun’altra nella sua vita e poi l’ha perduta, ma ora con intento riparatorio vuole sapere